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Skannatoio Luglio - Agosto 2020

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view post Posted on 30/6/2020, 20:54
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Custode di Ryelh
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Skannatoio Luglio - Agosto 2020



Salve a tutti e benvenuti al nuovo Skannatoio. Le regole variano rispetto alle precedenti edizioni (per sicurezza e per facilità di comprensione, eccovi il link al regolamento https://latelanera.forumfree.it/?t=77744091).

Ad ogni odo, eccovi un sunto:

1) A partire dalle ore 00:00 di mercoledì 01/07/2020 avete esattamente un mese per preparare un racconto che rispetti le specifiche che fornirò in basso e postarlo in questo thread.

2) a partire dalle ore 00:00 di sabato 01 agosto 202, avrete due settimane per leggere tutti i racconti, postare un commento di almeno 300 caratteri e una graduatoria dei racconti in gara.

3) Dopo i vostri commenti, la giuria provvederà a dare i suoi commenti, la sua graduatoria e il suo voto per il miglior commento. Fatta la sommatoria dei voti, si farà la graduatoria finale.

Ed ecco le specifiche:

LUNGHEZZA: minimo 5.000, massimo 35.000 caratteri.
SPECIFICHE: RINASCITA - nel racconto dovrà esservi una "rinascita", ossia un qualcosa che ricomincia su nuovi presupposti o che riparte da zero.


Per qualsiasi dubbio sulla specifica, postate pure nel thread, così la giuria potrà rispondervi.

Bene. Pronti? Via!!!!!
 
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view post Posted on 2/7/2020, 06:30

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Ciao White Pretorian, spunto davvero interessante.
 
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view post Posted on 2/7/2020, 08:10
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Ok, l'idea ce l'ho. Ora c'è da vedere se rimane valida anche una volta messa nero su bianco.
 
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view post Posted on 2/7/2020, 13:27
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Custode di Ryelh
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Ottimo. Dai, ragazzi!!
 
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view post Posted on 3/7/2020, 17:54

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Ciao a tutti!
Anche io dovrei avere uno straccio di idea :1392239590.gif:

Avrei solo bisogno di un chiarimento da Pretorian sulle specifiche.

Il concetto di rinascita deve essere interpretato come un qualcosa di positivo in assoluto o vale anche se è positivo solo per il personaggio?

es. positivo assoluto
Pippo è un gangster sanguinario poi incontra Pippa e diventa un buon padre di famiglia con un lavoro onesto.

es. positivo solo per il personaggio
Pippo è un uomo casa e chiesa ma non è felice perché in realtà vuole fare il gangster, così decide di tornare a essere sè stesso e spara in testa a un boss in un ristorante
 
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view post Posted on 3/7/2020, 21:42
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Custode di Ryelh
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CITAZIONE (alsan90 @ 3/7/2020, 18:54) 
Ciao a tutti!
Anche io dovrei avere uno straccio di idea :1392239590.gif:

Avrei solo bisogno di un chiarimento da Pretorian sulle specifiche.

Il concetto di rinascita deve essere interpretato come un qualcosa di positivo in assoluto o vale anche se è positivo solo per il personaggio?

es. positivo assoluto
Pippo è un gangster sanguinario poi incontra Pippa e diventa un buon padre di famiglia con un lavoro onesto.

es. positivo solo per il personaggio
Pippo è un uomo casa e chiesa ma non è felice perché in realtà vuole fare il gangster, così decide di tornare a essere sè stesso e spara in testa a un boss in un ristorante

Ciao, vecchio mio. Una rinascita è una rinascita, non deve avere nessuna connotazione morale obbligatoria. Insomma, Pippo che si unisce a un culto blasfemo e "rinasce" come adoratore di Azatoth va altrettanto bene di Pippo mafioso che cambia vita e decide di curare i malati del terzo mondo.
 
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view post Posted on 4/7/2020, 09:40

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CITAZIONE (White Pretorian 2.0 @ 3/7/2020, 22:42) 
CITAZIONE (alsan90 @ 3/7/2020, 18:54) 
Ciao a tutti!
Anche io dovrei avere uno straccio di idea :1392239590.gif:

Avrei solo bisogno di un chiarimento da Pretorian sulle specifiche.

Il concetto di rinascita deve essere interpretato come un qualcosa di positivo in assoluto o vale anche se è positivo solo per il personaggio?

es. positivo assoluto
Pippo è un gangster sanguinario poi incontra Pippa e diventa un buon padre di famiglia con un lavoro onesto.

es. positivo solo per il personaggio
Pippo è un uomo casa e chiesa ma non è felice perché in realtà vuole fare il gangster, così decide di tornare a essere sè stesso e spara in testa a un boss in un ristorante

Ciao, vecchio mio. Una rinascita è una rinascita, non deve avere nessuna connotazione morale obbligatoria. Insomma, Pippo che si unisce a un culto blasfemo e "rinasce" come adoratore di Azatoth va altrettanto bene di Pippo mafioso che cambia vita e decide di curare i malati del terzo mondo.

Ok, grazie!
 
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view post Posted on 5/7/2020, 15:18

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RINASCITA

Enrico prese il suo piatto della colazione appena svuotato e lo mise nel lavastoviglie. Con una mano prese le posate e con l’altra il piatto di Elsa che era già in bagno a truccarsi. Lanciò un’occhiata all’orologio a muro: le sette e mezza. Doveva fare ancora un sacco di cose prima di andare al lavoro.
«Sono pronta» disse Elsa sbucando fuori dal bagno nel suo nuovo tailleur viola.
«Io quasi», lei sbuffò.
«Aspetti sempre all’ultimo a prepararti e poi sono io quella che ci rimette. Ho il volo fra sole due ore e il taxi sta già aspettando da cinque minuti. Perché le mie valigie sono ancora qui?» chiese indicando il trolley fucsia e la borsa nera vicino alla porta d’ingresso.
«Scusa tesoro, ci ho messo troppo a preparare colazione. Volevo farti i tuoi pancake dato che non ci vedremo per una settimana.»
«Fammi capire, prima mi prepari la colazione e poi me lo rinfacci?»
«No, volevo solo dire che…»
«Comunque i pancake erano uno schifo, li fai sempre cuocere troppo poco.»
«Scusami, ti porto subito giù la roba.»
Elsa si mise le mani sui fianchi senza smettere di fissare Enrico che si precipitò verso le valigie e corse giù in strada a caricarle di persona sul taxi. Sapeva che lei non voleva che la sua roba la toccassero altri.
Aveva richiuso il bagagliaio quando le porte dell’ascensore si aprirono ed Elsa uscì dirigendosi verso di lui. Era già al telefono di prima mattina. Da quando era diventata sales manager il telefono non smetteva di squillare.
Enrico le aprì la portiera, ma lei gli passò davanti senza guardarlo.
«Buon viaggio amore, non vedo l’ora che torni.»
Elsa rispose con un movimento della mano simile a quello che avrebbe usato per scacciare una mosca. Enrico chiuse la porta e il taxi si mise in moto. Riguardò l’ora, sarebbe arrivato di sicuro in ritardo.

Alle nove meno cinque, Enrico rientrò a casa. Si era dovuto fermare un’ora in più per pulire il magazzino del supermercato. Il signor Ricolfi, non aveva il gradito il ritardo del mattino. Anche quella settimana si era giocato l’opportunità di chiedere un aumento, questo avrebbe fatto infuriare Elsa che da mesi pretendeva che Enrico si facesse valere con i suoi capi. Facile per lei che, nell’azienda dove lavorava, era il capoufficio e guadagnava il triplo di lui.
Chiuse la porta e posò le chiavi nella ciotola sul tavolino nell’ingresso. Si tolse la giacca e tirò fuori dal freezer un sacchetto di pasta alla norma congelata.
Mangiò nel silenzio più totale. Dopo un turno di dodici ore al banco della macelleria in mezzo a un mare di gente insignificante, aveva bisogno di quiete. Appena ebbe finito la cena si sedette sul divano e iniziò a cercare qualcosa da guardare in tv. Mentre faceva zapping finì su un canale che trasmetteva una puntata di “Chi l’ha visto?”. Stava per cambiare quando all’improvviso apparve sullo schermo una foto di una ragazza con i capelli neri. A Enrico mancò il fiato come se avesse ricevuto un pugno nello stomaco.
«Sono già passati tre anni dalla scomparsa della diciasettenne Lorenza Bruno, ma i genitori non hanno smesso di sperare.»
Anche se il televisore era a due metri, la voce della conduttrice gli arrivava lontanissima.
«L’ultima volta che fu vista era il sabato ventitré marzo di ritorno da una festa in discoteca. Da allora non si hanno più notizie…»
Restò seduto a guardare il programma fino alla fine. Quella notte non chiuse occhio.

Continuò a rivedere quella puntata di “Chi l’ha visto?” in streaming per tutte le sere di quella settimana, anche tre volte di fila. Ebbe ancora problemi di insonnia e sul lavoro commetteva sempre più errori che il signor Ricolfi non mancò di punire. Faticava a stare concentrato e viveva immerso in un mondo di fantasia.
La sera in cui Elsa sarebbe arrivata, non prima delle undici però, Enrico uscì dal lavoro alle nove e mezza passate. Salì sulla sua Fiesta e imboccò corso Regina Margherita. La stanchezza lo appesantiva rendendogli difficile qualsiasi cosa. Si fermò a un semaforo e voltandosi alla sua destra, notò una ragazza sotto una pensilina degli autobus che lo salutava sorridendo. Era Rebecca la nuova giovane cassiera assunta con un contratto di apprendistato. Una delle poche persone che si erano accorte di lui in quel supermercato e con la quale aveva stabilito un minimo di legame.
Enrico abbassò il finestrino.
«Ciao, non è un po’ tardi per prendere il pullman?»
«Sì, ma sono obbligata» rispose Rebecca senza perdere il sorriso.
«Dove mi hai detto che abiti?»
«In corso Marche, però aspetto il bus non ti preoccupare.»
«Beh, io abito in zona. Non è un problema darti uno strappo se vuoi. Posso lasciarti a all’incrocio prima della biforcazione con corso Vittorio, saresti abbastanza vicina per arrivare a casa a piedi.»
Rebecca si strinse un labbro tra i denti e lanciò un’occhiata allo schermo del suo smartphone.
«Quand’è che deve arrivare il pullman?»
«In teoria fra venti minuti.»
Il suono di un clacson riempì lo spazio che li divideva.
«Dai salta su» disse mentre si allungava e apriva la portiera del lato passeggero.
Rebecca restò immobile ancora qualche secondo a mordicchiarsi il labbro, ma ad un tratto sorrise e salì in macchina. Il profumo di vaniglia che emanavano i suoi capelli neri, accarezzò il naso di Enrico.
«Grazie mille, sei molto gentile.»
Enrico ripartì subito e imboccò corso Marche. Attraversò l’incrocio che era subito prima della biforcazione a tutto gas.
«Ma…dovevi lasciarmi lì.»
Lui non rispose.
«Ehi!»
Serrò la mano destra in un pugno e all’improvviso la colpì con le nocche sul naso. Rebecca gemette di dolore piegandosi in avanti e portandosi le mani sul viso. Tra le dita scorreva del sangue. Le afferrò la nuca e le sbatté la testa sul cruscotto finché lei si accasciò di lato restando immobile. Enrico fece dei lunghi respiri per calmare il cuore e i fremiti di eccitazione che lo scuotevano come scariche di elettroshock. Tra le gambe aveva un’erezione solidissima.
Guidò fino alla tangenziale. Dopo quattro chilometri, prese un’uscita in direzione Val Susa ma appena fu sulla statale, deviò per una strada di campagna. Proseguì per altri dieci chilometri, finché non si ritrovò davanti a un piccolo bosco. Non ci andava più da quasi tre anni.
Parcheggiò la macchina a una ventina di metri dalla strada dietro a un grosso cespuglio. Scese e aprì la portiera del passeggero. Rebecca era ancora incosciente. L’afferrò e se la caricò sulla spalla. Ogni traccia di stanchezza era scomparsa dal suo corpo. Iniziò a inoltrarsi nella boscaglia quando lei emise un gemito. Doveva sbrigarsi, voleva farlo nello stesso posto di tre anni fa. Man mano che si avvicinava si abbandonò ai ricordi per amplificare il piacere di quel momento.
Aveva conosciuto Lorenza una notte mentre girovagava con la macchina, come faceva in quel periodo, senza neanche sapere cosa fare o cosa cercare. Non appena la vide che barcollava sul ciglio della strada capì subito cos’è che stava cercando. Era ubriaca fradicia e non fu difficile sopraffarla. Cazzo, quanto si era divertito.
Arrivò finalmente al suo posto speciale, Rebecca cominciò a scalciare. La gettò a terra e le diede un pugno in faccia. L’eccitazione e il godimento gli avvampavano dentro come un liquore fortissimo. Rideva di gioia pura mentre si sbottonava i pantaloni. Le strappò via le mutandine e la penetrò. Rebecca strillava con le lacrime che le scorrevano sul viso martoriato e più urlava e più a lui veniva duro.
Questa era tutta un’altra cosa rispetto alle farse che metteva in scena con Elsa. L’aveva conosciuta a uno speed date, due settimane dopo il suo incontro con Lorenza. Non pensava che i suoi gusti le fossero di gradimento, ma invece lei lo stupì. La prima volta che fecero sesso, Elsa gli confessò che le piaceva essere legata e sodomizzata. Provava un piacere selvaggio a essere picchiata e “dominata”, forse perché il resto della giornata la trascorreva a tiranneggiare gli altri. Però Enrico non era soddisfatto al cento per cento. La consapevolezza che lei godeva spegneva il suo desiderio. Lei doveva soffrire e anche se si sforzava di farglielo credere, lui, sotto sotto sapeva che fingeva. E poi sapeva che con Elsa non avrebbe mai potuto superare un certo limite e ciò lo deprimeva. Erano mesi che non scopavano più.
Enrico venne gemendo con un grugnito, ma il piacere più grande doveva ancora arrivare. Guardò negli occhi Rebecca e l’afferrò per il collo. Iniziò a stringere. Lei si dibatteva con tutte le sue forze, ma lui con il suo peso la inchiodava a terra. Sulle dita della mano sinistra, percepiva i battiti frenetici del sangue che scorreva nella carotide. Si avvicinò ancora di più alla sua preda morente e si godette fino all’ultimo istante lo spegnersi della vita dentro di lei.

Enrico aprì la porta di casa ed Elsa gli si parò subito davanti.
«Dove cazzo eri? Sono le tre!»
«Sono andato a fare un giro» la testa era ancora leggera come se fosse sotto l’effetto di una lieve sbronza.
«Oh madonna, ma che hai fatto» disse all’improvviso Elsa portandosi una mano alla bocca.
Enrico si avvicinò allo specchio a muro che c’era vicino alla porta d’ingresso. I suoi pantaloni e la sua giacca erano incrostati di fango. Sulle ginocchia e sui gomiti c’erano anche delle macchie verdi di erba. Alzò lo sguardo e si guardò in faccia. Era appena riemerso da quel torrente di emozioni che lo aveva attraversato e si sentiva diverso, trasformato. Era la cosa più bella che gli fosse mai successa nella vita. Si sorrise.
Tornò a guardare Elsa mentre con la mano destra chiudeva la porta dietro di sé.
«Voglio subito sapere che cosa hai fatto» gli disse, ma la sua voce era quasi un sussurro.
Lui fece un passo avanti.
«Enrico…» cominciò a indietreggiare man mano che lui si avvicinava.
Quando Elsa fu con le spalle al muro si fermò. Le appoggiò la mano sinistra sul collo, accarezzandole la pelle con il pollice. La guardò negli occhi e scorse il riflesso del suo sorriso.
 
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view post Posted on 6/7/2020, 13:33
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Custode di Ryelh
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view post Posted on 7/7/2020, 08:45

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Tema: Rinascita (qualcosa che ricomincia su nuovi presupposti o parte da zero)

Eleonora passa accanto all’armadio dello studio di sua nonna Adelia; il rumore che proviene dall’interno la fa sobbalzare.
Indietreggia terrorizzata e le sue mani vanno a toccare il lenzuolo che copre l’intero letto.
Dall’armadio verniciato di bianco, pigola una vocina: «Fammi uscire, per favore. Mi sono appena risvegliata e ho tanta paura.»
Lei indietreggia davanti alle due ante chiuse con la chiave nella toppa.
Per un istante crede di avere avuto un’allucinazione da stanchezza: ha assistito la nonna in ospedale fino all’ultimo e nel pochissimo tempo libero ha terminato l’album a fumetti per la casa editrice.
Ma l’appello si ripete con insistenza e allora lei fa un respiro.
Tanto vale che provi a vedere cosa c’è dentro: la nonna ci nascondeva le sue bambole di prova e certi progetti.
Le viene una fitta al pensiero di poter curiosare nell’armadio senza il rischio che la nonna la sorprenda e la guardi delusa.
Le scendono due grosse lacrime perché è in quel momento che il dolore comincia ad agire: prima non ne ha avuto il tempo. Il malore improvviso, la corsa in ospedale, e le lunghe ore passate nella speranza che nonostante l’ictus potesse salvarsi.
Gira la chiave nella toppa e prima la sorprende la vista di un visino impertinente cosparso di lentiggini e subito dopo il luccichio sbarazzino negli occhi castani di vetro e il sorriso aperto malgrado gli incisivi un po’ sporgenti.
La piccola bocca si muove: «Finalmente riesco a vederti. Per favore, Eleonora, tirami fuori di qui. Perché tremi? La nonna ha faticato tanto negli ultimi tempi per darti un aiuto per quando non ci sarebbe più stata.»
La giovane donna è combattuta: la parte di sé trentenne vorrebbe scappare di sotto e bersi un bicchiere del brandy spagnolo che la nonna conservava per gli ospiti, ma l’altra, quella creativa, le impone di fermarsi e di essere educata.
Prende in braccio la bambola, alta un metro e ne sente la consistenza di gommapiuma, ma ne ammira anche il realismo.
La posa sulla sedia di fronte alla scrivania della nonna e si siede dalla parte opposta.
Non sa cosa pensare: quando l’ha sollevata ne ha sentita la leggerezza, quindi, è da escludere che la nonna abbia creato un mini automa.
Eleonora si siede per la prima volta sulla poltrona della nonna: «Eccoti accontentata. Adesso dimmi chi sei.»
La bambola le risponde: «Fiorilla.»
Per ribadire il significato del suo nome, si aggiusta il fiocco cosparso di margherite multicolori e si aggiusta il colletto dalle punte arrotondate della camicetta bianca con le maniche a palloncino; già che c’è, dà una lisciata alla gonnellina che riprende lo stesso motivo del fiocco.
Eleonora sorride, come non le capita da un pezzo: ammira i riccioli neri della piccola Fiorilla e il suo visetto paffuto, e anche la grazia delle manine.
Quella bambola le ricorda una parente, ma una fitta di dolore le impedisce di andare a controllare sull’album.
Preferisce concentrarsi sulla bambola, e riprendere un vecchio gioco che faceva da piccola con le bambole della nonna: la tratta da bambina vera.
«Cosa ti piacerebbe fare, Fiorilla?»
Lusingata, Fiorilla le indica la scrivania della nonna: «Guarda nel primo cassetto.»
Eleonora le obbedisce con un sorriso: in cima a una serie di cartelline, ce n’è una con tanto di etichetta con il nome della bambola.
Gliela tende: «Vuoi vederla?»
La bambola scuote l’indice e lo punta verso di lei in un modo molto simile a quello di nonna Adelia, allora Eleonora solleva l’elastico.
Di certo sei rimasta molto a lungo con lei negli ultimi tempi.
Il primo foglio della cartellina è il progetto di Fiorilla, il secondo è una foto di classe nella quale la bambina in piedi da destra la fa sobbalzare.
Certo, è un po’ più grande, e porta un grembiule nero con il fiocco, ma i riccioli neri sono gli stessi, per quanto ribelli.
L’immagine è a colori, per quanto un po’ sbiaditi ed Eleonora avvampa, mentre il suo sguardo va dalla bambina alla bambola e viceversa.
«Tiziana» esclama con un tono astioso. «Mi ricordo che veniva sempre dalla nonna e una volta copiò un mio disegno.»
Chiude la cartella e si prende la testa fra le mani: «Che scherzo è questo?»
«Nessuno. La nonna vuole che tu la cerchi e mi offra come pegno di pace.»
Eleonora si affretta a riporre la cartellina: «Tu? Ma sei tutto quello che mi rimane di lei.»
Si alza: «E poi, perché obbedirle? Io alla nonna dissi di bruciare quella foto. E lei, oltre a tenerla, si è ispirata a lei per crearti.»
La bambola incrocia le braccia e le fa il broncio: «Perché? Cos’ho che non va?»
Eleonora le si avvicina e si china su di lei: «Tu niente, ma lei sì. Vedi, oltre a rubarmi l’idea del disegno, mi portò via anche il desiderio di imitare la nonna.»
Le accarezza il visino e le sussurra: «Sì. Mi sarebbe piaciuto diventare una giocattolaia come lei, invece scelsi i fumetti per colpa di quel suo disegno, così ben copiato. Non so nemmeno cosa ci abbia combinato, a parte rubarmi il premio e le amicizie a scuola.»
«Io sì.» le rivela la bambola. «Però dovresti guardare il resto delle cartelle per capirlo. Vedi, mentre tu disegnavi i tuoi fumetti, la nonna non è certo rimasta senza fare niente. Mi ha raccontato come c’è stata male nel vederti soffrire.»
Le obbedisce per curiosità: e vede una serie di progetti che riguardano bambole molto simili alle sue compagne di classe.
In alcuni riconosce la mano della nonna, ma in altri no e ci sono anche degli articoli che parlano di nuovi accessori e giocattoli in miniatura pensati per le bambole.
Nell’ultima cartella c’è anche un catalogo con le novità dell’autunno che sta per arrivare: «E ora che ne sarà?»
Lo sguardo di Eleonora si alza umido di lacrime: «Per me è uno spreco, se tutto andrà perso dopo la morte della nonna.»
La bambola si alza dalla poltrona e le si avvicina; le posa la mano sulla sua ed Eleonora la sente calda al tocco.
La guarda e vede una luce di vita negli occhi di vetro dalle iridi nere.
Allora sente la presenza della nonna e rivive il momento in cui è tornata a casa con il disegno della piccola raccoglitrice di fragole nel bosco.
Le parole della nonna le tornano nitide nella memoria.
Oggi ti sembra di aver perso tutto, ma nella vita c’è sempre il momento della rinascita. Vedi, dipende da come usi quello che hai.
Poi l’aveva abbracciata e lei si era decisa a trasformare i personaggi dei bambini paffuti in fumetti avventurosi che trasformavano i dintorni di Col di Pecchia in un paesaggio delle fiabe.
La critica era stata benevola con lei: aveva parlato di una funzione educativa delle sue strisce, fondamentali nell’insegnare ai piccoli lettori il rispetto per la natura e il passato.
Eleonora ricorda tutti i suoi viaggi in Accademia, l’alloggio preso laggiù e il ritorno a casa dai genitori per un breve periodo.
La bambola le dice: «Non mordicchiarti l’unghia dell’indice.»
Eleonora smette di colpo, nel risentire la frase ripetuta spesso dalla nonna, ma le fa una smorfia piena di rancore e punta il dito sull’ultima cartella: «Ora capisco perché i miei genitori mi hanno regalato il monolocale a Mercuria. È stato per evitarmi questo.»
Indica l’articolo celebrativo della nuova linea di giocattoli disegnata da Tiziana per conto della nonna.
La bambola le rivolge uno sguardo spaventato: «Mi fai paura. E non dovresti odiare quella poveretta?»
«Lei? Ma se mi ha rubato il lavoro presso la nonna. Avrei dovuto averlo io.»
La sua voce si fa sprezzante: «Nessun successo nei fumetti potrà mai ripagarmi di una perdita simile.»
Accarezza la testa della bambola: «Avrei tanto voluto inventare tante piccole meraviglie come te.»
Fiorilla le sale sulle ginocchia: «Puoi fare molto di più. Aiutare il marchio Dogliotta a rinascere. Quello è stato l’ultimo successo di Tiziana.»
Eleonora guarda i progetti della cartellina per l’ennesima volta e pensa alla sua ultima storia di avventure fra i boschi.
Per rendere più avvincente l’ultimo album ho creato l’episodio del magazzino di giocattoli abbandonato pieno di tanti piccoli amici desiderosi di trovare delle case. È piaciuto, sta per uscire la seconda ristampa. Tuttavia, ora tutte le serie a fumetti hanno un giro di affari legato ai giocattoli, ai cibi, agli oggetti, ai film, per non parlare del digitale, mentre io ho solo i miei albi che accontentano un pubblico ormai non più tanto piccolo e poco numeroso. Fiorilla ha ragione. La mia posizione in casa editrice è molto debole, da quel punto di vista di lì.
Chiude la cartellina e guarda Fiorilla: «Cosa devo fare?»
«L’agenda della nonna è nel secondo cassetto.»
Eleonora la prende, e poi compone il numero di Tiziana con il proprio cellulare.
Capisce dalla voce che l’amica sicura di sé è cambiata: «Oh, se non mi avessi cercata tu, lo avrei fatto io, Eleonora. Vedi, il negozio e la ditta di tua nonna sono a rischio. Devo chiederti aiuto per rinnovarli.»
Lei sorprende prima di tutto se stessa: «Vieni pure a casa della nonna. Vedrò quel che posso fare.»
I ringraziamenti di Tiziana la commuovono, certo, ma è agghiacciata dalla prospettiva della chiusura del negozio a due vetrine con la facciata dell’ingresso sormontata dall’insegna di una bambola dal prendisole rosa che lancia una palla a righe multicolori a un orsacchiotto con il cappello di paglia e la canottiera bianca su una spiaggia assolata.
Allora prende un album intonso dalla scrivania e una delle matite conservate nel bicchiere di ceramica accanto al PC della nonna e si mette a disegnare la tappezzeria per la sala giochi che ha in mente e poi passa agli arredi; infine, si ferma per un istante e riprende a disegnare le poltroncine, ma anche i distributori di dolciumi e bevande ispirati ai giocattoli in vendita.
Quando sente suonare alla porta, depone la matita e va ad aprire.
Tiziana, a testa bassa, indugia sulla soglia.
«Avanti, non restare fuori, vieni.»
Le obbedisce e fa qualche passo, dopodiché le sussurra: «Perdonami. Ti ho rubato l’idea di Lizanna Fragolina perché mi è venuto naturale omaggiare tua nonna.»
Eleonora le mostra la bambola: «E lei ha voluto fare lo stesso con te. Prendila, è tua.»
Tiziana le stringe il braccio e scuote la testa; indica l’album e le cartelline: «Allora hai visto quanto sono stata incompetente. Negli ultimi tempi la fabbrica e il negozio sono entrati in crisi perché non ho saputo bissare il successo stando al passo con i tempi. Tu, a Mercuria, hai il tuo seguito.»
Eleonora incrocia le braccia: «Non per molto. Ho il tuo stesso problema, ma anche l’opportunità di rinascere: vale per tutte e due.»
Le passa l’album e vede la speranza rifiorire sul volto di Tiziana: la gioia le fa dimostrare meno dei suoi trent’anni e le ridà l’espressione sbarazzina identica a quella della bambola.
Posa l’album.
«Si può fare, Eleonora. Ma, e il tuo lavoro in casa editrice? E la tua casa laggiù?»
Eleonora le sorride: «Oh, me li terrò. E questa casa diventerà il nostro ufficio.»
Indica Fiorilla: «Visto che non la vuoi, sarà il nostro portafortuna. Prendi l’album, intanto, e discuti con il resto dei lavoranti.»
Tiziana lo fa e le sorride: «Grazie.»
Dopodiché sorride alla versione di se stessa in forma di bambola e le scompiglia i riccioli: «Merito tuo. Adelia aveva ragione, riguardo alla rinascita. Ti ha dato un bel po’ di sé.»
Eleonora alza un sopracciglio: «Vale a dire?»
«Ha sempre saputo ricucire i rapporti, anche in azienda. Ti saluto. Ci sentiamo presto.»
Eleonora l’accompagna alla porta.
E torna nello studio della nonna, dove Fiorilla le strizza l’occhio: «Brava. Ora dormi nella tua stanza. La nonna l’ha tenuta in ordine come quando venivi a trovarla nelle vacanze. Vai a riposarti. Credo che da domani tu e Tiziana avrete parecchio da fare.»
 
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Cavolo... L'ultima scena che ho scritto mi ha messo addosso un po' di magone.


Voi come state messi?
 
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CITAZIONE (Nazareno Marzetti @ 16/7/2020, 08:04) 
Cavolo... L'ultima scena che ho scritto mi ha messo addosso un po' di magone.


Voi come state messi?

Addirittura? Siamo così sensibili a questo giro??? :P :P :P
 
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view post Posted on 18/7/2020, 17:48
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Un po' da qui, un po' da lalà

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CITAZIONE (Nazareno Marzetti @ 16/7/2020, 08:04) 
Voi come state messi?

Il PC mi è morto, ne ho preso uno nuovo giusto due giorni fa, ma tutto il materiale è bloccato dell'altro HDD. Sto aspettando che uno mi porti un adattatore USB per poter travasare tutto nel nuovo. Poi fooorse riprenderò cosa stavo scrivendo :p109:
 
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