| Dispositivo cerebrale mobile di truemet
Apro l’occhio destro. È dolorante. La palpebra si apre e chiude a scatti. Una puzza di marcio mi invade le narici e mi da la nausea. Sono steso a terra in mezzo all’immondizia. Mi sollevo, e una fitta alla schiena mi avvisa che non sta bene. Ho la mano unta, o almeno spero. E l’altra mano è… bionica! Alzo la manica della giacca. Tutto il braccio lo è. È stato… in guerra? No, l’incidente… Sull’altra mano ho una ferita sul palmo, è ancora viva, il sangue sta colando sul polso. Dall’occhio sinistro non vedo nulla. Avvicino la mano umana e tocco con delicatezza. È freddo e duro come un pezzo di vetro. Picchetto un paio di volte. Ho un occhio finto! Perché non mi ricordo niente? Cammino scavalcando sacchi dell’immondizia e rifiuti alla rinfusa. Sulla coscia sinistra ho un laccio cosciale con una fondina vuota. Vediamo cosa c'è nelle tasche: un pacchetto di fazzoletti, una piccola custodia di un apparecchio elettronico, vuota, e uno scontrino del bar Neuromante, delle sei e trentadue del 15/07/2121. Che giorno è oggi? Non ne ho idea. Una signora di mezza età cammina verso di me. Mi avvicino. «Salve, signora. Sa dirmi che giorno è oggi?» Mi sorride e annuisce. «Mercoledì 15 luglio.» Mi squadra da testa a piedi. «Ma, dico, si sente bene, signore?» «A dire il vero no. Mi sa indicare la stazione di polizia più vicina?» La mano della signora scatta sul petto. «Oddio! È stato rapinato?» Le mostro la ferita sul palmo. «Sì, ma non sono stato hackerato...» «Santo Cielo. Dovrebbe andare in ospedale, non alla polizia. Mi permetta di chiamarle un taxi.» Attiva il DCM e un fascio di luce proietta sopra la sua mano il desktop cerebrale. «Chiama ta—» «No. Grazie ma non potrei pagare.» Le sue labbra si rovesciano, scendendo verso il basso. «Ah… il DCM… Allora chiami un’ambulanza. Non dovrà pagare e saranno loro a chiamare la polizia quando vedranno che le manca il DCM.» Forse sarebbe bastato il mio sorriso, ma mi avvicino alla signora e la bacio sulla fronte. «Grazie, non ci avevo pensato. Non so dove ho la testa.» In tutti i sensi. La signora avvicina la mano alla bocca. «Chiama Ambulanza.» Sul desktop appare il simbolo dell’ospedale e una scritta le chiede se vuole impostare la sua posizione come destinazione. «Sì.» Mi sorride. «Ecco fatto.» «Grazie. È stata molto gentile ad aiutare uno sconosciuto. Uno sconosciuto che puzza come una discarica.» Ride. «Con quella giacca, signore, si vede che è un brav’uomo che ha avuto una brutta giornata.» Si avvicina e abbassa la voce. «Non per farmi gli affari suoi ma, quanto l’ha pagata?» Questa volta sono io a ridere. «Mi creda sulla parola, non mi ricordo.»
***
Sbadiglio. Sono alla stazione di polizia da ore. Senza il DCM mi annoio a morte. L’agente Pit si siede alla scrivania. «Ecco fatto, Signor Kenny Blaze.» Ecco come mi chiamo! «Questo è il suo Dispositivo Cerebrale Mobile provvisorio», mi consegna un microchip grande almeno quattro volte quello standard. «Contiene i dati base collegati alla sua scheda, per gli altri dati dovrà attendere che le installino quello nuovo.» «Non posso installarlo subito?» Fisso l’agente con occhi da cerbiatto, speriamo funzioni. Ride. Non ha funzionato. «No, signor Blaze, ci vorranno due settimane.» «Due settimane?» Spalanco l’occhio e allargo le braccia. «Già.» Alza le spalle. «Bene, la sua denuncia contro ignoti è stata registrata, le faremo sapere quando scopriremo qualcosa.» Certo, l’anno del mai e il mese del forse. «Grazie, agente Pit.» Gli stringo la mano e mi incammino verso l’uscita. Non ricordo niente, ma almeno ho avuto indietro parte della mia vita. Kenny Blaze. Sembra un nome di un cartone animato. D’accordo. Vediamo dove abito. Prendo il DCM e seleziono “abitazione”. Al 274 di Rico Street. E che lavoro faccio? «Seleziona occupazione». Addetto alla sicurezza informatica alla Gibson Software. Se voglio ricordarmi qualcosa, devo capire di più sulla mia vita. Senza il mio DCM è tutto più complicato. Chi può avermelo rubato? Non vale niente se non è impiantato in me. Prendo il DCM. «Chiama taxi.» Comincerò tornando a casa.
***
Il taxi si ferma al 274 di Rico Street. Ho la casa in un bel quartiere, una bella giacca, un braccio bionico che sembra di alto valore… ma ho solo diecimila dollari sul conto, diecimila esatti. Dovrò guardare sotto il materasso. Appoggio il DCM alla maniglia della portiera. «Ventisei dollari. Pagamento effettuato con successo.» Il Led rosso diventa verde e la portiera si apre. «Grazie per aver viaggiato con noi, signor Blaze.» Prego. Salgo gli scalini che portano all’ingresso. I tre piani saranno tutti miei? Avvicino il DCM al lettore. La porta con le decorazioni dorate si apre, lasciandomi accedere a una grande hall priva di mobilia. Il pavimento è lucido, come se avesse visto poche suole in vita sua. Lo specchio e il tavolino sono asettici, non c’è un soprammobile, un foglio di carta, un display, un connettore o un DCI. Ricordano le vecchie abitazioni di cento anni fa. Mi sposto nel soggiorno. Uno spazio così grande con solo un divano di pelle? Devo fare due chiacchiere con l’arredatore. La cucina è perfettamente in ordine e pulita. Nessun alimento nelle ante e nel frigorifero. E di cosa mi nutro, di aria? È inutile guardare nelle altre stanze, è chiaro che non vivo qui. Mi gratto il mento con la mano bionica. Esco di casa e mi siedo sui gradini. È tutto così nuovo, non ricordo niente. Non vivendo qui e possibile che questa zona non l’abbia neanche mai vista. Non ricordo quel cartello luminoso a forma di cane con la scritta “Cyberdog” che appare e scompare. In un altro a forma di cono c’è scritto “Anticho Gelati italiano”. Il bar a fianco si chiama “Neuromante”. Cerco lo scontrino nelle tasche, sperando di non averlo buttato via. Eccolo. Bar Neuromante, sei e trentadue di questa mattina. Mi alzo in piedi e corro verso il bar. La porta scorrevole si apre, mi lascia passare e si richiude alle mie spalle. «Ciao, Seth.» La cameriera mi fissa. Seth? I tavolini del bar sono vuoti a eccezione di uno, un vecchio sta bevendo da un tazzina. In fondo alla sala c’è una tenda che da alla zona DR. Mi avvicino al bancone. La cameriera mi guarda e sorride. «Che ci fai qui a quest’ora? Vuoi il solito?» Annuisco. Si volta per prendere una bottiglia di Bourbon. Me ne versa mezzo bicchiere e me lo passa. Bene, sono un alcolizzato. «Tutto a posto?» I suoi occhi marroni mi fissano. Si sposta una ciocca di capelli rossi dal viso. Le dico tutto? Potrebbe aiutarmi. «Conosci molte cose di me?» Arrossisce. Le piaccio? No, io sono vecchio, lei non avrà più di trent'anni. «Da quanto tempo vengo qui?» Non le ho lasciato nemmeno il tempo di rispondere all’altra domanda. «Da parecchio. Troppo.» Ride. «Tutte le mattine?» Annuisce. «Ma che ti prende?» «Mi hai chiamato Seth, il mio DCM dice che mi chiamo Kenny.» Bevo un sorso di Bourbon. È buono! «Kenny?» Si china in avanti e ride. «Non ti ci vedo come Kenny.» «Dico sul serio…», nella targhetta elettronica sul camice c’è scritto: Jessica. «Jessica! Ho perso la memoria. E il mio DCM.» Le mostro quello provvisorio e la ferita. «Sapresti aiutarmi a ricordare qualcosa?» Bevo altro Bourbon. Mi osserva, forse per capire se la sto prendendo in giro. La ferita dovrebbe lasciarle pochi dubbi. «Stacco tra venti minuti.» «Grazie, ti aspetto al DR». Prendo il bicchiere e mi incammino verso le poltroncine. Scosto la tenda e passo sotto la scritta luminosa “Digital Relax”, è usurata dal tempo, le due “i” e la “R” non si illuminano più. Il tessuto della poltrona è consumato e macchiato in diversi punti. Mi tolgo la giacca e la lancio nell’altra poltrona. Mi siedo. Sarà vecchia ma è ancora morbida e confortevole. Appoggio il bicchiere sul tavolino di vetro al mio fianco. Di fronte a me un fascio di luce si attiva e appare la scritta: “DCM non trovato”. Posiziono il DCM provvisorio sul sensore del bracciolo. «Benvenuto Kenny, gradisci qualcosa da bere?» «Grazie dolcezza, ho già favorito.» «Molto bene. Desideri fumare qualcosa?» La voce virtuale non mi lascerà in pace finché non avrò comprato qualcosa. «Sì. Mostra catalogo». A video compaiono decine di diversi tipi di sigarette. Ruoto la mano verso sinistra. La pagina uno scorre via. La due mostra sigari e pipe. Torno alla pagina uno. «La ventisette.» Il numero ventisette si illumina. Appare il disegno di un portafoglio con il simbolo del dollaro e un dieci con un meno davanti. Da terra si apre un varco a forma di rettangolo. Un piattino nero viene trasportato all’altezza delle mie mani, sopra c’è la mia sigaretta al rum lunare. La prendo con due dita e la attivo. Il vetro si illumina di blu. Infilo i due beccucci nelle narici e inspiro. Il rum è molto forte, mi fa lacrimare gli occhi. Faccio uscire il fumo dai polmoni, l’aria si impregna di un odore dolciastro. «attiva massaggio.» Nel portafoglio questa volta il meno è seguito dal numero otto. Il piattino scorre in basso e scompare nel pavimento, lo schermo va in standby. La poltrona comincia a vibrare. Lo schienale si inclina indietro, dei cuscinetti mi sollevano i piedi. Le gambe si stendono e una delicata vibrazione mi massaggia tutto il corpo. Inspiro altro rum lunare. «Dolcezza, attiva cinema.» Lo schermo si attiva. Scorro tra i titoli dei film: Jurassic Galaxy III, 007 va in pensione, Tessaglia: operazione M.I.S.H.A., Star Wars Episodio XXIV - Skywalker l’imperatore Sith, Final Destination 15, Rambo 6 - L’uomo cibernetico, Batman. Niente film, preferisco rilassarmi. «Chiudi», il monitor si disattiva. Tiro giù l’ultimo dito di Bourbon e mi faccio un tiro di rum lunare. «Seth?» Apro l’occhio. Jessica è in piedi davanti a me. «Andiamo.» Prende il bicchiere di vetro vuoto e si incammina verso il bancone. Mi alzo, mi infilo la giacca e la seguo. La porta scorrevole si chiude alle nostre spalle. «Guarda» indico un appartamento in fondo alla strada. «Ufficialmente vivo là, ma la casa è disabitata.» Gli occhi di Jessica si assottigliano. «Eppure vieni qui tutte le mattine.» Alzo le spalle. «Lo so, ma non abito qui. Vuoi vedere?» Jessica inclina la testa. «Non sarà mica una scusa per portarmi a casa tua.» Rido. «No, te l’ho detto, non è casa mia.» Ci incamminiamo in silenzio. Ha detto che vado al bar tutte le mattine da molto tempo, eppure non sembra conoscermi bene. Ma io non sono un tipo chiacchierone, non me lo ricordo ma l’ho capito. Saliamo gli scalini. Prendo il DCM e apro la porta. Jessica caccia un urlo. «Questa casa è favolosa.» «Favolosa? Ma se non c’è niente?» «Sì, ma ha un gran potenziale. Tu hai un sacco di soldi, non è vero?» Scosso la testa. «Ho diecimila dollari sul conto. Non so come possa permettermi questi vestiti, questa casa…» Jessica annuisce e si lancia sul divano «Di cosa ti occupi?» «Sicurezza informatica per la Gibson Software.» Jessica spalanca la bocca. «Ecco dove prendi tutti quei soldi!» Scosso di nuovo la testa. «Sono l’omino del computer, non il vicepresidente.» Jessica si alza in piedi e osserva le scale. «Cosa c’è di sopra?» «Non ne ho idea. Non ci sono andato.» Si porta le mani sui fianchi. «Senti, se questa casa non ti piace, posso venire ad abitarci io?» Ride e corre su per le scale. La seguo. Salgo gli scalini sperando che un dettaglio possa aiutarmi a ricordare qualcosa. Magari al piano di sopra qualcosa potrebbe attirare la mia attenzione. Un corridoio lungo da l’accesso a sei stanze. Tutte prive di arredo. Nell’ultima c’è un letto a due piazze e un quadro di un lupo, credo. «Tutto qui?» Jessica ha lo sguardo imbronciato. «Questa camera non ti sembrano molto più piccola delle altre?» «E ho deciso di mettere il letto proprio in questa, lontano dalle scale. Se stai pensando che ho il gusto dell’orrido, l’ho pensato anche io.» Mi avvicino al quadro. «Guarda questo per esempio. È un lupo o un cane? È fatto talmente male che nemmeno da vicino si—» Il mio occhio sinistro emette un segnale luminoso. Scannerizza il quadro ed emette un bip. Il muro a fianco del letto indietreggia di qualche centimetro e si apre di lato. «Benvenuto. Signor McKnight.» «McKnight?» Sarà il mio vero cognome questa volta? Io e Jessica ci guardiamo. Lei ha gli occhi spalancati e il sorriso sul volto. Entriamo. Dentro la stanza c’è solo un dispositivo elettronico fissato a terra. Proietta l’immagine di un lupo, ben definito questa volta, e una scritta: “Segui il lupo!” Jessica fissa l’immagine. «Segui il lupo? Che significa?» Col mio occhio sinistro vedo la scia del lupo uscire dalla porta a muro e sparire nell’altra stanza. «Finalmente una domanda al quale posso rispondere.» «Col mio occhio finto, posso vederlo.» «Occhio finto?» Jessica mi guarda come se fossi ubriaco. Indico il mio occhio sinistro. «Non dirmi che non te ne eri mai accorta…» Ora mi fissa come se fossi matto. «Ma che stai dicendo?» «Non vedi che non è un occhio umano?» Lo tocco con la mano. Jessica si mette a urlare. «Che schifo. Se questo è uno scherzo…» «Non lo è, non ci vedevo da quest’occhio, ma ora si è come... attivato.» «Ti assicuro che sembra vero» la sua smorfia mi fa pensare che stia dicendo il vero. «Si muove esattamente come l’altro.» Ci incamminiamo e seguiamo la scia del lupo fino alla strada. «E ora? Continua fino in fondo e chissà fin dove.» «Vieni, prendiamo la mia macchina.»
***
La scia conduce dentro un ristorante di lusso. «Accosta, siamo arrivati.» Le indico il lato della strada. «Era ora. Dove siamo?» Sterza e ferma il maggiolino. «Non lo so, ma sembra un posto da soldi.» «E io sono vestita come una stracciona.» Rido. Scendiamo dall’auto e ci avviciniamo all’ingresso. Le porte automatiche rimangono chiuse. Mostro il DCM provvisorio, Jessica mostra il suo. «Benvenuto signor Blaze. Benvenuta signora Fletcher. Attendere la scansione, prego.» Dei raggi verdi da sopra le porte ci scansionano da testa a piedi. Le porte si aprono. «Ingresso autorizzato.» Entriamo nella hall e veniamo accolti da un cameriere con lunghi baffi neri e il cranio in acciaio. In mano ha un DCL. «Buonasera signori, avete prenotato?» «Ehm, no, ma noi—» «Prego, da questa parte.» Indica una grande sala sulla sinistra. La scia del lupo continua su per le scale. «Noi preferiremmo il piano di sopra.» Sorrido e indico le scale. Il cameriere si mette il DCL sotto un’ascella e unisce i palmi delle mani. «Mi spiace, signore. Ma quel piano è riservato.» Gli punto contro l’indice. «In questo caso voglio parlare col responsabile!» Il cameriere alza lo sguardo al cielo, prende in mano il DCL e clicca una volta sullo schermo. «Arriverà subito. Con permesso.» Accenna un sorriso più falso di Giuda e se ne va. Appena ci gira le spalle corro al piano superiore con Jessica. Giriamo l’angolo e una porta chiusa ci separa dalla sala con gli ospiti. Maledizione! «Dolcezza. Facci passare.» La scia del lupo continua fino a metà sala. «Accesso negato.» «Guarda!» Indico un uomo elegante seduto a un tavolo. «La scia del lupo si ferma su quell’uomo. Lui lo vedo come… circondato da un’aura blu.» «Che significa?» Jessica mi fissa con le sopracciglia inarcate. «Non ne ho id—» Una finestra va in frantumi, da questa posizione non riesco a vederla. L’uomo elegante cade di lato. I commensali urlano e si alzano dal tavolo. In un attimo tutta la sala è in piedi e corre verso di noi. Le porte si spalancano, con fatica mi intrufolo tra la folla. Mio Dio. L’uomo è steso a terra, con un buco in fronte. Il sangue cola sulle piastrelle luminose. Il vetro della finestra è in frantumi. Sul tetto dell’edificio di fronte c’è… ci sono... io? Mi sta fissando. Devo avere la stessa espressione. Ma chi diavolo è? «Andiamocene!» Jessica mi tira per un braccio. Corro di sotto saltando i gradini tre a tre. Esco dalla hall, non c’è più nessun cliente, molti sono ammassati fuori dal ristorante. Mi faccio largo e corro verso l’altro edificio. Dal portone esce… è davvero identico. Continua a guardarmi incredulo. Mi punta contro la mano. La falange con l’unghia si solleva, sotto sembra esserci… è una canna di una pistola? Mi riparo dietro il maggiolino di Jessica. Quel bastardo mi sta sparando! La mia mano bionica farà le stesse cose? La tocco con l’altra mano, non succede nulla. La scuoto, la muovo. Simulo una canna di una pistola con le dita come ha fatto lui, niente. Si fa sempre più vicino, riesco a sentire il rumore dei proiettili uscire dalla canna. Se non faccio qualcosa, sarò presto morto. La mano bionica si stacca. Non ho tempo di scoprire cosa c’è nel mio avambraccio, attendo il mio sosia e sparo. Il rinculo mi scaraventa indietro. Sbatto la testa sull’asfalto. L’ho centrato, sono sicuro. Jessica mi aiuta ad alzarmi. «Seth, stai bene?» «Sto bene, grazie.» All’improvviso si mette a urlare e molla la presa su di me. Mi aggrappo all’auto per non cadere. «S-sei tu. Seth, perché sei tu quell’uomo?» Mi avvicino al corpo «Non ne ho idea.» Ha un buco nello stomaco grande quanto il diametro del mio polso. Fuori dal ristorante non c’è più nessuno, la sparatoria ha fatto fuggire tutti. Qualcuno avrà chiamato la polizia, non ho molto tempo per capire. Giro la mano umana del mio sosia. «Potrei…» Jessica scuote la testa, forse ha già capito. «Provare il suo DCM, potrebbe aiutarci a capire.» «È un pessima idea!» Raccolgo da terra la mano bionica e la inserisco nel braccio. «È l’unica che mi viene in mente.» Il mio sosia ha un laccio cosciale identico al mio, ma la sua fondina è piena. Afferro il manico d'acciaio. È un coltello con una lama lunga. Jessica emette un gemito. Infilo la lama nella carne della mano, taglio i bordi del DCM. Si stacca e cade. Lo raccolgo e lo appoggio sul mio palmo. Entra e si aggancia in automatico. Di solito serve un esperto per install— «Seth. Seth, stai bene?» Jessica mi scuote. Apro l’occhio. «Quando hai infilato il DCM sei crollato a terra.» Povera Jessica. «Ha funzionato! Ricordo tutto. I nostri chip cerebrali hanno un sistema molto più sofisticato dei vostri.» «I vostri?» Mi guarda con aria svampita. È così carina e simpatica, mi dispiace doverla uccidere. «Avevi ragione, era una pessima idea!» Raccolgo il coltello e passo la lama sulla sua gola, una scia rossa segue la sua corsa. E così volevate sostituirmi con questo clone? Sorrido. Trascino Jessica vicino alla portiera del guidatore. Avvicino il suo DCM alla portiera. Il meccanismo di chiusura si sblocca. Uso il DCM sul lettore interno, il maggiolino si mette in moto. Lascio cadere il braccio mentre Jessica emette i suoi ultimi gemiti. Mi metto alla guida. Le sirene della polizia accompagnano la mia fuga.
Edited by truemet - 1/6/2021, 15:11
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