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Skannatoio Aprile 2020, Tela Nera

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shanda06
view post Posted on 6/4/2020, 06:32 by: shanda06

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SPECIFICHE SKANNATOIO APRILE 2020
CAR. MIN. 2000 MAX 35000

TELA DI RAGNO, DA PITTURA O DA INDOSSARE. Ma con un posto di rilievo nella storia.
Nera. Usare il femminile.

Bonus: YOU ARE POISON (NEL RACCONTO DOVRA’ ESSERE PRESENTE UN ANIMALE PARTICOLARMENTE VELENOSO)

IL MIO CORPO CHE CAMBIA (UNO DEI PERSONAGGI DOVRA’ PRESENTARE UNA BODY MODIFICATION DI UNA CERTA RILEVANZA: TATUAGGIO, SCARNIFICAZIONE, IMPIANTO).


LA BEVUTA DEL SABATO SERA
Di Alexandra Fischer


La sacca a rete da spesa è accanto alla porta di casa e spicca sul pavimento di piastrelle ocra picchiettato di marrone nera come liquirizia.
Il suo proprietario, invece, è nella sala dell’alloggio.
Si mette le mani fra i riccioli biondo cenere e digrigna i denti: «Dannata vite. Ti dovevi spannare proprio ora?»
L’anta di destra dell’armadietto del mobile libreria penzola da una parte; il rumore del pezzo che ha ceduto lo ha svegliato alle cinque del mattino nel bel mezzo di un sogno aggrovigliato dove c’entrava anche la sua sacca a rete rovesciata per terra, ma con qualcosa di nero arrotolato sopra: quando gli si era avvicinato, il rettile era scattato come una molla e lo aveva colpito al mento con la forza di un pugno.
Al ricordo, si massaggia il mento: lo sente indolenzito, ma fa spallucce.
Di certo avrò battuto contro lo spigolo del comodino mentre mi rigiravo. Ma guarda tu se dovevo sognare la mia sacca da spesa trasformata nella tela nera di quale bestiaccia, poi?
Va in cucina e controlla circospetto la sacca: è appesa vuota a una sedia.
Pensa alla scatola delle viti di riserva che ha lasciato in cantina.
Accidenti a me. Tutte le volte mi riprometto di portarla di sopra nel cassetto del bricolage insieme ai cacciavite, al martello e ai chiodi, invece, me ne dimentico sempre. Oh, ma stavolta sarà la volta buona.
La testa gli pulsa ancora per via della bevuta della sera prima.
Questa è l’ultima volta che mi lascio a trascinare a bere dai colleghi, sono degli squinternati e Viola a cercane l’amicizia con una bevuta del sabato sera: per cosa poi? Festeggiare un tatuaggio sul collo per celebrare la fine del suo percorso iniziatico sulla Via del Serpente, qualunque cosa voglia dire e allora? Lei e le sue manie per l’occulto e lo sciamanesimo.
Scuote la testa e si prepara un caffè.
Devo schiarirmi le idee. Stanotte ho fatto un sogno davvero brutto: lei che mostrava a Renato il tatuaggio sul collo e lo sfidava a baciarlo. Ne sarebbe stato capace, quel bavoso.
Poco dopo, mentre lo sorseggia, guarda l’ora: sono le sei del mattino.
Niente da fare. Mi è impossibile alzarmi un po’ più tardi anche se è domenica. E tutto per via del treno delle sei: il mio incubo dal lunedì al venerdì è di perderlo.
Si corregge: Era. Ora ho nella mente quel dannato rettile che salta fuori dalla mia sacca come un ragno aggressivo da una tela nera.
Finisce di bere il caffè e accende il computer; nell’attesa che il sistema si carichi e la connessione arrivi, scrive su un foglio quello che deve acquistare quando aprirà il supermercato.
Maledetta la mia distrazione. Queste sono le dimenticanze del sabato. Spero di non metterci tutta la mattina con quell’anta.
Quando la pagina si apre, comincia la sua ricerca in base ai ricordi frammentari dell’incubo.
Il risultato lo porta a un nome da brividi: mamba nero, la specie africana di serpenti dal veleno più letale del mondo, per il quale non esiste siero.
Si gratta la testa allibito; i ricordi della festa al piano di sopra gli arrivano più sfilacciati di un vecchio tappeto.
Gli spintoni e i toni accesi di Viola e Renato, fra le risate degli altri.
E una teca con qualcosa di nero immobile all’interno.
Seguita dalle parole di Viola rivolte a…Renato?
Sì, oggi ha avuto la sua razione, ma se continuerai a darmi fastidio, la prossima volta potrei dimenticarmi di dargli la prossima. Come pure di chiudere questo coperchio.
Ricorda gli squittii e il dito sulla teca, sul tavolo di legno marrone chiaro.
E un’allusione rivolta a lui pronunciata in modo biascicato da…Renato?
Quell’eterno sbadato di Manlio sarebbe capace di scambiarlo per una cintura e se lo metterebbe addosso.
Le risate degli altri avevano coperto il resto della frase, ma la sua mente comincia ad arrovellarsi ora che deve scendere in cantina.
Non va spesso a casa di Viola, ma l’ultima volta è sobbalzato davanti alle istantanee di numero del National Geographic che ritraevano un serpente nero.
Era stato quando lei gli aveva mostrato il tatuaggio sul collo e gliene aveva spiegato il significato compiaciuta dalla curiosità di lui.
Guarda, Manlio è l’animale guida degli sciamani. Su, non fare quella faccia, basta saperlo trattare: ha il solo difetto di essere imprevedibile. Ma io ci sono riuscita.
Il come se lo è dimenticato e quando si sforza di rimettere insieme il resto delle parole di Viola, gli viene una fitta alla testa.
Nella sua mente, però, cominciano ad affiorare parole sparse come pezzi di una tela da pescatore marcita nel mare e diventata nera.
Teca aperta. Imprevedibile. Mamba nero. Specie velenosissima: non esiste siero.
Si alza da tavola, lava la tazza e la caffettiera, poi mette i sandali, prende la sacca a tela e il borsello.
Certo non devo fare acquisti in cantina, ma mi sento peggio del solito, come se la memoria mi si fosse appannata ancora di più del solito. Renato ha ragione: tendo a essere distratto, ma non immagina quanto lotti contro questo difetto.
Controlla il borsello: è diviso in scomparti e anche se certi oggetti non gli servono per andare in cantina, li tiene ugualmente per non rischiare di smarrirli in casa e guarda per un paio di volte gli scomparti.
Portafogli. Portamonete. Custodia dei documenti. Cellulare.
Le chiavi di casa sono nella toppa, ma, per aprire la porta, deve faticare più del solito.
Scemo che sono. Ho chiuso anche la serratura di sopra antiscasso. Ma perché?
Frammenti di un ricordo gli provocano un senso di angoscia.
Se solo sapessi come mai mi sono dovuto blindare in questo modo.
Scende le scale, ben contento di abitare al primo piano e tira di nuovo fuori le chiavi di casa.
Ah, questa con il bollino rosso serve per aprire la porta generale e quest’altra con il quadratino blu la mia cantina. Bisogna proprio che rifaccia il segno con i pennarelli se no le confonderò a vita. Alla faccia dell’inchiostro indelebile.
La serratura scatta con un rumore di metallo arrugginito e non appena apre la porta, la luce si accende in modo automatico.
Manlio guarda la lampada in alto alla sua destra con gratitudine.
Meno male che c’è il sistema a fotocellula. Una volta faticavo a trovare l’interruttore anche con la torcia elettrica, soprattutto d’inverno. Colpa della mia paura del buio e di quei dannati topi.
Cammina lungo il corridoio di cemento.
Tutte curve a gomito, mi ci è voluto uno sforzo da pazzi a imparare dove si trova la mia cantina. A destra subito dopo il lavandino.
Quando ci arriva, si ferma: qualcosa di nero sporge dal lavandino.
Sulle prime, pensa alla gomma sgonfia di una bicicletta.
Poi gli ritornano alla mente le parole di Viola: si ferma e comincia a sudare.
Il cellulare gli suona nel borsello e lui lo prende con movimenti irrigiditi dalla paura.
Meno male che non è una telefonata: ma chi mi ha mandato un messaggio proprio ora?
Prende l’apparecchio e legge l’SMS: «Mamba scappato. Spero tu non in cantina. Viola.»
Guarda il lavabo e la forma immobile gli appare troppo nera e sinuosa per essere una ruota sgonfia.
D’altronde, perché lavarla? Io al posto del proprietario mi sarei precipitato al negozio e ne avrei comperata una nuova.
Capisce che la sua mente sta cercando di calmarlo, ma si impone la massima freddezza.
Si concentra sulla tastiera per risponderle, quasi fosse un oggetto magico.
Immagina di chiederle aiuto con un messaggio troppo lungo e di sentire le spire del rettile avvinghiarsi intorno alla sua gamba nuda.
Stringe il cellulare con le mani sudate e allontana quel pensiero mentre compone le lettere: «Sì. Aiuto.»
Guarda la forma immobile soltanto dopo aver premuto il tasto di invio e la vede muoversi: riconosce la testa del serpente e la vede muoversi verso il rubinetto.
I movimenti sono ritmici.
Eh già, sta bevendo. Il rubinetto è difettoso e lascia cadere qualche goccia, forse, se mi allontano un passo alla volta, non si accorgerà di me.
Manlio indietreggia a passi cauti, senza staccare lo sguardo dal rettile.
È arrivato quasi a metà corridoio quando si sente toccare sulla spalla e sobbalza.
Senza voltarsi chiede: «Viola?»
«Sì.»
La mano di lei rafforza la stretta e lui si sente sussurrare: «Esci.»
«Io…»
Trema tutto, ma si fa coraggio e corre via: lascia la porta aperta e non vuole sapere niente.
Sale le scale e si barrica nell’alloggio.
Entra in cucina e guarda l’orologio: sono le sette.
Qualcuno dei vicini scenderà di sicuro. Speriamo in bene. Stavolta Viola ha esagerato, con la sua mania per gli animali esotici. Per non parlare di quella della magia nera africana; in fondo è una brava ragazza. Troppo sola e fragile, tutto qui.

***

Manlio sbuffa e chiude la porta del salotto.
Quanto ci mette? Io ho quel lavoro da finire.
Subito dopo si vergogna di se stesso.
Ma come? Io mi faccio ossessionare da una vite spannata e lei magari è in pericolo.
Apre il cassetto del bricolage e rovista: martello, chiodi, qualche morsetto per le tende, scotch isolante.
Il suono del cellulare lo riscuote e lo lascia a metà ricerca.
Corre a rispondere.
La parte peggiore è il tono compiaciuto di Viola: «Beh, adesso puoi scendere. È tutto a posto. Finalmente.»
«Bene. Arrivo.»
Riappende e ripensa alla sera prima: i suoi pensieri si focalizzano sulla teca.
Il miscuglio di vodka, raki e vino al mirtillo non gli ha cancellato la memoria: l’ha solo resa più confusa, frammentaria.
Il caffè e lo spavento in cantina hanno risolto il puzzle, che si ricompone nella sua mente a ogni gradino che scende: Renato ci ha provato con Viola e con le maniere forti, lei lo ha respinto e ha alzato il coperchio della teca.
Cosa è accaduto dopo non lo ricorda, ma il resto dei tasselli si ricompone di colpo.
Erano tutti in cantina; ubriachi fradici, ragazzi e ragazze del reparto ordini: sei persone.
Manlio si aggrappa al corrimano; lui è il più colpevole di tutti, era il più vicino alla teca, avrebbe potuto dare un pugno a Renato, ma non ci è riuscito.
Mi ha sempre sminuito, con la scusa che è caporeparto.
Arriva in cantina, preparato al peggio.
La porta è chiusa, lui la apre e si inoltra nel corridoio: trova il lavabo vuoto e sente il richiamo di Viola.
Entra nella cantina di lei: intonacata a calce e con qualche ripiano di ferro sul quale sono impilati scatoloni dalle scritte in nero.
Legge a malapena su uno: Libri liceo.
Poi vede la teca su un tavolo e sente lo squittio di topi vivi provenire da un punto coperto.
Allora capisce che c’è una seconda teca.
Guarda Viola: alta, flessuosa, con le lentiggini che le danno un’aria sbarazzina accentuata dal taglio corto a scodella.
Sembra una studentessa delle superiori, malgrado abbia superato i diciotto anni da quasi un decennio.
L’impressione è accentuata dallo scamiciato a fiori che indossa sui fuseaux neri.
Lui non si lascia ingannare: non c’è solo il tatuaggio sul collo a smentire l’aria innocente di lei, ma anche la luce dura negli occhi blu.
Lei si scompiglia i capelli biondo platino naturale: «Scusa, devo sembrarti un mostro, ma fra ieri notte e stamattina ho avuto da fare.»
Gli indica il contenitore coperto: «Squittiscono perché sono un po’ stupiti di quel buio. Ma il mio è un gesto di pietà. Ed è più di quanto abbia fatto Renato con me.»
La guardo sbalordito.
Lei allarga le braccia: «Aveva minacciato di farmi licenziare se non ci fossi stata. Dovevo passarli tutti e anche le loro amichette. Per questo sono venuti con i liquori. Tu sei rimasto a guardare mentre io reagivo; hai fatto bene. Ti chiedo solo un favore: avvicinati alla teca.»
Manlio lo fa e il serpente gli rivolge uno sguardo pieno di disperazione umana.
Guarda Viola e lei sogghigna: «Lo tratterò meglio di quanto lui non abbia mai fatto con me in azienda. Tutte quelle palpatine, quelle riviste oscene che mi faceva trovare in mezzo alla documentazione.»
«Ma il suo corpo dov’è?»
Lei ridacchia: «Lo saprai dal notiziario.»
Torna seria: «Cosa ci facevi qui sotto?»
«Cercavo le viti per aggiustare l’anta di un armadio.»
«Allora vai a prenderle.»
Si chiude dietro la porta e lui va a prendere la scatola; sale le scale e sente i rumori di tapparelle alzate e passi nelle stanze.
Accelera il passo; non vuole parlare con nessuno ed è impaziente di riparare l’anta.
Lo fa a radio accesa: i brani di musica dance gli tengono compagnia.
***
Ha appena terminato il lavoro quando il suo brano preferito si interrompe e lo speaker annuncia: «Edizione straordinaria. Giovane trovato morto, avvelenato dal morso di un serpente vicino al parcheggio di via Moncenisio. La polizia è alla ricerca dell’animale. La protezione civile invita la popolazione a rimanere nelle proprie case e a tenere porte e finestre chiuse. In caso di avvistamento telefonare al numero: *********».
Manlio scuote la testa.
Non si tradiscono gli amici.
 
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