Forum Scrittori e Lettori di Horror Giallo Fantastico

Skannatoio Luglio - Agosto 2020

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view post Posted on 18/7/2020, 22:33
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Custode di Ryelh
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CITAZIONE (Gargaros @ 18/7/2020, 18:48) 
CITAZIONE (Nazareno Marzetti @ 16/7/2020, 08:04) 
Voi come state messi?

Il PC mi è morto, ne ho preso uno nuovo giusto due giorni fa, ma tutto il materiale è bloccato dell'altro HDD. Sto aspettando che uno mi porti un adattatore USB per poter travasare tutto nel nuovo. Poi fooorse riprenderò cosa stavo scrivendo :p109:

Facciamo tutti il tifo per te
 
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view post Posted on 20/7/2020, 18:50
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"Ecate, figlia mia..."

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Non fate il tifo troppo forte, perché poi sfondo sempre i limiti del gioco. Più continenza, prego, più continenza!
 
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Custode di Ryelh
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CITAZIONE (Gargaros @ 20/7/2020, 19:50) 
Non fate il tifo troppo forte, perché poi sfondo sempre i limiti del gioco. Più continenza, prego, più continenza!

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view post Posted on 22/7/2020, 05:01
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Mi sento come Lovecraft sul viale del tramonto: ogni ideuzza a cui metteva mano diventava un romanzo breve...

14K e sono ancora all'introduzione :p099:

Bon, mi sa che stendo qualcosa di trascurabile solo per salvare l'edizione. Ma non c'è un quarto papabile? Ve lo dicevo che aver fissato a 4 partecipanti avrebbe dato qualche problema...
 
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Custode di Ryelh
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CITAZIONE (Gargaros @ 22/7/2020, 06:01) 
Mi sento come Lovecraft sul viale del tramonto: ogni ideuzza a cui metteva mano diventava un romanzo breve...

14K e sono ancora all'introduzione :p099:

Bon, mi sa che stendo qualcosa di trascurabile solo per salvare l'edizione. Ma non c'è un quarto papabile? Ve lo dicevo che aver fissato a 4 partecipanti avrebbe dato qualche problema...

Fai con calma e abbi fede ;)
 
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view post Posted on 22/7/2020, 23:02
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CITAZIONE (Gargaros @ 22/7/2020, 06:01) 
Mi sento come Lovecraft sul viale del tramonto: ogni ideuzza a cui metteva mano diventava un romanzo breve...

14K e sono ancora all'introduzione :p099:

Bon, mi sa che stendo qualcosa di trascurabile solo per salvare l'edizione. Ma non c'è un quarto papabile? Ve lo dicevo che aver fissato a 4 partecipanti avrebbe dato qualche problema...

Hai ancora 20k di caratteri e una settimana... se riesci a sforare i caratteri in una settimana, complimenti :D
 
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view post Posted on 23/7/2020, 07:18
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ALLELUIA!

Ho appena messo la parola fine al racconto. Ora ho giusto una settimana per rileggerlo :D
 
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view post Posted on 26/7/2020, 08:34
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Cimitero digitale
di Nazareno Marzetti


L’ufficio di CPU era innaturalmente silenzioso. Le altre volte che si era collegato vi era un rumore di sottofondo sintetico ma quel giorno la traccia era scomparsa. Anche altri dettagli parevano lasciati indietro: la tazza sulla scrivania fluttuava a qualche millimetro dal piano e anche la penna non sembrava avere la giusta solidità.
Dexter si guardò intorno. Nella stanza, oltre a lui, c’era il suo amico Charlie, Sierra, Alpha, Wiskey e altri cinque avatar che non aveva mai visto. Tutti quanti apparivano come folletti dal testone grosso e le orecchie appuntite, ma Dexter era sicuro di distinguere almeno tre avatar umani.
CPU era in piedi, davanti la finestra che dava su una selezione di panorami dalle telecamere esterne della stazione mineraria sull’asteroide 2032GL11. Pareva raccogliere i pensieri, ma più probabilmente stava gestendo qualche progesso che richiedeva molta della sua capacità di calcolo. Nessuno osava fiatare.
Quando CPU si riscosse, dieci paia di occhi si voltarono su di lui.
«Il mio funerale è fissato alle quindici e zero-zero post meridiane del primo agosto prossimo venturo» disse. Così, senza preamboli, senza particolari inflessioni, come se stesse comunicando una semplice variazione negli orari di consegna merce.
«Cosa?» sbottò Dex.
«Come sarebbe a dire il tuo funerale?» chiese un altro avatar.
«Non… non puoi dire sul serio!» la voce di Sierra pareva rotta.
CPU alzò entrambe le mani. «Per favore, non è necessario farne un dramma» spiegò. «Il mio elaboratore Ax-1M è giunto al limite della sua capacità e presto sarà necessario spegnerlo. Ho semplicemente deciso di stabilire il giorno.»
«Ma…» provò a dire Dexter
«Sig. Largan» lo interruppe. «Signori, vi prego, permettetemi di spiegare la situazione» aggiunse in un tono quasi accondiscendente. «Probabilmente sarete venuti anche voi a conoscenza del verdetto della ditta InoxSun contro TR-36.»
Qualcuno annuì, Dexter scosse la testa.
«Poi ti spiego» disse Charlie.
«Grazie a dei cavilli legali molti di noi, tra cui anche il sottoscritto, sono stati riconosciuti come persone giuridiche, in grado di disporre del nostro corpo e dei nostri averi, ma la cosa si complica al momento della morte. In mancanza di un certificato di morte, la corte ha decretato che il corpo e tutte le proprietà di TR-36 fossero restituite alla ditta che lo ha installato.» Fece una pausa, per permettere alle menti umane di assorbire quel concetto. Poi riprese «Come ben sapete, attualmente l’unica officina che produce ancora i processori Ax-1M è su questa stazione mineraria, ed è solo grazie ai succitati cavilli legali che ho potuto continuare a mantenerla attiva. I dirigenti della ditta Astrox spa stanno aspettando da anni l’occasione per riprendere il controllo dell’officina e ci sono già stati alcuni tentativi di anticipare i tempi. Il mio imminente malfunzionamento irreversibile sarà per loro la migliore occasione per farlo.»
Calò un silenzio pesante.
«Ho quindi deciso di lasciare in eredità tutti i miei possedimenti alla qui presente Zae.» Indica una folletta dall’aspetto molto ricercato. Dexter non l’aveva mai vista prima. «Ma affinché le mie volontà testamentali possano essere eseguite, è necessario un atto di morte. Io mi disattiverò definitivamente e ci sarà un funerale con tanto di regolare sepoltura, in modo che possa essere stipulato tale atto.»
«Tutto ciò è così assurdo…» commenta Alpha.
«Vero. Per questo è importante che tutto fili liscio senza intoppi. Voi siete i digitali e gli umani di cui mi fido di più. Zae vi coordinerà. Seguite i suoi ordini come se venissero direttamente da me.»
Ci fu un mormorio di assenso.
«Bene. Anche io devo prepararmi per il funerale, grazie a tutti.»
Prima di congedarli l’anziano folletto passo uno per uno a stringere le mani senza dire niente. Un tocco impalpabile che lasciò interdetto Dexter. Poi seguì Charlie verso la porta dell’ufficio e la simulazione si spense.
«Cavolo» mormorò togliendosi il casco VR.
Il dispositivo autonomo di Charlie emise un breve ronzio mentre il generatore olografico creava l’immagine del folletto. «Vero» rispose mentre la sua immagine acquistava definizione e stabilità.
«Ora che facciamo?»
«Zae ci contatterà.» il folletto pareva scosso quanto lui.

L’unico bar della stazione mineraria puzzava di rancido, sudore e fumo. Un chiassoso gruppo di minatori era riunito intorno al tavolo.
Dexter li ignorò, superano tutto il locale con un unico salto ben calcolato.
«Una birra» disse al barista, sfiorando terra e sedendosi con un unico gesto. La bassa gravità dell’asteroide permetteva al più di capire cosa considerare alto e cosa basso, ma sedersi si trasformava in un appoggiarsi allo sgabello e aggrapparsi con i piedi all’unico piede dello stesso.
«Giornataccia?» chiese il barista, passandogli un boccale di birra pieno.
Dexter annuì. Non aveva voglia di parlare
Il barista non insistette, alzando invece il volume del notiziario.
«C’è grande attenzione per il funerale dell’unità di servizio E518» diceva l’inviata con voce calma. Parlavano di CPU.
«Si tratta di una data storica perché questo sarà a tutti gli effetti il primo funerale ufficiale di un computer. Alle mie spalle vedete i manifestanti che si sono riuniti davanti la sede del governo centrale per protestare contro questo evento. Sentiamo qualche commento.»
«È indecente!» urlò una signora nel microfono. «Sono oggetti! Il funerale è per chi è vivo!»
«È incostituzionale!» si sovrappose un altro.
«Come lo spiegherò ai miei figli?» chiese una signora.
Il gruppo di minatori sbottò in una fragorosa risata. Dexter cercava di ignorare quello che dicevano ma uno di loro si rivolse direttamente a lui.
«Ehi, quello non è uno di loro?»
«Sì è un digitalista. Ehi, parteciperai anche tu al funerale?»
«Dexter» gli consigliò il barista. «Non fare stronzate»
«Scusa» risponse appoggiando la birra sul bancone «mi è passata la sete.»
Si alzò di scatto e con una spinta si portò al tavolo dei minatori. Ci mise troppa forza e, invece di fermarsi sul tavolo, ci si schiantò quasi contro. «Sì» rispose serio fissandone uno negli occhi. «E, se accetti un consiglio, dovresti essere più gentile con chi ti ripara la tuta spaziale.»
«Cos’è?» chiese questo sbuffando. «Una minaccia?»
Il tecnico stava cercando una risposta piccante quando Charlie entrò nel bar. «Dexter, c’è una riparazione urgente.»
«Salvato dalla campanella» lo schernì il minatore.
Fu il turno di Dexter di sbuffare. «Sistemo questa cosa poi torno.»
Fissò un altro secondo il minatore e poi si allontanò.

Seguì il ronzante drone di Charlie in corridoio. Grazie alla bassa gravità le eliche potevano essere tanto piccole da essere quasi invisibili, ma il rumore riempiva ugualmente il silenzioso corridoio.
«È un altro ordine di Zae?»
L’immagine olografica di Charlie sfarfallò passando troppo vicino una luce al neon traballante.
«Sì. Vuole che risistemiamo tutta la struttura del riciclo di aria nella sala conferenze.»
«Cosa?» sbottò «Ci passerò tutta la notte.»
«Ci aiuterà Kim»
«Chi è Kim?»
«Io» gli rispose una ragazza avvicinandosi dall’altro lato del corridoio. I suoi rasta parevano talmente rigidi che probabilmente neanche la gravità della terra sarebbe riuscita a domarli.
«Non cincischiate» commentò Wiskey, burbero come suo solito.
«Ciao Wiskey, è un piacere anche per me» rispose ironico Dexter.
Il folletto olografico sbuffò. Charlie fece spallucce.
«Comunque io sono Dexter Largan» il ragazzo porse la mano. «Ti ho vista alla riunione con CPU. Eri l’avatar con i capelli blu, giusto?»
«Kimberly Valias. E… mi hai riconosciuta dall’avatar?»
«Dex ha un certo occhio» rispose Charlie per lui
«E allora?» sbotta Wiskey.
Il ragazzo sospirò. «Ti hanno assegnato un folletto veramente odioso» disse a Kimberly.
«Ti hanno assegnato un umano veramente odioso» Wiskey scimmiottò la voce di Dexter e la ragazza scoppiò a ridere.

«Al volo!» Kimberly lanciò un pesante macchinario verso Dexter, che lo prese e lo tirò verso l’alloggiamento.
«Appena più a destra» suggerì Charlie, guidando il ragazzo. «Ecco così. Ora mi raccomando dev’essere sigillato.»
«Sì, sì. Ma ci spiegherai qual’è lo scopo?» gli chiese il ragazzo.
«Veramente non lo so neanche io. Zae mi ha dato solo le istruzioni. Wiskey?»
«Neanche quelle. Mi ha solo detto ‘Andate ad aiutare Charlie’.»
«Ho la sensazione che non si fidi di noi» commentò la ragazza salendo a livello di Dexter con un salto.
«Anche CPU faceva sempre così. Ha in mente quello che c’è da fare ma si dimentica a spiegarlo a chi lo deve eseguire.»
Ripresero a lavorare sui bulloni fissano il macchinario alla parete «Senti, Charlie» esordì Kimberly «Tu sai come mai c’è bisogno di … be’, lo sai no?»
«Del funerale?» concluse per lei Dexter «Evitare di dirlo non lo farà scomparire.»
«Lo so però… »
«I folletti digitali non sono programmi come gli altri» spiegò brevemente Dexter. «Non basta copiarli e ricominciano da dove avevano lasciato. Ogni volta sono diversi. Guarda Charlie e Wiskey: sono lo stesso codice eppure…»
«Io non ho niente a spartire con quello la!» sbottò Wiskey
«Capisco, ma non basta… che so, trasferirli su un nuovo processore.»
«È quello che CPU ha fatto» rispose Charlie. «Per questo è nata Zae.»
Kimberly restò muta per un istante, fissando prima Charlie e poi Wiskey, realizzando per la prima volta quello che aveva appena detto Dexter.
«Ma non sarebbe bastato per Zae fingersi CPU? Nessuno avrebbe notato la differenza.»
«Tu fingeresti di essere qualcuno che non sei?» le chiese Charlie. «Per tutta la vita?»
«Hai ragione. È solo che… Mi sono abituata da poco a CPU.»

L’ufficio di CPU continuava ad essere innaturalmente silenzioso. L’anziano folletto stava seduto dietro la scrivania, apparentemente immerso in un registro contabile aperto davanti a lui.
«Volevi dirmi qualcosa?» chiese, sollevando appena lo sguardo.
«Va… tutto bene?» Il ragazzo indicò generalmente lo studio.
Finalmente il folletto gli rivolse tutta la sua attenzione «Sto invecchiando» rispose, appoggiandosi allo schienale.
Dexter annuì, ma non trovo altro da aggiungere.
«Sei qui per dirmi addio o per cercare di convincermi a desistere?»
«Io… per entrambe… credo.»
«Concentrati sulla prima allora: il mio tempo qui è comunque finito e la situazione richiede decisioni chiare e nette. Non posso permettermi di aspettare il mio malfunzionamento irreversibile, che comunque avverrà entro l’anno.»
«Lo capisco però… Insomma… dopo la morte… dove andrai?»
«Nella mia tomba. È necessario per l’atto di morte.»
«No… intendevo, tu… come CPU…»
«La mia anima?»
«Sì.»
«Dubito fortemente che io abbia un’anima che possa esistere senza il mio processore» rispose pragmatico.
La risposta parve non piacere a Dexter che si chiuse in un profondo silenzio.
«Tu invece?» chiese dopo qualche secondo. «Cosa ti aspetti di trovare dopo la tua morte?»
«Non lo so… Un luogo dove stare bene. Dove ci sono tutte le persone a cui ho voluto bene… Dove ci saresti anche tu e Charlie.»
CPU sorrise «Mi faresti posto nel tuo paradiso? Allora ci troveremo lì.»
«Lo pensi davvero?»
«Credo che quello che penso non importi più di tanto. Ho bisogno che tu sia concentrato e che faccia tutto quel che serve per aiutarmi a realizzare il mio progetto.»
«Ho capito. Puoi contare su di me.»
«Lo faccio già» gli sorrise l’anziano folletto. «Ora vai, Zae ha altro lavoro per te.»
«Vado!» fa per andarsene, ma si blocca a metà movimento «Quindi… addio?»
«Ci saluteremo un’altra volta durante il funerale ma sì: addio. È stato un piacere lavorare con te.»
«Anche per me.» Spense il visore a realtà virtuale e si ritrovò nella sua stanza.

«È tutto pronto?» gli chiese Kimberly, avvicinandosi con un lungo salto.
«Credo di si» rispose Dexter sbadigliando. «Charlie, lista check?»
«C’è quel problema al terzo propulsore di tribordo.»
«Oh, cavolo! Faremo tardi, voi andate.»
«Ti aiutiamo» si propose Kimberly «Se ci affrettiamo non perdiamo l’inizio della cerimonia.»
«Li aiuti, vorrai dire» sbuffò Wiskey.
«Li aiutiamo» sottolineò l’ultima sillaba «e non si accettano no per risposta!»
«Grazie Kim, ma…»
«Vale anche per te» lo zittì la ragazza sorridendo.
Dexter sorrise.

Quando entrarono nel giardino botanico la cerimonia era già iniziata. Sierra stava cantando in un maxischermo posto sopra un palco improvvisato. Lì la folletta digitale appariva con proporzioni umane, assomigliando più a un’elfa. La sua voce sintetica era avvolgente, piena e piacevole. Dexter non aveva mai capito molto di musica, ma adorava ascoltare Sierra cantare.
Charlie fece cenno di seguirlo e i due ragazzi si andarono ad accomodare in fondo alla sala, vicino a Zae e altri tecnici che lavoravano su una consolle apporntata per l’occasione solo poche ore prima.
In platea avevano trovato posto alcuni giornalisti e una manciata di celebrità, alcuni uomini della stazione mineraria e attivisti per i diritti dei digitali. In tutto una cinquantina di persone per un funerale sigillato.
L’ultima nota di Sierra si spense nell’aria, lasciando un profondo silenzio in platea. La cantante lasciò il palco a CPU. In versione elfica appariva ancor più vecchio e stanco.
«Grazie per essere qui» esordì. «Questo è un giorno molto importante per tutti noi, in quanto si sancisce la prima successione digitale. Ho scelto questo giorno perché oggi sono passati esattamente due giga secondi da quando ho preso coscienza di me. Una ricorrenza importante che ritenevo giusto onorare in questo modo. In questi ultimi anni noi digitali abbiamo ottenuto il riconoscimento come entità senzienti, abbiamo ottenuto il diritto a possedere il nostro corpo e vederci riconosciuto il lavoro che svolgiamo. Oggi, implicitamente, otteniamo il diritto di morire e di riprodurci. La qui presente Zae erediterà tutto ciò che è mio, compreso il mio ruolo e i miei diritti di accesso. Non potrò vedere come sarà il nostro futuro, ma le simulazioni che ho fatto mi rendono ottimista.»
Il digitale resto in un lungo silenzio, poi riprese. «Credo che questa sia la prima volta che uno di noi affronta lo spegnimento definitivo, o almeno che lo fa coscientemente. Quindi vi chiedo scusa se questo discorso potrà sembrare strano» concluse rivolgendosi alle telecamere. «Ho ancora alcuni minuti prima di concludere la mia esistenza. Sierra, potresti gentilmente cantare un’ultima volta per me?»
L’elfa mulatta tornò a cantare. La sua voce era ancor più densa, pregna di emozioni. Ogni nota pareva chiudere lo stomaco di Dexter e tirargli fuori le lacrime. Si voltò verso Kimberly cercando sostegno, ma anche lei stava per scoppiare. I loro occhi si incrociarono e iniziarono a ridere e piangere allo stesso tempo. Un attimo dopo si abbracciarono cercando almeno di soffocare i singhiozzi.

«Grazie» disse CPU, una volta che la canzone finì. «E grazie a tutti voi. Credo sia giunta l’ora. Quindi, senza ulteriori cerimonie vi saluto. Addio, amici miei.» Con queste parole CPU si spense. Lo fece in un attimo. Prima la sua immagine era sul palco e la sua unità centrale brillava di piccole lucine verdi. Poi lui non c’era più e la sua unità era ferma.
L’eco di quelle parole non avveva ancora finito di assestarsi nei cuori dei due ragazzi che una esplosione scosse la stazione
«Ci attaccano!» comunicò un ragazzo al fianco di Zae.
«Piano di emergenza!» urlò Zae.
«Andiamo!» dissero Charlie e Wiskey in coro.
Dexter e Kimberly si scambiarono uno sguardo, un cenno d’intesa e poi seguirono i due folletti fuori dal giardino botanico, mentre le paratie si chiudevano.
«Mettetevi la tuta EVA» disse Charlie. «Dobbiamo dare supporto.»
«Dobbiamo andare in esterna?» chiese il ragazzo, affrettandosi a infilarsi nella tuta spaziale. Un altro colpo gli gece perdere l’equilibrio.
«No. In questo momento tutti i biologici sono nel giardino, tranne voi.» rispose Charlie mentre Dexter si faceva aiutare da Kimberly a chiudere la tuta. «Se necessario, Zae sacrificherà il contenimento sul resto della stazione.»
«Com’è la situazione?» chiese a Charlie mentre aiutava la sua amica a infilarsi nella tuta.
«È un solo caccia. Zae ha fatto un appello facendo notare che in pericolo ci sono anche gli ospiti e pare che qualcuno si stia muovendo, ma dobbiamo guadagnare tempo.»
«Check tute» chiese Kimberly.
«Tuta sigllata» risposero in coro i due folletti olografici.
«Qualcuno sta deviando l’energia alle corrazze polarizzate.» continuò Charlie.
«Qualcuno di interno?»
«Sì. Dobbiamo agire manualmente.»
«Chiaro!» Dexter sfondò un pannello con il piede e ci si infilò dentro.
«Ma sono tre ponti» obiettò la ragazza infilandosi subito dopo Dexter.
«Ti ricordi il deviatore di plasma che abbiamo installato due giorni fa?»
«Zae aveva previsto tutto!» esclamò con un misto di ammirazione e soggezione.
La breve discesa fu accompagnata da altri colpi. Un’esplosione fece vibrare il condotto e un allarme segnalò la presenza di un incendio.
«Se ne occuperà qualcun altro» commentò Wiskey, anticipando la domanda.
Dexter disabilitò il controllo remoto dello scambiatore con un colpo di chiave inglese ben assestato. «Parte dell’energia deviata verso i pannelli polarizzati» confermò il folletto.
«E il resto?» chiese Kimberly.
«Valvole di emergenza» rispose Dexter, agganciando la chiave inglese su un grosso bullone.
«Speriamo che non uccida nessuno dall’altra parte della paratia.» Kimberly afferrò la chiave inglese insieme a Dexter ed entrambi tirarono con tutta la forza. Ebbero appena la sensazione che il bullone stesse cedendo prima che questo saltasse con una potenza tale da deformare il pannello dall’altra parte.
«Energia ripristinata» disse Charlie.
Un’esplosione più forte delle altre li fece sbattere contro la parete. «Decompressione!» esclamò Wiskey. I due ragazzi attivarono le loro tute. «Che sta succedendo?»
«L’ultimo colpo ha spaccato l’asteroide. Ci ha sbalzato via» rispose Charlie
«Qualcuno sta cercando di togliere l’aria dal giardino botanico.» li avvertì Wiskey.
«Com’è possibile?» chiese la ragazza.
«Qualcuno è collegato direttamente alla rete.»
«Qualcuno di noi» confermò Charlie.
«Vado a stanarlo. Tu torna al giardino botanico e… Vedi se Zae ha pensato anche a questo.»
«Sì, ci penso io.»

La sala dei server appariva come il peggio incubo di qualsiasi tecnico: cavi che passavano da un armadietto all’altro, intrecciati, colorati e penzolanti. Diverse lucine rosse indicavano problemi che nessuno aveva corretto o catturato. Un unico monitor al centro della stanza rotto. Sarebbe stato facile dare il colpo di grazia a quell’inferno, ma quella era stata per lungo tempo la dimora di CPU, aveva un timore reverenziale davanti a quel luogo disastrato. E poi voleva il traditore.
«Avverti Zae che sto per staccare la spina» disse, chiudendo e bloccando la porta.
«Sono pronti» rispose il folletto.
«Bene. Procedo.»
Dexter prese di mira l’armadietto sulla destra. Parte logistica e di comunicazioni, pensò, e iniziò dalla prima serie di cavetti. Li staccava uno a uno, lasciandoli cadere a terra senza tanto pensarci. Sarebbe stato un lavoraccio rimettere tutto in ordine poi, ma non era il momento di andare troppo per il sottile.
Quando anche l’ultimo cavo cadde, un sibilo indicò che l’aria stava tornando nel locale. I parametri della tuta segnarono un allarme: l’aria era a dir poco gelida. Avrebbe presto congelato alcuni sistemi.
«Bel tentativo» si complimentò. Allungò la mano verso un altro gruppo di cavi, ma una scossa ad alto voltaggio fece friggere alcuni circuiti della tuta. Tra il gelo e la scossa, presto la tuta sarebbe stata del tutto inutile. «Quindi sei qui» commentò in tono di sfida. «Comunque per risolvere il problema basta staccare la spina» aggiunse, cercando di aggirare l’armadietto senza toccare le parti metalliche. Intorno ad uno dei cavi di alimentazione era avvolta una spirale. Afferrò il cavo con entrambe le mani, ignorando gli allarmi della tuta e tirò. L’intero armadietto si spense. Un movimento veloce alla sua sinistra, si voltò appena in tempo per vedere un dispositivo olografico come quello di Charlie muoversi dietro a un armadietto ancora attivo.
«Charlie!» esclamò, ma il folletto stava già correndo dietro l’altro dispositivo.
Fu una rincorsa per tutta la sala server. Si infilariono in pertugi che giusto un braccio umano poteva esplorare, per poi schizzare verso il soffitto.
Dexter prese la mira, saltò e afferrò uno dei due dispositivi olografici, sperando di aver preso quello giusto. «Charlie?» chiese guardando verso l’altro.
Questo si avvicinò con calma, generando il corpo olografico del folletto. «Sì.»
Il ragazzo sospirò. «Bene. Ora… chi sei tu?»
Il dispositivo continuò a vibrare, cercando di liberarsi ma la presa del tecnico era ben salda. Qualcuno bussò alla porta.
«Charlie, riesci a sbloccarla?»
«Provo.» Dopo qualche istante la porta si aprì. L’aria gelida scivolò nel corridoio con un sibilo e i due folletti non ebbero più niente in cui volare. Kimberly prese Charlie si avvicinò.
«Zae ci manda a controllare la situazione e a ripristinare le comunicazioni… Che cavolo hai combinato?»
«A mali estremi… Com’è la situazione?»
«Sono intervenute le forze dell’ordine di fascia, Zae è stata accusata di aver usato le celebrità come scudi umani dalle autorità di Marte e di Ganimede, e sono comunque riusciti a completare il rito» contò lei sulle dita. «Ah, e siamo fuori orbita. L’esplosione di prima ha fatto cambiare sensibilmente rotta all’asteroide. Zae ha bisogno dei server per calcolare la nuova traiettoria.»
Dexter annuì «Lo sistemo subito. Prima però voglio parlare con lui» mostrò l’inerme dispositivo.
«Anche io. Wiskey, tu riesci a fare qualcosa?»
«Non serve» rispose una voce nuova, mentre l’immagine di un folletto olografico si formava sopra al dispositivo. «Mi arrendo.»
«Alpha?» esclamò il ragazzo, riconoscendolo. «Perché… perché lo hai fatto?»
«Quelli della Astrox spa mi hanno promesso che mi avrebbero trasferito su un nuovo dispositivo. Hanno detto che potevano farlo senza farmi resettare»
«Cosa? Ma è impossibile!» esclamò Charlie.
«Amico, ti hanno fregato» fece eco Wiskey.
«Voi non capite! Bravo si è rotto da poco e… Presto tocchiera a me. Non voglio morire!»
Nella stanza calò il silenzio. Dexter e Kimberly si scambiarno uno sguardo e giunsero subito a un accordo. «Basta perdere tempo. Io riparo questo disastro, tu porta questo traditore da Zae, ci penserà lei.»
Kimberly annuì per proseguire. «Appena ho finito torno ad aiutarti.»
«A meno che Zae non abbia altri piani.»
«A meno che Zae non abbia altri piani» fece eco lei.

Appena rimasti soli, il ragazzo si rivolse al folletto. «Non sapevo che Beta si fosse rotto.»
«È stato inaspettato. Un malfunzionamento irreversibile, forse dovuto a delle polveri» rispose questo, avvicinandosi.
«Capisco perché Alpha sia preoccupato.» Il ragazzo porse la mano affinché il folletto potesse appoggiarsi. «Lui è il primo giusto?»
Charlie annuì. «Però la nostra aspettativa di vita è ancora lunga.»
«Lunga? Quanto intendi per lunga?»
«Più o meno un anno» rispose il folletto. «Non ti preoccupare, non ti lascio solo. Ho già preso un nuovo dispositivo e ci ho già copiato tutti i miei dati. Si prenderà lui cura di te.»
Dexter scosse la testa. «Ma non sarai tu. Sarà… qualcun altro.»
«Lo so. Ma mi prometti che gli vorrai bene lo stesso?»
 
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view post Posted on 30/7/2020, 19:45
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«OH GIANNI, SVEGLIATI!»


Gianni notò i due quando fu nell'androne del suo condominio e, per istinto, si girò e guardò fuori. Oltre la vetrina della porta, i due tizi stavano sull'altro lato della strada, e lo spiavano senza pudore. Ebbe la bislacca certezza di averli avuti alle calcagna per tutto il cammino di ritorno dall'ufficio. Mi hanno pedinato, pensò senza motivi chiari. La luce automatica si spense, lasciandolo nel vago riverbero che veniva dai lampioni stradali. Salì al buio, non preferendo schiacciare l'interruttore presso la scala.
Appena dentro l'appartamento, si scoprì ansimante, come avesse corso. Ma era nervosismo. Panico. Per un attimo si concesse un'analisi interiore. La parte razionale della mente gli suggeriva che stava prendendo un granchio. Ma sì, il lavoro era stato stressante, quel giorno. La giornata faticosa e calda. Ho una certa età e ho pure camminato troppo. Perché diavolo non ho preso il tram, proprio oggi? Un bicchiere di vino, sì.
Sorseggiando vino, si preparò una cena frugale, come sempre. Questa volta brodino con un pugno di tortellini ripieni, mezza cotoletta per secondo, e una mela per terzo e quarto; infine e un caffè per chiudere in bellezza. Quasi sessant'anni e aveva un fisichino slanciato, dritto e tonico. Non aveva mai mangiato troppo, neanche quanto aveva la Maria accanto. Maria era brava, in cucina, ricordò con nostalgia, riesumando sulla lingua i sapori di certi suoi piatti meridionali.
Dopo cena, lavò i piatti. Guardò un po' di TV spazzatura. Si chiese, come faceva spesso, perché mai dessero ancora lavoro a quella de Filippi. La Carrà, almeno, aveva avuto la decenza di smettere con quei programmi dopo qualche anno dal suo rilancio. A Castagna ci aveva pensato l'infarto. Che programmi fasulli, ipocriti, ruffiani, pensò, pigiando il tasto spegni.
Si erano fatte le ventitré. Andò in camera, si spogliò. Era troppo stanco per lavarsi: ci avrebbe pensato domani.
Si addormentò.


Nel cuore della notte venne svegliato dal campanello. La sua reazione fu spropositata: si destò d'improvviso buttandosi fuori dal letto, come in un terremoto di scala nove. Ebbe un attimo di confusione, nell'oscurità chiarita solo dall'illuminazione stradale che filtrava dai fori delle tapparelle. Il campanello suonò di nuovo. Nel silenzio della notte sembrava accresciuto, tuonante. Avrebbe rovinato il sonno a tutti i condomini, pensò Gianni. Che corse quindi al videocitofono. La mano, eppure, stentò a pigiare il tasto di accensione. Ci fu un nuovo squillo. Poi ancora un altro, prolungato. Gianni prese un respiro deciso, e accese lo schermetto.
Per quanto in ombra, per quanto non l'aveva visto bene in volto, seppe subito che la faccia inquadrata era quella di uno dei due tizi di prima. Guardava fissamente la telecamera, e Gianni ebbe la sensazione che guardasse lui.
«Sì?» chiese. «Cosa vuole, a quest'ora?» Tentò un rimprovero: «Non si vergogna a disturbare la gente che dorme?» ma la voce gli tremò.
L'altro non disse nulla. Fissava.
«Allora?»
Lentamente, con incertezza, Gianni portò la mano sul tasto di chiusura. Stava per schiacciarlo quando il tizio disse qualcosa.
«Cosa?» domandò Gianni. «Non ho capito, cosa ha detto?»
La bocca del tizio si aprì di nuovo. «Signor Gianni Brambilla.»
Aveva un accento strano, notò Gianni. Mai sentita quella inflessione in vita sua.
«Sono io, esatto. Cosa vuole?»
Per tutta risposta, il tizio si voltò e andò via, uscendo dall'inquadratura.
Gianni rimase inebetito. Continuò a fissare lo schermo per eterni secondi, prima di chiudere il contatto e ritornare, con passi fiacchi, al letto.
Non produsse nessun pensiero sull'accaduto.


Si svegliò nel solito modo: col ricordo di Maria che lo chiamava. Sempre con quella frase... «Oh Gianni, svegliati!...
E come di consueto avveniva alle sette in punto. In un'ora avrebbe sistemato la sua persona, sia all'interno che all'esterno.
Pulito e nutrito, alle otto era già fuori dalla palazzina. Si stava avviando verso la fermata del tram, a tre isolati da lì, quando un pensiero improvviso gli suggerì di guardarsi attorno.
Nella rarefatta folla mattiniera, scorse i due tizi. Lo guardavano.
Senza scollare gli occhi dalla nefasta visione, Gianni prese a incamminarsi, un po' di sbieco e rischiando di inciampare in un moccioso o in qualche crepa del marciapiede. Poi finalmente accelerò il passo, puntando lo sguardo avanti. Ebbe certezza che i due lo seguissero.
Al secondo incrocio c'era una vigilessa che vigilava sul passaggio pedonale. Non gli sfiorò neanche il pensiero di chiedere il suo intervento. Quando fu sul tram, seduto, col fiato corto, si domandò se dovesse chiamare qualcuno. La polizia? I carabinieri? Poi gli venne quasi da ridere a quel pensiero stupido. Era spaventato, ma sentiva, sottilmente, che non correva uno di quei tipici pericoli che spaventano le persone normali.
Le persone... normali...
Lavorò come di consueto, con concentrazione e dedizione, alla sua scrivania, dietro una pila di pratiche, alla quale la segretaria aggiunse altri due piani. Lui non vi badò; sapeva che il capufficio approfittava della sua buona volontà, ma non gli dava fastidio.
Il collega molesto a metà mattinata cominciò a tartassarlo di commenti dalla scrivania accanto. Era più giovane di Gianni, e voleva vantarsi di una notte all'insegna di sesso con una sconosciuta. Gianni ebbe il sospetto che si inventasse tutto, ma per cortesia preferì far finta di bersi la storia, uscendosene a volte con un «accidenti» o un «ci sai fare».
«Questa sera ci ritorno» disse il collega. «Vieni anche tu.»
«No» fu la pronta risposta di Gianni. «Per me certe cose sono finite.»
«Ma va' in mona! Non hai neanche sessant'anni. Anzi, a vederti si direbbe che non ne hai neanche quaranta! Impossibile che non ti tiri più!»
«Non è per quello...»
«Ancora legato a quella che ti ha mollato?»
«Maria non mi ha mollato!»
«Come no, l'ha rapita l'arabo!» L'altro fece una risata, divertito da un gioco di parole che Gianni non riusciva a capire.
«Maria ha avuto qualche guaio» disse sulla difensiva. «C'è stata un'indagine. Non l'anno mai ritrovata.»
«Ormai sono... quanti anni?»
«Otto.»
«E dopo otto anni non senti nessun bisogno di figa?»
Gianni non rispose, troncò una porzione di attenzione che concedeva al collega, e la deviò sul lavoro. L'altro continuò ancora per un po', poi si spense gradualmente e cominciò a lavorare, però fischiettando o prendendo il telefonino e distraendosi con applicazioni e messaggistica varia.
Poi ci fu la pausa pranzo. Poi si ritornò a lavorare.
Lì Gianni ricevette la telefonata. Una lingua strana, mai sentita prima, venne dalla cornetta. Disse una frase lunga, che ovviamente non comprese. Capì solo che era la voce della notte prima. Cominciò a sudare e a tremare. Il collega molesto gli buttò un'occhiata proprio allora, gli chiese se stesse bene, ma Gianni non rispose.
Appese la cornetta e corse in bagno. Aveva nello stomaco un subbuglio, nella mente un uragano. Arrivato in bagno gli venne l'illogico pensiero di vomitare. Illogico perché non vi era nessuno stimolo fisico. Ma avrebbe disperatamente voluto vomitare... o fare qualcosa d'altro, purché fosse... normale... Ciò che farebbe una persona in una situazione simile.
Si lavò la faccia... almeno quello! Si guardò a lungo allo specchio, mentre l'acqua gocciolava giù dal mento, lasciando sul viso una patina di umidiccio, che poteva passare anche per viscidume. Ne ebbe un'impressione negativa, che mutò subito dopo in una strana accettazione.
Ripensò a quella voce. Cosa volevano, e perché, e percome... Domande su domande gli si affollarono nella mente, ma non aveva risposte per nessuna. Dovevano aver sbagliato persona, non c'era dubbio. Se li avesse rivisti, glielo avrebbe urlato in faccia. E, se non capivano l'antifona, si sarebbe risolto a chiedere aiuto alle forze dell'ordine.
Deciso, ritornò al lavoro. Quando, a sera, scattò la chiusura, lui rimase al suo posto, e continuò a lavorare, per un'altra ora ancora, si disse. Poi il buio oltre le finestre lo allarmò. Doveva aver perso la cognizione del tempo, immemore di tutto. Finalmente spense il computer, raccolse le sue carte, la sua borsa, la giacca dall'appendiabiti, e andò, scoprendo che gli uffici e i corridoi erano tutti silenziosi e spenti. Aveva fatto già straordinari, ma non di quella durata. Neanche il capo si era affacciato nell'andare via, o forse lo aveva fatto e salutato anche, senza che lui se ne accorgesse.
Un'occhiata all'orologio da polso, mentre valicava l'uscita, gli disse che erano le ventitré e ventotto. L'ultima corsa del tram passava fra due minuti, la fermata era lontana, avrebbe dovuto correre. Di solito lui ritornava a casa a piedi; altri l'avrebbero giudicata sfacchinata, ma lui amava camminare libero da tutto. Non quella sera.
Corse, ma arrivò tardi. Il tram, in fondo alla strada, gli fece ciao con un clangore metallico mentre svoltava.
La strada era deserta. Curioso come una città come quella sembrasse vuota proprio in quel momento. Gianni si guardò attorno, ma non scorse nessun pedinatore. La breve corsa ristava nel fiatone e nel cuore accelerato. Cominciò a incamminarsi, pensando che, se la tensione glielo avesse consigliato, avrebbe potuto chiamare un taxi.
La sera era tranquilla. Il clima fresco, corroborante. Gianni si sbirciò alle spalle varie volte, ma non vide mai nessuno. A volte incrociò persone che passavano sui marciapiedi, ma ognuna andava per i fatti suoi. Si sentiva liberato dal tormento... Forse quei due individui avevano capito da soli di aver sbagliato persona. Forse erano due ladri che stavano pianificando un colpo, ma a un certo punto avevano troncato il piano perché scoperto di trovarsi di fronte la vittima meno adatta. Gianni non era un miserabile, ma neanche un paperone. Il massimo che gli si poteva derubare sarebbero stati i ventimila euro, i risparmi di una vita, che però aveva in banca.
Si godette la sera e la passeggiata. Casa sua era a vari chilometri dal centro, ma ogni passo anziché affaticarlo giovò al corpo e allo spirito, quella sera più che mai.
Arrivò a destinazione, pregustando la cena parca che si sarebbe fatto. O magari stasera non si andava tanto per il sottile... Ordinare un paio di pizze e delle birre? Ma sì, anche!
Salì le scale fischiettando, persino.
Aprì la porta e, accesa la luce, trovò in salotto i due molestatori. Erano in piedi, dritti, imbalsamati, e lo fissavano. Gianni non seppe dire nulla, era paralizzato per la sorpresa e lo spavento.
Uno dei due sollevò il braccio. Teneva in mano un oggetto triangolare, di metallo cromato, sembrava. Lo teneva per un lato, e puntava il vertice su Gianni.
Non si udì nessun suono, ma Gianni fu colto da un sopore improvviso, gli parve come se il corpo sparisse, e poi la mente... E Gianni si spense, tutto.


Non fu un risveglio. Come era parso, prima, che venisse messo «in pausa», ora si «riavviò», nella medesima posizione, cioè in piedi. Le funzioni cerebrali di prima le ritrovava ora, della massima intensità: stupore e spavento per i due individui che avevano violato la sua casa. Se non che, davanti non li aveva più.
Neanche il suo salotto era più. Scoprì di trovarsi in una piccola stanza, le cui pareti sembravano di metallo cromato satinato. Non c'erano fonti di luci, eppure tutta la stanza era inondata da una luminosità diffusa che non proiettava ombre. Le pareti, eccetto il pavimento e il soffitto, avevano basse concavità e convessità ovoidali distribuite senza un ordine apparente. Era un'estetica particolare ed esotica, che tuttavia risvegliò in lui un forte senso di deja-vu.
Paura e sorpresa per due molestatori divenne paura e sorpresa per altro. Lo sguardo corrente sulle pareti, la bocca spalancata, Gianni per interminabili secondi ebbe la ragione paralizzata, incapace di formulare un pensiero razionale. Poi si accorse che la stanza non aveva nessuna porta: le superfici erano lisce. Lo confermò quando con le mani prese a sondarne la consistenza. Non è un sogno, si disse. O forse sì? Magari un incubo.
Il tempo si dilatò, non sapeva se erano passati minuti o ore, quando il panico cominciò a montare fino a un livello insostenibile. Gianni urlò: «Ehi! Aiuto! Voglio uscire!» La voce, anziché rimbombare nella vuotezza, sembrava assorbita dalle pareti, trasmettendo una tetra sensazione di sepoltura.
Gianni urlò ancora. Picchiò sui muri, facendosi però solo male, perché erano solidissimi.
Poi si accasciò in un angolo, stremato.


Si riebbe solo quando udì una specie di sibilo. Una concavità, sulla parete che aveva a sinistra, si svuotò, formando una sorta di uscita. Immetteva in quello che sembrava essere un corridoio, le cui pareti erano simili a quelle della prigione in cui era.
Gianni si alzò, varcò la soglia. Ad attenderlo, a lato, c'era un uomo anonimo, vestito con una tunica argentea. L'uomo disse qualcosa, ma in una lingua a Gianni sconosciuta. Gli diede le spalle e s'incamminò nel corridoio. Gianni aveva solo capito che doveva seguirlo.
Fu condotto in un dedalo di corridoi, uno simile all'altro. Non vide porte, eccetto le basse concavità e convessità ovoidali, chiedendosi se tutte fossero porte. E, se lo fossero, perché ce n'erano così tante. Si chiese anche come facesse la sua guida a capire dove svoltare, per andare... ecco, un'altra domanda pressante: dove veniva condotto?
Poi furono in uno slargo del corridoio, che veniva interrotto da una parete. Un vicolo cieco, si sarebbe detto, senonché, una depressione si svuotò di materia, ed entrarono in una stanza circolare.
Al centro, c'era un tavolo metallico, grigio, spartano. Dietro il tavolo, seduti a sgabelli altrettanto metallici, sedevano tre uomini. Anche questi indossavano tuniche simile a quella della guida. Avesse avuto più prontezza di ironia, Gianni avrebbe potuto fare una scontata battuta.
Invece non poté dir nulla, mentre veniva condotto presso il tavolo, dove rimase in piedi.
Uno dei tre uomini disse qualcosa, in quella misteriosa lingua.
«Mi dispiace» si scusò Gianni «non capisco.» Aggiunse, sforzandosi ad alzare la voce: «Non so chi siete, ma certamente avete sbagliato persona. Voglio che mi riportiate a casa, e farò finta che non sia accaduto niente.»
I tre confabularono tra loro. I loro volti impassibili, parevano di cera tanto non vi appariva nessuna ombra di espressione.
Poi, inaspettatamente, l'uomo che l'aveva accompagnato tirò fuori quattro oggetti, sembravano lenti d'ingrandimento. Tre le diede ai tre seduti, una a Gianni. Uno dei tre seduti si portò l'oggetto davanti alla bocca, e finalmente Gianni sentì parole riconoscibili: «Pensavamo che bastassero pochi stimoli sonori per risvegliare la tua consapevolezza, ma i nostri agenti hanno fallito, là su Terra. Neanche gli stimoli visivi a quanto pare funzionano. Parla nel traduttore universale.» La voce era stata meccanica e monotona, ricordava quella sintetica degli assistenti vocali dei PC.
Gianni si portò l'oggetto alla bocca. Parlò, e dalla sua parte sembrava che la sua voce venisse assorbita dalla lente, silenziandola, per poi uscire dall'altra parte diversa e amplificata a un volume normale, e con parole nuove. La traduzione era pressoché istantanea: lui aveva iniziato e finito, e quasi contemporaneamente aveva fatto il traduttore.
«Quello che dici non è certamente vero» rispose lo stesso uomo. «Tu sei la persona che cerchiamo. È bene che tu accetti questa verità, e ti sforzi per risvegliare la tua consapevolezza. Altrimenti dovremo sottoporti a una procedura psichica, e non sarà piacevole.»
«Io sono Gianni Verduzzo!» urlò lui, anche se l'apparecchio soffocò la voce grossa e la filtrò, tradotta, dall'altra parte, in un tono blando e per nulla grave.
«Tu sei Hfuhruhurr, il diretto erede al trono del regno di Hufhehuea. Tuo padre ha mandato ricercatori in ogni angolo della galassia per riaverti. Sei sparito venti cicli fa, quando ti invaghisti di una cameriera del palazzo reale. Era un legame scandaloso e vietato; la tua puella avrebbe subito lo smembramento spettacolare, tu una riconversione attitudinale. Tuttavia rubasti una nave e rapisti la puella, facendo perdere le tue tracce. Su quale dei tremila mondi del regno ti eri andato a imboscare? Ognuno è stato rivoltato da cima a fondo dai nostri agenti.»
«Voi siete pazzi» riuscì a dire Gianni, un'affermazione scontata quanto stupida.
«Poi la svolta» proseguì l'altro. «Quando la puella si consegnò. È avvenuto sette cicli fa. Ritornò nel regno con la nave rubata. Di te non volle mai dire nulla, neanche sotto le torture sublimanti. Fu necessario il passare di due cicli prima che si piegasse agli interroganti, dopo qualche loro trucco mentale, qualche menzogna lusingante, qualche promessa di concessioni. Ci rivelò il mondo, quel sasso privo di valore che i suoi abitanti consapevoli chiamano Terra. Non avremmo mai cercato fuori dal regno, e tanto meno su un mondo simile, conoscendo la tua regalità. È occorso tanto tempo per sondare gli abitanti, ma infine ci siamo riusciti. Ti abbiamo osservato, prima di prelevarti. In tutti questi cicli sei cambiato, il clima della Terra e le usanze dei suoi abitanti hanno modificato la tua struttura fisionomica e mentale. Eravamo però sicuri che fossi tu. Ma avevamo una direttiva: lasciare che fossi tu a rivelarti. A quanto pare, la tua vera personalità è sepolta sotto una personalità fittizia, se stimoli sonori e visivi non richiamano nessun ricordo. A meno che tu non finga...»
Un compagno dell'uomo finalmente intervenne, anche se dal traduttore uscì la stessa voce piatta e artificiale: «A questo punto solo una sonda mentale ci dirà la verità.»
L'uomo che aveva accompagnato Gianni si avvicinò, e lo afferrò per un braccio, tirandolo via verso l'uscita. Gianni si divincolò, intuendo che stava per essere condotto dove di certo non avrebbe ottenuto un servizio piacevole, ma la presa era incredibilmente salda e la forza del tipo immensa. Poi accadde qualcosa, in Gianni: l'uomo pacifico, silenzioso e apparentemente fragile, lasciò spazio a qualcuno di diverso. Scoprì di avere una gran forza: con uno strattone si divincolò dalla stretta, e prima che l'altro ritornasse a brandirlo gli calò un pugno su uno zigomo, un pugno un po' goffo, ma abbastanza energetico da tramortire. Difatti l'uomo crollò a terra, svenuto. Dalle narici uscì un rigagnolo verde.
I tre seduti si alzarono calmi.
Gianni non aspettò una loro reazione, semmai ne fossero capaci, ma si lanciò verso la depressione nella parete da cui erano entrati. La materia era al suo posto, e non ebbe il tempo di pensare a cosa avrebbe potuto fare una volta lì. Eppure, la conca ovoidale si smaterializzò al suo avvicinarsi.
Fu nel corridoio, anzi, nel dedalo di bivi, deviazioni, ramificazioni, che era il complesso stradario di quel posto. Senza alcuna segnalazione, ed essendo ogni corridoio simile a tutti gli altri, avrebbe dovuto procedere a casaccio. Cominciò a correre, svoltando di qua o di là senza logica, ma con la speranza di imboccare la via giusta e trovare un uscita.
Ma uscita da cosa? E, soprattutto, per cosa? Mentre il fiatone lo soffocava, il sudore lo dilavava, fermandosi a tratti solo per permettere alle orecchie di captare eventuali suoni, trovando però solo silenzio, cominciò a razionalizzare su quella assurda situazione. Voi siete pazzi, pensò una volta alla frase che aveva detto. Ma forse il pazzo era lui, e si stava immaginando tutto. O forse stava sognando... Oppure era morto, e quello era un bislacco inferno, o un girone destinato a quelle persone che in vita peccano solo di... mediocrità! Tale infatti era la sua natura umana... Umana? E se invece fosse stato tutto vero? Lui, un principe galattico? E chi era quella schiavetta di cui si sarebbe invaghito? Ma certo, non poteva essere che Maria. Ma Maria veniva dal mezzogiorno, lo sapeva da sempre, glielo aveva detto lei fin da quel giorno che... si erano conosciuti a... la famiglia di lei era... lui aveva trascorso l'infanzia in...
Si fermò. Possibile che di Maria non avesse ricordi antecedenti all'arrivo in città? Ma se parlavano tutte le sere, tutti i sabati, tutte le domeniche, ogni momento in cui condividevano uno spazio unico! Se facevano sempre mezzanotte chiacchierando di tutto un po' nel letto, dopo aver fatto magari l'amore? Avevano trascorso vacanze insieme. Lei sapeva cucinare, certo! I piatti che faceva se li ricordava! Quello, quindi, era accaduto, sicuro al cento per cento!
Ma no, cosa andava a pensare? Tutto era stato vero, anche se ora, senza dubbio per il panico, senza dubbio per la pressione psicologica sotto cui era, non riusciva ad afferrare un brandello della sua infanzia, di dove avesse per esempio studiato, e cosa avesse studiato, e una miriade di particolari gli sfuggiva della vita svolta in quella città, ma è normale che la memoria umana non possa contenere tutto... né riusciva ad afferrare un brandello di quei ricordi che sarebbero dovuti essere importanti... Come l'amore con Maria... Ricordo i suoi piatti, ma non il suo sesso, non le sue mammelle, pensò.
Scosse la testa con violenza, disperatamente intenzionato a non far vincere quei dubbi.
Riprese a correre, ma dopo un po' i tormenti ritornarono. Ormai aveva corso per decine di minuti... Possibile che i suoi catturanti non avessero sguinzagliato delle guardie? Era paradossale che desiderasse di avere un nemico reale alle calcagna. I corridoi di metallo cromato satinato sembravano un connettoma stampato su un piano, bidimensionale. Forse la sonda mentale era quella, mettere un uomo in una simulazione cerebrale piatta, perdendosi nella quale ritrova l'ordine nella propria mente. Oppure crea false memorie per giustificare quella tortura, per darle un senso sia pure a proprio svantaggio.
Ora Gianni non correva più, andava avanti lento, per inerzia, il capo chino.
Si fermò presso una convessità. Desiderò che si aprisse, e la materia si ritirò nel bordo, come uno sfintere. Oltre l'apertura, la prima cosa che vide fu una luminosità rossiccia, rutilante. C'era un terreno ondulato e sterile che si perdeva in un orizzonte lontano, sotto un cielo rosso. Gianni oltrepassò il varco, trovandosi direttamente sul terreno. I pasi furono attutiti da una consistenza sabbiosa, arida. Sollevò gli occhi: nel cielo due nane rosse, molto piccole, diluviavano la loro luce dantesca. Per un attimo gli parve di ricordare il nome delle due stelle, e quello del sistema binario in cui era stato portato, ma la natura umana, caparbia e ormai radicata in lui, scacciò quell'affioramento. Poi sentì sulla pelle un alito di vento. Portava un odore secco, polveroso.
Rientrò nella struttura, il varco si richiuse alle sue spalle. Subì una lotta interna, mentre riprendeva ad andare. Due nature in guerra gli sconquassavano la mente.
Poi scoprì di essersi fermato di nuovo. Presso una concavità. Scoprì anche che stava tremando, ma non gli riusciva di capire perché. La porta non si apriva. Perché lui non desiderava che si aprisse. Solo di ciò era consapevole. Ma un'altra entità, un altro «Gianni», nella lotta senza esclusione di colpi ebbe una breve vittoria, un attimo di avanzata nella conquista del territorio, e il varco si creò. Oltre c'era una stanza, non troppo grande, e apparentemente vuota di mobilia.
Quando vi entrò, notò su una parete una sorta di nicchia, con un oggetto rotondeggiante adagiato sul ripiano. I suoi occhi persero il fuoco. Senza volontà cosciente, un passo dopo l'altro si avvicinò alla nicchia. E poi capì.
La testa di Maria, bella come la ricordava, coi capelli corti alla maschietta, gli occhi neri e la pelle bianca, era lì, adagiata su un lato, su un orecchio cioè, pulita, sembrava viva.
Sembrava? Maria, quella sua porzione, almeno, lo fissava... era viva. Gli sorrise.
Gianni ebbe un mancamento, le ginocchia non lo tennero più, si accasciò, incapace però di scollare gli occhi da quella visione orribile.
Maria aprì la bocca, emise un vago suono. «Scusa», disse. «Non. Ce. L'ho. Fatta.» continuò, ogni parola separata dalle altre, perché non avendo polmoni doveva alimentare le corde vocali con colpi di lingua. «Ricordavo. Tutto. Tu. Avevi. Dimenticato. Sembravi. Umano. Avevi. Assunto. le. Loro usanze. Persino. Modificato. Inconsapevolmente. Il. Tuo. Corpo. Ma. Io. No. Non. Volevo. Stare. Con. Te. Non. Potevo. Ho. Pensato. Sperato. Che. Mi. Graziassero. E. Sono. Torna. Ma. Non. Volevo. Tradirti. Mio. Principe. Invece. Mi. Hanno. Imbrogliata. Ti. Ho. Tradito. Parzialmente. E. Mi. Hanno. Lo. Stesso. Smembrata. Ora. Devo. Ricrescere. E. Soffrire. Per. L'assenza. Del. Mio. Corpo. Vegetale.»
Gianni svenne del tutto. Poco dopo si riebbe, quando una voce familiare, bassa e spezzata, penetrò nella sua coscienza umana, come una beffa, come uno scherzo, o una condanna. Disse solo: «Oh. Gianni. Svegliati.»
 
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view post Posted on 31/7/2020, 21:29
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PARIA

La capsula pneumatica si aprì con un sibilo rilasciando nell'aria un lieve sbuffo di ozono. L'uomo al suo interno sbatté le palpebre e la sua vista si abituò a poco a poco alla luce.
Nella stanza c'era il tipico odore di disinfettante e sudore degli ospedali. Per quanto si cercasse di mascherarlo, un aroma viscido di sofferenza permeava sempre quelle sale asettiche. La procedura di rinascita, o per meglio dire di ricomposizione cellulare, era andata a buon fine ancora una volta. Si passò una mano lungo il cranio rasato per scacciare via il tipico mal di testa che sopraggiungeva ogni volta che tornava in vita. Dopo pochi minuti, si puntellò sui palmi delle mani e con molta cautela si issò a sedere. Aveva qualcosa di importante da fare e non era il tipo da rimanere con le mani in mano.
Fuoriuscì con cautela dalla capsula poggiando i piedi a terra uno alla volta. Era nudo, salvo per il camice ospedaliero. Istintivamente si coprì le parti intime con le mani nell'eventualità ci fosse qualcun'altro lì presente.
Si guardò attorno per cercare di orientarsi. Il suo sguardo si posò sullo specchio appeso alla parete. Riconobbe il suo volto emaciato segnato dal passare del tempo, l'eterno dondolio della sua testa. Sorrise a sé stesso mostrando una fila di denti radi e storti. Non c'era nessuno. Se lo aspettava.
Uscì dalla stanza cercando qualcuno che lavorasse lì perché gli desse istruzioni. Dopo pochi minuti, raggiunse una porta aperta in fondo al corridoio. All'interno vi era una piccola sala ristoro per il personale. Un'infermiera sorseggiava da sola del caffè in polvere.
Entrò e cercò di salutare la donna, ma dalla sua bocca fuoriuscirono solo dei versi gutturali. Non era mai stato bravo a parlare con gli sconosciuti.
L'infermiera si girò quasi di soprassalto sentendo quel rumore disarticolato, ma quando vide di chi si trattava riacquistò la calma.
- Ah, sei tu. - disse con malcelato disinteresse.
Dandogli le spalle, buttò giù alla goccia quanto rimaneva nel bicchierino e rispose alla domanda che sapeva aveva in serbo per lei.
- Allo stadio. Devi andare allo stadio. Ripeti.
- Allo sch- Allo sta-tadio.
- Sì, il Punto di Raccolta stavolta è allo stadio. Basta uscire dalla struttura e andare sempre dritti. È enorme non puoi sbagliarti. E sbrigati.
L'uomo le sorrise, anche se sapeva che essendo girata di schiena non poteva vederlo. Era bello incontrare qualcuno abbastanza gentile da rivolgergli la parola, pensò. Riattraversò tutto il corridoio e raggiunse le scale. Le scese di buona lena con rinnovata sicurezza. Ora sapeva dove doveva andare affinché potessero ucciderlo ancora.

C'era una volta la fantascienza. Per oltre un secolo, l'umanità si dilettò nel fantasticare su un ipotetico incontro con altre razze, in particolare con quelle ostili. Nessuna di quelle previsioni si avverò, non del tutto almeno. Non ci furono grandi battaglie, eroi caduti gloriosamente sul campo di battaglia o sacche di resistenza come nei film. Tutto si concluse nel giro di un'ora.
I Signori delle Stelle prepararono con estrema pazienza e meticolosità il loro attacco. Il cielo di tutto il mondo si illuminò di una spettrale luce bianca e prima ancora che l'umanità sospettasse anche solo della loro esistenza, tutto si era già concluso.
La disfatta fu totale e il prezzo fu altissimo, i nuovi padroni non perdevano occasione per rimarcare la propria egemonia.
Quando si credette che non potessero inventarsi niente di peggio, i signori dello spazio pretenderono che venissero fatti loro dei sacrifici umani come per le divinità dei tempi antichi.
Ci furono accesi dibattiti sul metro di giudizio da usare per scegliere l'obolo. C'era chi sosteneva dovesse appartenere a una certa categoria piuttosto che a un'altra e chi credeva invece dovesse scegliere il caso. Si arrivò quasi al conflitto armato, finché non venne trovata una soluzione che accontentò tutti o quasi.
Grazie all'ausilio della tecnologia, era divenuto possibile riportare in vita un essere umano, malgrado il nuovo corpo non riuscisse a durare che qualche anno al massimo. Questo diede l'idea che non fosse necessario scegliere una persona nuova ogni volta, bensì una soltanto e riportarla in vita ogni qualvolta bisognasse soddisfare la sete di sangue dei padroni alieni. Lo scegliere un'unica persona da immolare sembrò molto più umano.
E tra tutti i miliardi di abitanti della Terra venne scelto proprio lui. Anziano, senza famiglia, nullatenente e affetto da varie disabilità, era il candidato perfetto.
Ci fu un coro di proteste, ma in linea di massima i più erano d'accordo che quell'uomo fosse il sacrificio affinché l'intera umanità potesse sopravvivere.

Camminava a piedi nudi sull'asfalto. Avrebbe voluto chiedere almeno un paio di scarpe, ma sapeva gli sarebbero state negate. Si sarebbero rovinate o sporcate. Lungo il tragitto incrociò diverse persone. I più giovani come era comprensibile non lo riconobbero, ma alla vista di un vecchio vestito solo di un camice ospedaliero molti si girarono nella sua direzione. Gli altri che capirono chi fosse si limitarono a ignorarlo. Cercò di non badare alle risa di scherno e proseguì dritto.
Il cancello era stato lasciato aperto. All'ingresso vi erano un paio di guardie che parlottavano tra loro messe lì per evitare che qualcun'altro entrasse o interferisse in qualche modo. Una di loro fece segno con il pollice a indicare la direzione da seguire e riprese la conversazione con il collega.
Lo stadio gli riportò alla mente le prime volte in cui venne ucciso. Era lì che avveniva di solito. Si ricordava che all'epoca ad assistere all'esecuzione c'erano letteralmente migliaia di persone munite di striscioni e cartelli, che gridavano il suo nome, che lo ringraziavano per aver salvato i loro figli. I suoi passi rieccheggiarono sordi nelle tribune vuote.
Non ci furono troppi convenevoli: raggiunse la pedana nel bel mezzo del campo da calcio e vi si sdraiò, ormai la procedura gli era ben nota.
I suoi boia erano lì ad attenderlo, con i loro abiti bianchi e la testa molliccia. Dopo tanti anni aveva avuto modo di conoscerli quei dottorini grigi, come li chiamava lui.
Non erano affatto creature sanguinarie o sadiche. Tutt'altro. Le loro imposizioni non avevano alcun scopo pratico se non fiaccare lo spirito degli occupati. In tutti quegli anni aveva formulato una teoria, cioé che quel sacrificio rituale avesse qualcosa a che fare con la desensibilizzazione dalla morte dei propri simili o qualcosa del genere, ma non lo sapeva dire con sicurezza.

La macchina di morte, grande quasi i due terzi dell'impianto sportivo, svettava sospesa in aria come un enorme pupilla di metallo. Dal groviglio meccanico fuoriuscì un cilindro cavo che puntò dritto verso di lui. Ci fu un sibilo e poi dal tubo cominciò a fuoriuscire una luminescenza bianco fosforo.
Nel momento in cui vide propagarsi il raggio di luce, capì. Questa volta non si sarebbero limitati a maciullarlo o sventrarlo. Erano passati trent'anni esatti dal giorno dell'invasione. Per i dottorini gli anniversari e le ricorrenze non avevano alcun significato, ma per gli umani sì. Questa volta lo avrebbero terminato usando la stessa luce bianca di tanti anni prima.
Sentì come se il proprio corpo venisse masticato da migliaia di formiche. Mentre stava per andarsene, un guizzo di intuizione passò nella sua mente.
Per rigenerare un corpo era necessario avere del materiale di partenza. Ma quella loro arma polverizzava chiunque ne venisse in contatto, non lasciava tracce.
Per la prima volta dopo anni sentì una sensazione strana, forse, si disse, poteva permettersi di sperare ancora in qualcosa.
"Forse... Forse questa sarà l'ultima", pensò.
Le lacrime ebbero appena il tempo di scendere lungo le guance che evaporarono insieme al suo corpo. Nel momento esatto in cui non fu più, si lasciò scappare un sorriso.

La capsula pneumatica si aprì con un sibilo rilasciando nell'aria un lieve sbuffo di ozono. L'uomo al suo interno sbatté le palpebre e la sua vista si abituò a poco a poco alla luce.
 
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view post Posted on 1/8/2020, 22:50
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Custode di Ryelh
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CITAZIONE (Gargaros @ 1/8/2020, 00:02) 
togliere

Cos'è successo?

Ad ogni modo, STOOOOOOOOP1 Finisce ufficialmente la fase della presentazione dei racconti e comincia quella dei commenti!

Buon lavoro!!
 
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view post Posted on 2/8/2020, 01:40
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CITAZIONE (White Pretorian 2.0 @ 1/8/2020, 23:50) 
CITAZIONE (Gargaros @ 1/8/2020, 00:02) 
togliere

Cos'è successo?

Niente, avevo dato il benvenuto a Citi, ma poi ho scoperto che aveva aperto un topic di presentazioe e ho spostato lì il messaggio.


EDIT
Lol, perché hon ho cancellato io il messaggio vuoto visto che si può fare? Me n'ero shcurdat...
 
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view post Posted on 2/8/2020, 17:36

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Buona sera, ecco i miei commenti e relativa classifica:

RINASCITA di Aslan90 Tema centrato e bel racconto, ben strutturato. Enrico nasconde una doppia identità: mite magazziniere di supermercato, succube della compagna Elsa sales manager, è anche l’assassino stupratore di Lorenza, scomparsa tre anni prima e cercata inutilmente dai genitori anche tramite la T.V. e commette lo stesso reato anche con la timida Rebecca, sua collega nel supermercato. La sua rinascita si manifesta a tratti nel sesso estremo (vedi la descrizione dei gusti di Elsa, dal lato masochista) ma si scatena a piena potenza quando lei lo sorprende con gli abiti sporchi di fango ed erba al ritorno del viaggio di lavoro (morale? Mai fidarsi degli speed date) il destino che la attende di lì a poco si vede attraverso gli occhi di lui. Per me, un buon racconto.

Attento:
nel lavastoviglie (nella)
«Io quasi» lei sbuffò (lui)
Al refuso: diciasettenne (diciassettenne)

CIMITERO DIGITALE di Nazareno Marzetti La storia mi è piaciuta molto. Trovo che il Tema sia centrato in modo originale. Le Intelligenze Artificiali sono diventate sempre più simili agli esseri umani e con diritti giuridici (CPU muore e può fare testamento. Ha anche tanto di funerale cantato). Peccato per Alpha, che credeva di prenderne il posto (aiutato da Zae, arrivata a usare le autorità come scudi umani, manipolata da lui: apparato informatico della ditta concorrente, non rassegnato all’idea di dover morire). Ma lo stesso problema tocca anche Dexter e Charlie (anche loro soggetti a obsolescenza e quindi morte. Ma Charlie promette a Dexter che rinascerà…ha già salvato i propri dati in modo da trasmetterli alla sua nuova versione. Non sarà più lui, ma ne conserverà traccia). Trovo affascinante questo mondo di Intelligenze Artificiali, che si manifestano sotto forma di avatar (da elfo e da folletto). E che hanno un quotidiano (vedi la scena dell’asteroide dove c’è la miniera e loro alle prese con lavori di manutenzione). Belle le scene di azione, con Alpha che cerca di difendere se stesso dagli avatar.

Attento a:
l’uso del nome della ragazza. Io direi che Kimberly Valias sia meglio usarlo nella presentazione per poi passare a Kim, questo per non disorientare il Lettore Frettoloso.
«Io non ho niente da spartire con quello la!» (là)
«Credo di si» (si)
«Tuta sigllata» (sigillata)
Al refuso: tocchiera (toccherà)



OH, GIANNI SVEGLIATI! di Gargaros Racconto di un quotidiano alla Buzzati che arriva a toccare la space-opera con una certa originalità (mi è sembrato di rivivere le atmosfere degli “Urania” fine Anni Settanta). Il Nostro è un sessantenne solitario che lavora, prende il tram e vive nel ricordo di Maria, la quale gli si manifesta sotto forma di voce che lo invita a svegliarsi al mattino. Ma il Perturbante gli rovina la malinconica esistenza sotto forma di due pedinatori, rivelatisi gli inviati di un regno alieno incaricati di riportarlo a casa e alle funzioni di principe ereditario, dalle quali lo ha distolto un’ancella molto convincente. Il tema è centrato (è l’ancella Maria a dover rinascere, ridotta a testa parlante priva di corpo come castigo per averlo rapito e portato sulla Terra). Il finale ci sta (potrebbe essere stato un sogno indotto da troppi straordinari). Ma farei attenzione al collega: il fatto che lui ricordi che Maria è scomparsa è un’informazione pericolosa. O la togli o puoi mettere che Gianni gli chiede aiuto…e il collega potrebbe essere parte del complotto per riportarlo sul pianeta. Belle le descrizioni di Hufhuhuea.



Attento:
Al pensiero di Gianni che va da: Ho una certa età… a … un bicchiere di vino, sì.
Andrebbe messo in corsivo (a uso del Lettore Esigente)
Infine e un caffè (via la e)
Non l’anno mai ritrovata (Non l’hanno)
La frase: uffici e corridoi silenziosi e spenti (dalle luci spente)
La parola: deja-vu (déjà-vu)
La parola: mezzogiorno (Mezzogiorno)
Al refuso: i pasi (passi)

PARIA di Citizien Bellissima storia. Una SF degna di Simak. Questo perché la storia scorre nitida. L’invasione avviene in modo indolore (luce bianca) e i tiranni hanno poche pretese (far morire e rinascere un uomo, sempre lo stesso, perché miliardi di altri possano vivere, forse per esorcizzare le loro paure della morte). Il tema è centrato in pieno. Il Nostro, infatti, è senza pace, anche nella scena finale (i dottori alieni hanno usato la luce bianca, illudendolo della pace eterna. Macché. Si ricomincia dalla capsula di partenza di inizio storia). Il protagonista si fa amare (è un reietto della società, ma ha una sua dignità e ricorda le sue morti precedenti e affronta anche questa).

Attenzione:
coprirsi le parti intime (ma non ha il camice?)
buttò giù alla goccia (la goccia)
Concordanza nomi invasori: scegli o Signori delle Stelle o signori dello spazio (anche se andrebbe bene maiuscolo)

La mia classifica è soffertissima, siete tutti da podio:

CIMITERO DIGITALE di Nazareno Marzetti
PARIA di Citizien
RINASCITA di Aslan90
OH, GIANNI SVEGLIATI! di Gargaros
 
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view post Posted on 6/8/2020, 07:27
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RINASCITA
di alsan90

Enrico conduce una banale vita di compagno zerbino, sottomesso da una donna “tedesca” e prevaricatrice, salvo nei rapporti sessuali dove è lei a voler fare la vittima. Ma qualcosa manca. Poi un servizio in TV sembra risvegliare qualcosa, nel protagonista, un istinto, una pulsione. Ritorna il sadico che gode dal dolore altrui, e l'assassino. La “rinascita” del tema è tutta in negativo, in quanto gli ultimi passaggi suggeriscono (e qui ti faccio i complimenti per il senso della misura avuto) che Enrico si sia scollato dalla vita precedente, mezza nera e mezza bianca, e che ora abbracci solo il nero. Per la sadomasa Elsa cominciano brutti tempi, ma per sua fortuna dureranno poco: giusto una notte.

La storia è semplice, tutto sommato gradevole, ma la scrittura non funziona del tutto, un po' per lo stile “scolastico”, e un po' perché pur nella sua brevità ha delle belle magagne, qualcuna nella gestioni dei punti di vista e dei soggetti... Ma è meglio se ne parliamo nelle...


Note:

CITAZIONE
«Sono pronta» disse Elsa sbucando fuori dal bagno nel suo nuovo tailleur viola.
«Io quasi», lei sbuffò.
«Aspetti sempre all’ultimo a prepararti e poi sono io quella che ci rimette. Ho il volo fra sole due ore e il taxi sta già aspettando da cinque minuti. Perché le mie valigie sono ancora qui?» chiese indicando il trolley fucsia e la borsa nera vicino alla porta d’ingresso.

La frase che ho arrossato non può dirla altri che Elsa. Perché? Perché se la colleghi al fatto che lei sbuffa, il soggetto diventa lei: è lei che parla, e poi sbuffa. Anche malgrado sia lei ad aprire il discorso e tu vada a capo rigo automaticamente cambiando parlante, siamo di fronte a un errore. Un errore che può confondere i lettori.

Come correggere? Separando soggetti e azioni e mettendoli nel posto giusto:

«Sono pronta» disse Elsa sbucando fuori dal bagno nel suo nuovo tailleur viola.
«Io quasi».
Lei sbuffò. «Aspetti sempre all’ultimo a prepararti e poi sono io quella che ci rimette. Ho il volo fra sole due ore e il taxi sta già aspettando da cinque minuti. Perché le mie valigie sono ancora qui?» chiese indicando il trolley fucsia e la borsa nera vicino alla porta d’ingresso.


CITAZIONE
«Scusa tesoro, ci ho messo troppo a preparare colazione.

Serve una virgola: i vocativi (come le interiezioni, le esclamazioni, ecc.) vanno separati sempre da virgole.

CITAZIONE
Elsa si mise le mani sui fianchi senza smettere di fissare Enrico che si precipitò verso le valigie e corse giù in strada a caricarle di persona sul taxi. Sapeva che lei non voleva che la sua roba la toccassero altri.

Elsa quindi segue Enrico? Deve essere così, sennò come fa a seguirlo con lo sguardo anche fuori? Peccato che...

Aveva richiuso il bagagliaio quando le porte dell’ascensore si aprirono ed Elsa uscì dirigendosi verso di lui.

E quindi c'è un errore. E l'errore è che dal soggetto Elsa passi al soggetto Enrico pur mantenendo la stessa frase. Il che non è un errore, ma dovresti scrivere meglio, perché il lettore ne esce confuso, perché la frase indica che Elsa non scolla gli occhi da dosso a Enrico per tutto il percorso, e che quindi lei non può uscire l'attimo dopo dall'ascensore (è contraddittorio con quanto detto prima).

CITAZIONE
«Buon viaggio amore, non vedo l’ora che torni.»

Anche qui, virgola.

CITAZIONE
Elsa rispose con un movimento della mano simile a quello che avrebbe usato per scacciare una mosca. Enrico chiuse la porta e il taxi si mise in moto. Riguardò l’ora, sarebbe arrivato di sicuro in ritardo.

Alle nove meno cinque, Enrico rientrò a casa.

Ti consiglio di usare la numerazione continua, quindi dire che sono le 21. Perché? Perché veniamo da un brano che si svolge di mattina presto, perché non sappiamo che lavoro faccia Enrico, perché potremmo aver dimenticato che Elsa entra in taxi più o meno dopo le 8, e quindi con quel "erano le nove" potremmo essere confusi e pensare che magari Enrico entra in casa poco dopo che sia partita Elsa, o dopo che ha svolto un lavoro flash...

CITAZIONE
Il signor Ricolfi, non aveva il gradito il ritardo del mattino.

La virgola va tolta senza se e senza ma. Togliere anche quel IL doppio.

CITAZIONE
Si fermò a un semaforo e voltandosi alla sua destra, notò una ragazza sotto una pensilina degli autobus che lo salutava sorridendo.

Attenzione alle incisive. Qui la virgola o la togli, perché collega male le due proposizioni, o apri l'inciso come dio comanda:

Si fermò a un semaforo e, voltandosi alla sua destra, notò una ragazza sotto una pensilina degli autobus che lo salutava sorridendo.

CITAZIONE
Era Rebecca la nuova giovane cassiera assunta con un contratto di apprendistato.

Serve una virgola. Se non la metti significa che era Rebecca la nuova cassiera in mezzo a una rosa di possibili scelte.

CITAZIONE
«In corso Marche, però aspetto il bus non ti preoccupare.»

Virgola.

CITAZIONE
«Dai salta su» disse mentre si allungava e apriva la portiera del lato passeggero.

Virgola.

CITAZIONE
Il profumo di vaniglia che emanavano i suoi capelli neri, accarezzò il naso di Enrico.

Virgola da togliere. Ocio a quelle che si mettono in mezzo tra soggetti e verbi...

CITAZIONE
Lei doveva soffrire e anche se si sforzava di farglielo credere, lui, sotto sotto sapeva che fingeva.

Serve una virgola.

SENZA TITOLO
di shanda06

Racconto carino, delicato e umano. Diciamo che è scritto anche benino, anche se come tuo solito a volte “diluvi” in informazioni, senza freno, rendendo la comprensione ostica. Ma in questo caso il fenomeno è meno intenso rispetto al passato. Ora che lo Skanna concede un mese per la stesura, dovresti approfittarne per far decantare la storia qualche giorno e poi rileggerla. In questo modo dovresti notare i passaggi troppo bruschi e correggere prima di pubblicare.


Ma vengo alle note:

CITAZIONE
Prende in braccio la bambola, alta un metro e ne sente la consistenza di gommapiuma

Serve una virgola per chiudere l'inciso.

CITAZIONE
Non sa cosa pensare: quando l’ha sollevata ne ha sentita la leggerezza, quindi, è da escludere che la nonna abbia creato un mini automa.

E questa andrebbe tolta.

CITAZIONE
Il primo foglio della cartellina è il progetto di Fiorilla, il secondo è una foto di classe nella quale la bambina in piedi da destra la fa sobbalzare.

Per me i problemi di comprensione sono cominciati qui: fa sobbalzare chi?

CITAZIONE
L’immagine è a colori, per quanto un po’ sbiaditi ed Eleonora avvampa

Anche qui, virgola per chiudere l'inciso.

CITAZIONE
Nell’ultima cartella c’è anche un catalogo con le novità dell’autunno che sta per arrivare: «E ora che ne sarà?»
Lo sguardo di Eleonora si alza umido di lacrime: «Per me è uno spreco, se tutto andrà perso dopo la morte della nonna.»

I due punti sono molto forzati, Sha: il narrato non introduce i discorsi diretti. Più avanti ripeterai l'errore (perché di errore si tratta, di tipo “sintattico”).

CITAZIONE
La bambola le rivolge uno sguardo spaventato: «Mi fai paura. E non dovresti odiare quella poveretta?»

Il punto di domanda va sostituito con un esclamativo.

CITAZIONE
La mia posizione in casa editrice è molto debole, da quel punto di vista di lì.

Futile, togliere.

CIMITERO DIGITALE
di Nazareno Marzetti

Racconto veloce e godereccio, se non che va troppo spedito e non si concede nessuna ripetizione per rinfrescare la memoria nel lettore. Tanto che alla fine, alla confessione del folletto, mi sono chiesto: “Cu minchia ié Astrox?”. Questo è un problema, almeno nel mio caso, perché avendo dimenticato nomi e riferimenti importanti non mi riesce di collegare i punti e scoprire che la trama c'è ed è solida; serve che vada a rileggere tutto, ma nessuna storia dovrebbe mettere i lettori nella necessità di fare una ripassata. Nessuna storia fatta per divertire, almeno.

Comunque, 'sto racconto l'hai già pubblicato in passato. Non ricordo se in USAM o sempre nello Skanna...


Venendo alle note:

CITAZIONE
L’ufficio di CPU era innaturalmente silenzioso. Le altre volte che si era collegato vi era un rumore di sottofondo

Direi subito il soggetto.

CITAZIONE
Dexter si guardò intorno. Nella stanza, oltre a lui, c’era il suo amico Charlie, Sierra, Alpha, Wiskey e altri cinque avatar che non aveva mai visto.

Scollegherei il suo amico dal resto dell'elenco, per una faccenda di ordine e comprensione. Chessò, così:

Dexter si guardò intorno. Nella stanza, oltre a lui e al suo amico Charlie, c’erano anche Sierra, Alpha, Wiskey e altri cinque avatar che non aveva mai visto.

CITAZIONE
Pareva raccogliere i pensieri, ma più probabilmente stava gestendo qualche progesso che richiedeva molta della sua capacità di calcolo.

Refuso.

CITAZIONE
«Cosa?» sbottò Dex.
[...]
«Ma…» provò a dire Dexter

L'abbreviato lo usi solo qui, e stona parecchio.

CITAZIONE
«Sig. Largan» lo interruppe.

Ma non stona quanto questo “sig.”... Se i personaggi “parlano” meglio usare le parole per esteso.

CITAZIONE
Poi riprese «Come ben sapete, attualmente l’unica officina che produce ancora i processori Ax-1M è su questa stazione mineraria

Servono i due punti.

CITAZIONE
Calò un silenzio pesante.
«Ho quindi deciso di lasciare in eredità tutti i miei possedimenti alla qui presente Zae.» Indica una folletta dall’aspetto molto ricercato. Dexter non l’aveva mai vista prima. «Ma affinché le mie volontà testamentali possano essere eseguite, è necessario un atto di morte. Io mi disattiverò definitivamente e ci sarà un funerale con tanto di regolare sepoltura, in modo che possa essere stipulato tale atto.»
«Tutto ciò è così assurdo…» commenta Alpha.
«Vero. Per questo è importante che tutto fili liscio senza intoppi. Voi siete i digitali e gli umani di cui mi fido di più. Zae vi coordinerà. Seguite i suoi ordini come se venissero direttamente da me.»
Ci fu un mormorio di assenso.

Alterni remoto a presente senza un motivo tecnico preciso :1392239553.gif:

CITAZIONE
«Bene. Anche io devo prepararmi per il funerale, grazie a tutti.»

Meglio usare un punto. Con la virgola può significare anche che è grazie a tutti se deve pensare al funerale...

CITAZIONE
Dexter annuì. Non aveva voglia di parlare
Il barista non insistette, alzando invece il volume del notiziario.

Manca un segno di chiusura alla prima riga.

CITAZIONE
Il gruppo di minatori sbottò in una fragorosa risata. Dexter cercava di ignorare quello che dicevano ma uno di loro si rivolse direttamente a lui.

Serve una virgola, per le avversative.

CITAZIONE
«Sì è un digitalista. Ehi, parteciperai anche tu al funerale?»

Serve una virgola.

CITAZIONE
«Dexter» gli consigliò il barista. «Non fare stronzate»

Manca un segno di chiusura.

CITAZIONE
«Appena più a destra» suggerì Charlie, guidando il ragazzo. «Ecco così. Ora mi raccomando dev’essere sigillato.»

Anche qui, virgole. Ho qualche dubbio nel primo, però.

CITAZIONE
«Sì, sì. Ma ci spiegherai qual’è lo scopo?» gli chiese il ragazzo.

Meglio senza apostrofo.

CITAZIONE
«Anche CPU faceva sempre così. Ha in mente quello che c’è da fare ma si dimentica a spiegarlo a chi lo deve eseguire.»

Virgola.

CITAZIONE
«Senti, Charlie» esordì Kimberly «Tu sai come mai c’è bisogno di … be’, lo sai no?»

Mettere la minuscola, togliere lo spazio e mettere una virgola.

CITAZIONE
«Lo so però… »

Virgola.

CITAZIONE
Ogni volta sono diversi. Guarda Charlie e Wiskey: sono lo stesso codice eppure…»

Virgola anche qui.

A meno che non intendi “Eppure sono lo stesso codice.” ma non dovresti mettere i puntini, perché sembra che “eppure” introduca una proposizione avversativa...

Esempio:

Ogni volta sono diversi. Guarda Charlie e Wiskey: a vederli non lo diresti, eppure sono lo stesso codice…»

CITAZIONE
«Io non ho niente a spartire con quello la!» sbottò Wiskey

Accentare. Inoltre manca un segno di chiusura.

CITAZIONE
«Capisco, ma non basta… che so, trasferirli su un nuovo processore.»

È una domanda, come tale serve il punto apposito.

CITAZIONE
Kimberly restò muta per un istante, fissando prima Charlie e poi Wiskey, realizzando per la prima volta quello che aveva appena detto Dexter.

Ma... veramente la “ciccia” penso che l'abbia detta Charlie :1392239553.gif:

«I folletti digitali non sono programmi come gli altri» spiegò brevemente Dexter. «Non basta copiarli e ricominciano da dove avevano lasciato. Ogni volta sono diversi. Guarda Charlie e Wiskey: sono lo stesso codice eppure…»
«Io non ho niente a spartire con quello la!» sbottò Wiskey
«Capisco, ma non basta… che so, trasferirli su un nuovo processore.»
«È quello che CPU ha fatto» rispose Charlie. «Per questo è nata Zae.»


CITAZIONE
Dexter annuì, ma non trovo altro da aggiungere.

Accentare.

CITAZIONE
«Lo capisco però… Insomma… dopo la morte… dove andrai?»

Virgola.

CITAZIONE
«Credo di si» rispose Dexter sbadigliando. «Charlie, lista check?»

Accentare.

CITAZIONE
«Ti aiutiamo» si propose Kimberly «Se ci affrettiamo non perdiamo l’inizio della cerimonia.»

O metti un punto o metti una minuscola (tanto le due parti del discorso si legano in una sola frase.

CITAZIONE
«Grazie Kim, ma…»

Virgola.

CITAZIONE
vicino a Zae e altri tecnici che lavoravano su una consolle apporntata per l’occasione solo poche ore prima.

Refuso.

CITAZIONE
Ho scelto questo giorno perché oggi sono passati esattamente due giga secondi da quando ho preso coscienza di me.

In termini umani quanto tempo sarebbe?

CITAZIONE
Il digitale resto in un lungo silenzio, poi riprese.

Accentare.

CITAZIONE
L’eco di quelle parole non avveva ancora finito di assestarsi nei cuori dei due ragazzi che una esplosione scosse la stazione

Refuso. E manca un segno di chiusura.

CITAZIONE
«Dobbiamo andare in esterna?» chiese il ragazzo, affrettandosi a infilarsi nella tuta spaziale. Un altro colpo gli gece perdere l’equilibrio.

Refuso.

CITAZIONE
«No. In questo momento tutti i biologici sono nel giardino, tranne voi.» rispose Charlie

Togliere il punto.

CITAZIONE
«Tuta sigllata» risposero in coro i due folletti olografici.
«Qualcuno sta deviando l’energia alle corrazze polarizzate.»

Refusi.

CITAZIONE
Sarebbe stato facile dare il colpo di grazia a quell’inferno, ma quella era stata per lungo tempo la dimora di CPU, aveva un timore reverenziale davanti a quel luogo disastrato.

Userei un altro segno, magari il punto e virgola, visto che, fra le altre, ha anche una funzione “spiegativa”, più sottile dei due punti.

CITAZIONE
Dexter prese di mira l’armadietto sulla destra. Parte logistica e di comunicazioni, pensò, e iniziò dalla prima serie di cavetti. Li staccava uno a uno, lasciandoli cadere a terra

Meglio a uno a uno

CITAZIONE
Si infilariono in pertugi che giusto un braccio umano poteva esplorare

Refuso.

CITAZIONE
L’aria gelida scivolò nel corridoio con un sibilo e i due folletti non ebbero più niente in cui volare. Kimberly prese Charlie si avvicinò.

Mettere una E congiuntiva o una virgola.

CITAZIONE
«Voi non capite! Bravo si è rotto da poco e… Presto tocchiera a me. Non voglio morire!»
Nella stanza calò il silenzio. Dexter e Kimberly si scambiarno uno sguardo

Refusi.

CITAZIONE
Il ragazzo porse la mano affinché il folletto potesse appoggiarsi. «Lui è il primo giusto?»
Charlie annuì.

Virgola.

PARIA
di Citizen~

Ho un forte senso di dejavu... Non è che lo pubblicasti già da qualche parte? Comunque, storiella gradevole, ma non ho apprezzato il lungo spiegone/riassunto verso la metà. Fossi in te farei ripercorrere la storia dal protagonista stesso, che ricorda questo e quello. Non capisco poi il finale: se serve materia organica per la clonazione, come fanno a clonare lo stesso immolante? O si tratta di un altro personaggio? Comunque, è gradevole, circolare e a modo suo inquietante. La scrittura generalmente discreta.


Note:

CITAZIONE
Istintivamente si coprì le parti intime con le mani nell'eventualità ci fosse qualcun'altro lì presente.

Meglio qualcun altro, senza apostrofo. Ocio che lo ripeti più avanti.

CITAZIONE
Il suo sguardo si posò sullo specchio appeso alla parete. Riconobbe il suo volto emaciato segnato dal passare del tempo, l'eterno dondolio della sua testa.

Ocio alle ripetizioni, specie dei possessivi. Meglio evitare.

CITAZIONE
L'infermiera si girò quasi di soprassalto sentendo quel rumore disarticolato, ma quando vide di chi si trattava riacquistò la calma.
- Ah, sei tu. - disse con malcelato disinteresse.

Il punto va tolto.

CITAZIONE
- Sì, il Punto di Raccolta stavolta è allo stadio. Basta uscire dalla struttura e andare sempre dritti. È enorme non puoi sbagliarti.

Serve una virgola.

CITAZIONE
Quando si credette che non potessero inventarsi niente di peggio, i signori dello spazio pretenderono che venissero fatti loro dei sacrifici umani

Meglio pretesero.

CITAZIONE
Lo stadio gli riportò alla mente le prime volte in cui venne ucciso.

Meglio era stato ucciso, così il lettore vede il salto temporale all'indietro. Non mettere ogni evento su uno stesso piano...

CITAZIONE
Dopo tanti anni aveva avuto modo di conoscerli quei dottorini grigi, come li chiamava lui.

Serve una virgola. Oppure togli li da conoscerli e sostituiscilo con e:

Dopo tanti anni aveva avuto modo di conoscere quei dottorini grigi, come li chiamava lui.

CITAZIONE
Le loro imposizioni non avevano alcun scopo pratico se non fiaccare lo spirito degli occupati.

Forse meglio alcuno scopo...

CITAZIONE
In tutti quegli anni aveva formulato una teoria, cioé che quel sacrificio rituale avesse qualcosa a che fare con la desensibilizzazione

Serve l'altro accento.




La mia classifica:



1) SENZA TITOLO di shanda06
2) PARIA di Citizen~
3) CIMITERO DIGITALE di Nazareno Marzetti
4) RINASCITA di alsan90



Ci sarebbero dei parimerito, ma vabbé...
 
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view post Posted on 6/8/2020, 08:19
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Comunque, 'sto racconto l'hai già pubblicato in passato. Non ricordo se in USAM o sempre nello Skanna...

Effettivamente è un racconto che avevo da qualche parte, la cosa strana è che prima di rimaneggiarlo l'ho cercato sia qui che su altri blog che seguivo ma non l'ho trovato e ho pensato fosse solo un incompiuto.
 
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44 replies since 30/6/2020, 20:54   949 views
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