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Skannatoio Luglio - Agosto 2020

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shanda06
view post Posted on 7/7/2020, 08:45 by: shanda06

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Tema: Rinascita (qualcosa che ricomincia su nuovi presupposti o parte da zero)

Eleonora passa accanto all’armadio dello studio di sua nonna Adelia; il rumore che proviene dall’interno la fa sobbalzare.
Indietreggia terrorizzata e le sue mani vanno a toccare il lenzuolo che copre l’intero letto.
Dall’armadio verniciato di bianco, pigola una vocina: «Fammi uscire, per favore. Mi sono appena risvegliata e ho tanta paura.»
Lei indietreggia davanti alle due ante chiuse con la chiave nella toppa.
Per un istante crede di avere avuto un’allucinazione da stanchezza: ha assistito la nonna in ospedale fino all’ultimo e nel pochissimo tempo libero ha terminato l’album a fumetti per la casa editrice.
Ma l’appello si ripete con insistenza e allora lei fa un respiro.
Tanto vale che provi a vedere cosa c’è dentro: la nonna ci nascondeva le sue bambole di prova e certi progetti.
Le viene una fitta al pensiero di poter curiosare nell’armadio senza il rischio che la nonna la sorprenda e la guardi delusa.
Le scendono due grosse lacrime perché è in quel momento che il dolore comincia ad agire: prima non ne ha avuto il tempo. Il malore improvviso, la corsa in ospedale, e le lunghe ore passate nella speranza che nonostante l’ictus potesse salvarsi.
Gira la chiave nella toppa e prima la sorprende la vista di un visino impertinente cosparso di lentiggini e subito dopo il luccichio sbarazzino negli occhi castani di vetro e il sorriso aperto malgrado gli incisivi un po’ sporgenti.
La piccola bocca si muove: «Finalmente riesco a vederti. Per favore, Eleonora, tirami fuori di qui. Perché tremi? La nonna ha faticato tanto negli ultimi tempi per darti un aiuto per quando non ci sarebbe più stata.»
La giovane donna è combattuta: la parte di sé trentenne vorrebbe scappare di sotto e bersi un bicchiere del brandy spagnolo che la nonna conservava per gli ospiti, ma l’altra, quella creativa, le impone di fermarsi e di essere educata.
Prende in braccio la bambola, alta un metro e ne sente la consistenza di gommapiuma, ma ne ammira anche il realismo.
La posa sulla sedia di fronte alla scrivania della nonna e si siede dalla parte opposta.
Non sa cosa pensare: quando l’ha sollevata ne ha sentita la leggerezza, quindi, è da escludere che la nonna abbia creato un mini automa.
Eleonora si siede per la prima volta sulla poltrona della nonna: «Eccoti accontentata. Adesso dimmi chi sei.»
La bambola le risponde: «Fiorilla.»
Per ribadire il significato del suo nome, si aggiusta il fiocco cosparso di margherite multicolori e si aggiusta il colletto dalle punte arrotondate della camicetta bianca con le maniche a palloncino; già che c’è, dà una lisciata alla gonnellina che riprende lo stesso motivo del fiocco.
Eleonora sorride, come non le capita da un pezzo: ammira i riccioli neri della piccola Fiorilla e il suo visetto paffuto, e anche la grazia delle manine.
Quella bambola le ricorda una parente, ma una fitta di dolore le impedisce di andare a controllare sull’album.
Preferisce concentrarsi sulla bambola, e riprendere un vecchio gioco che faceva da piccola con le bambole della nonna: la tratta da bambina vera.
«Cosa ti piacerebbe fare, Fiorilla?»
Lusingata, Fiorilla le indica la scrivania della nonna: «Guarda nel primo cassetto.»
Eleonora le obbedisce con un sorriso: in cima a una serie di cartelline, ce n’è una con tanto di etichetta con il nome della bambola.
Gliela tende: «Vuoi vederla?»
La bambola scuote l’indice e lo punta verso di lei in un modo molto simile a quello di nonna Adelia, allora Eleonora solleva l’elastico.
Di certo sei rimasta molto a lungo con lei negli ultimi tempi.
Il primo foglio della cartellina è il progetto di Fiorilla, il secondo è una foto di classe nella quale la bambina in piedi da destra la fa sobbalzare.
Certo, è un po’ più grande, e porta un grembiule nero con il fiocco, ma i riccioli neri sono gli stessi, per quanto ribelli.
L’immagine è a colori, per quanto un po’ sbiaditi ed Eleonora avvampa, mentre il suo sguardo va dalla bambina alla bambola e viceversa.
«Tiziana» esclama con un tono astioso. «Mi ricordo che veniva sempre dalla nonna e una volta copiò un mio disegno.»
Chiude la cartella e si prende la testa fra le mani: «Che scherzo è questo?»
«Nessuno. La nonna vuole che tu la cerchi e mi offra come pegno di pace.»
Eleonora si affretta a riporre la cartellina: «Tu? Ma sei tutto quello che mi rimane di lei.»
Si alza: «E poi, perché obbedirle? Io alla nonna dissi di bruciare quella foto. E lei, oltre a tenerla, si è ispirata a lei per crearti.»
La bambola incrocia le braccia e le fa il broncio: «Perché? Cos’ho che non va?»
Eleonora le si avvicina e si china su di lei: «Tu niente, ma lei sì. Vedi, oltre a rubarmi l’idea del disegno, mi portò via anche il desiderio di imitare la nonna.»
Le accarezza il visino e le sussurra: «Sì. Mi sarebbe piaciuto diventare una giocattolaia come lei, invece scelsi i fumetti per colpa di quel suo disegno, così ben copiato. Non so nemmeno cosa ci abbia combinato, a parte rubarmi il premio e le amicizie a scuola.»
«Io sì.» le rivela la bambola. «Però dovresti guardare il resto delle cartelle per capirlo. Vedi, mentre tu disegnavi i tuoi fumetti, la nonna non è certo rimasta senza fare niente. Mi ha raccontato come c’è stata male nel vederti soffrire.»
Le obbedisce per curiosità: e vede una serie di progetti che riguardano bambole molto simili alle sue compagne di classe.
In alcuni riconosce la mano della nonna, ma in altri no e ci sono anche degli articoli che parlano di nuovi accessori e giocattoli in miniatura pensati per le bambole.
Nell’ultima cartella c’è anche un catalogo con le novità dell’autunno che sta per arrivare: «E ora che ne sarà?»
Lo sguardo di Eleonora si alza umido di lacrime: «Per me è uno spreco, se tutto andrà perso dopo la morte della nonna.»
La bambola si alza dalla poltrona e le si avvicina; le posa la mano sulla sua ed Eleonora la sente calda al tocco.
La guarda e vede una luce di vita negli occhi di vetro dalle iridi nere.
Allora sente la presenza della nonna e rivive il momento in cui è tornata a casa con il disegno della piccola raccoglitrice di fragole nel bosco.
Le parole della nonna le tornano nitide nella memoria.
Oggi ti sembra di aver perso tutto, ma nella vita c’è sempre il momento della rinascita. Vedi, dipende da come usi quello che hai.
Poi l’aveva abbracciata e lei si era decisa a trasformare i personaggi dei bambini paffuti in fumetti avventurosi che trasformavano i dintorni di Col di Pecchia in un paesaggio delle fiabe.
La critica era stata benevola con lei: aveva parlato di una funzione educativa delle sue strisce, fondamentali nell’insegnare ai piccoli lettori il rispetto per la natura e il passato.
Eleonora ricorda tutti i suoi viaggi in Accademia, l’alloggio preso laggiù e il ritorno a casa dai genitori per un breve periodo.
La bambola le dice: «Non mordicchiarti l’unghia dell’indice.»
Eleonora smette di colpo, nel risentire la frase ripetuta spesso dalla nonna, ma le fa una smorfia piena di rancore e punta il dito sull’ultima cartella: «Ora capisco perché i miei genitori mi hanno regalato il monolocale a Mercuria. È stato per evitarmi questo.»
Indica l’articolo celebrativo della nuova linea di giocattoli disegnata da Tiziana per conto della nonna.
La bambola le rivolge uno sguardo spaventato: «Mi fai paura. E non dovresti odiare quella poveretta?»
«Lei? Ma se mi ha rubato il lavoro presso la nonna. Avrei dovuto averlo io.»
La sua voce si fa sprezzante: «Nessun successo nei fumetti potrà mai ripagarmi di una perdita simile.»
Accarezza la testa della bambola: «Avrei tanto voluto inventare tante piccole meraviglie come te.»
Fiorilla le sale sulle ginocchia: «Puoi fare molto di più. Aiutare il marchio Dogliotta a rinascere. Quello è stato l’ultimo successo di Tiziana.»
Eleonora guarda i progetti della cartellina per l’ennesima volta e pensa alla sua ultima storia di avventure fra i boschi.
Per rendere più avvincente l’ultimo album ho creato l’episodio del magazzino di giocattoli abbandonato pieno di tanti piccoli amici desiderosi di trovare delle case. È piaciuto, sta per uscire la seconda ristampa. Tuttavia, ora tutte le serie a fumetti hanno un giro di affari legato ai giocattoli, ai cibi, agli oggetti, ai film, per non parlare del digitale, mentre io ho solo i miei albi che accontentano un pubblico ormai non più tanto piccolo e poco numeroso. Fiorilla ha ragione. La mia posizione in casa editrice è molto debole, da quel punto di vista di lì.
Chiude la cartellina e guarda Fiorilla: «Cosa devo fare?»
«L’agenda della nonna è nel secondo cassetto.»
Eleonora la prende, e poi compone il numero di Tiziana con il proprio cellulare.
Capisce dalla voce che l’amica sicura di sé è cambiata: «Oh, se non mi avessi cercata tu, lo avrei fatto io, Eleonora. Vedi, il negozio e la ditta di tua nonna sono a rischio. Devo chiederti aiuto per rinnovarli.»
Lei sorprende prima di tutto se stessa: «Vieni pure a casa della nonna. Vedrò quel che posso fare.»
I ringraziamenti di Tiziana la commuovono, certo, ma è agghiacciata dalla prospettiva della chiusura del negozio a due vetrine con la facciata dell’ingresso sormontata dall’insegna di una bambola dal prendisole rosa che lancia una palla a righe multicolori a un orsacchiotto con il cappello di paglia e la canottiera bianca su una spiaggia assolata.
Allora prende un album intonso dalla scrivania e una delle matite conservate nel bicchiere di ceramica accanto al PC della nonna e si mette a disegnare la tappezzeria per la sala giochi che ha in mente e poi passa agli arredi; infine, si ferma per un istante e riprende a disegnare le poltroncine, ma anche i distributori di dolciumi e bevande ispirati ai giocattoli in vendita.
Quando sente suonare alla porta, depone la matita e va ad aprire.
Tiziana, a testa bassa, indugia sulla soglia.
«Avanti, non restare fuori, vieni.»
Le obbedisce e fa qualche passo, dopodiché le sussurra: «Perdonami. Ti ho rubato l’idea di Lizanna Fragolina perché mi è venuto naturale omaggiare tua nonna.»
Eleonora le mostra la bambola: «E lei ha voluto fare lo stesso con te. Prendila, è tua.»
Tiziana le stringe il braccio e scuote la testa; indica l’album e le cartelline: «Allora hai visto quanto sono stata incompetente. Negli ultimi tempi la fabbrica e il negozio sono entrati in crisi perché non ho saputo bissare il successo stando al passo con i tempi. Tu, a Mercuria, hai il tuo seguito.»
Eleonora incrocia le braccia: «Non per molto. Ho il tuo stesso problema, ma anche l’opportunità di rinascere: vale per tutte e due.»
Le passa l’album e vede la speranza rifiorire sul volto di Tiziana: la gioia le fa dimostrare meno dei suoi trent’anni e le ridà l’espressione sbarazzina identica a quella della bambola.
Posa l’album.
«Si può fare, Eleonora. Ma, e il tuo lavoro in casa editrice? E la tua casa laggiù?»
Eleonora le sorride: «Oh, me li terrò. E questa casa diventerà il nostro ufficio.»
Indica Fiorilla: «Visto che non la vuoi, sarà il nostro portafortuna. Prendi l’album, intanto, e discuti con il resto dei lavoranti.»
Tiziana lo fa e le sorride: «Grazie.»
Dopodiché sorride alla versione di se stessa in forma di bambola e le scompiglia i riccioli: «Merito tuo. Adelia aveva ragione, riguardo alla rinascita. Ti ha dato un bel po’ di sé.»
Eleonora alza un sopracciglio: «Vale a dire?»
«Ha sempre saputo ricucire i rapporti, anche in azienda. Ti saluto. Ci sentiamo presto.»
Eleonora l’accompagna alla porta.
E torna nello studio della nonna, dove Fiorilla le strizza l’occhio: «Brava. Ora dormi nella tua stanza. La nonna l’ha tenuta in ordine come quando venivi a trovarla nelle vacanze. Vai a riposarti. Credo che da domani tu e Tiziana avrete parecchio da fare.»
 
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