Forum Scrittori e Lettori di Horror Giallo Fantastico

Skannatoio Settembre - Ottobre 2021, Going postal!

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view post Posted on 4/9/2021, 19:27
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"Un vero artista non copia, un vero artista ruba". Pablo Picasso.
Vi starete chiedendo perché conosco questa citazione.. no, non è perché sono uno particolarmente colto, ma perché ho cercato una frase da dire per giustificare i miei furti letterari :1391975825.gif: Giacomo lo sa: "la vecchia è truccata così da troia che la sensazione è quella di una fetta di torta di cioccolato che hai visto cadere sul tappeto, e che poi il cameriere ha coperto con altra glassa per coprire il danno". Muhahaha :1392239900.gif:
 
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view post Posted on 5/9/2021, 15:32
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Manco da una vita... Bello spunto, magari ci provo! :)
 
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view post Posted on 6/9/2021, 18:09
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QUOTE (Leonardo Pigneri @ 4/9/2021, 17:47) 
Ah ok! Lo ho detto perché mi stavo recuperando dei vecchi line editing di Livio e mi sono imbattuto in un tuo racconto (quello sull'epidemia di ballo) e pensavo fossi un corsista anche tu!

Sì comunque ti capisco, anche io in passato ero sempre nell'attesa dell'ispirazione, ma ultimamente ho notato che se ci si getta nel lavoro le idee arrivano molto più velocemente rispetto al farle decantare nel tempo (cosa che però continuo a fare per progetti più in là nel futuro).

Comunque ti uscirà qualcosa di ottimo, son sicuro. Ho letto il tuo racconto "Olocausto" e mi è piaciuto moltissimo. Hai davvero un ottimo polso per i dettagli da mostrare. Conto di rubacchiare un po' di questo tuo talento leggendoti (come sto cercando di rubacchiare un po' della poeticità di Mentis) X)

Sì, nei primi tempi seguivo Gambarini poi mi sono un po' staccato dal mondo "immersivista".

Comunque è un bel vantaggio quello di riuscire a pensare a delle storie in così poco tempo, vi invidio questa capacità. Non parlo comunque di "ispirazione" perché mi sembra una visione troppo romantica della scrittura.

Grazie per i complimenti e a presto!
 
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view post Posted on 6/9/2021, 18:39
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QUOTE (MentisKarakorum @ 4/9/2021, 20:27) 
"Un vero artista non copia, un vero artista ruba". Pablo Picasso.
Vi starete chiedendo perché conosco questa citazione.. no, non è perché sono uno particolarmente colto, ma perché ho cercato una frase da dire per giustificare i miei furti letterari :1391975825.gif: Giacomo lo sa: "la vecchia è truccata così da troia che la sensazione è quella di una fetta di torta di cioccolato che hai visto cadere sul tappeto, e che poi il cameriere ha coperto con altra glassa per coprire il danno". Muhahaha :1392239900.gif:

Mi vuoi rubare le metafore? XD
 
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view post Posted on 6/9/2021, 21:23
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CITAZIONE (Giacomo Puca @ 6/9/2021, 19:39) 
CITAZIONE (MentisKarakorum @ 4/9/2021, 20:27) 
"Un vero artista non copia, un vero artista ruba". Pablo Picasso.
Vi starete chiedendo perché conosco questa citazione.. no, non è perché sono uno particolarmente colto, ma perché ho cercato una frase da dire per giustificare i miei furti letterari :1391975825.gif: Giacomo lo sa: "la vecchia è truccata così da troia che la sensazione è quella di una fetta di torta di cioccolato che hai visto cadere sul tappeto, e che poi il cameriere ha coperto con altra glassa per coprire il danno". Muhahaha :1392239900.gif:

Mi vuoi rubare le metafore? XD

Mica mi limito alle metafore :1392239552.gif:

CITAZIONE (Giacomo Puca @ 6/9/2021, 19:09) 
CITAZIONE (Leonardo Pigneri @ 4/9/2021, 17:47) 
Ah ok! Lo ho detto perché mi stavo recuperando dei vecchi line editing di Livio e mi sono imbattuto in un tuo racconto (quello sull'epidemia di ballo) e pensavo fossi un corsista anche tu!

Sì comunque ti capisco, anche io in passato ero sempre nell'attesa dell'ispirazione, ma ultimamente ho notato che se ci si getta nel lavoro le idee arrivano molto più velocemente rispetto al farle decantare nel tempo (cosa che però continuo a fare per progetti più in là nel futuro).

Comunque ti uscirà qualcosa di ottimo, son sicuro. Ho letto il tuo racconto "Olocausto" e mi è piaciuto moltissimo. Hai davvero un ottimo polso per i dettagli da mostrare. Conto di rubacchiare un po' di questo tuo talento leggendoti (come sto cercando di rubacchiare un po' della poeticità di Mentis) X)

Sì, nei primi tempi seguivo Gambarini poi mi sono un po' staccato dal mondo "immersivista".

Comunque è un bel vantaggio quello di riuscire a pensare a delle storie in così poco tempo, vi invidio questa capacità. Non parlo comunque di "ispirazione" perché mi sembra una visione troppo romantica della scrittura.

Grazie per i complimenti e a presto!

Dai Giacomo! Hai un sacco di tempo... se non posti niente non riesco a fregarti nulla stavolta :P soddisfa la mia cleptomania anche questo mese :1392239554.gif:

Scherzi a parte: sfornami un altro racconto come quello del minatore. :)
 
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view post Posted on 7/9/2021, 08:23
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CITAZIONE (saranuova @ 5/9/2021, 16:32) 
Manco da una vita... Bello spunto, magari ci provo! :)

Sarai sempre la benvenuta qui, Sara.
 
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view post Posted on 13/9/2021, 05:43

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Skannatoio settembre-ottobre.
Tema, una consegna apocalittica: oggetto, documento, persona, frantuma l’esistenza del protagonista e porta per lui conseguenze devastanti (e per l’intero genere umano)
Specifiche:
The Hole: dovrà essere scavata una buca
Frammenti: Una finestra dovrà andare in frantumi
Lunghezza: minimo 5000 caratteri, massimo 25000

Ho scelto: The Hole e Frammenti

L’ORMA E LA VOCE di Alexandra Fischer

Tommaso era chino sui compiti di inglese quando sentì suonare il campanello.
Era solo in casa, la madre era al lavoro e lui avanzò con cautela verso la porta e guardò attraverso lo spioncino.
Il ragazzo dall’altra parte masticava gomma e portava la divisa dell’ufficio postale, un completo in giacca e pantaloni blu e bianco ordinatissimo e il cappello blu di traverso; stringeva fra le mani un pacco di cartone bianco sul quale era appoggiata una tavoletta nera con uno stilo dello stesso colore.
Tommaso aprì la porta e il giovanotto spostò la gomma nella guancia destra e gli domandò con voce blesa: − Tommaso Ferri?
Lui fece di sì con la testa e il giovane postino, dopo aver toccato la tavoletta e averla fatta risplendere di una luce blu, gli porse la penna: − C’è un pacco per te. Firma subito.
Tommaso lo vide dondolarsi da una gamba all’altra e gli obbedì subito dopo averlo guardato in faccia: le occhiaie, il volto livido, comunicavano insonnia e altro.
Il giovane, dopo una rapida scorsa alla lavagnetta elettronica, gli mise in mano il pacco con un gesto brusco: − Tutto a posto. Goditelo.
Tommaso chiuse la porta, posò il pacco sul tavolo della sala, e guardò fuori: il postino alzò la testa verso la finestra e lui vide che il volto gli era diventato grigio e gli occhi gli brillavano di una luce verde e malevola; si allontanò dalla finestra e si mise a tremare.
I passi che udì lungo le scale lo riscossero, tornò a guardare dallo spioncino e trasse un sospiro di sollievo: era la coppia di trentenni del piano di sopra, ma la volta successiva, avrebbero potuto essere i suoi genitori.
Guardò l’orologio da tavolo e vide le lancette scorrere verso l’ora del loro arrivo; tolse il pacco dal tavolo e lo portò in camera.
Il nome del mittente era illeggibile per via di alcune macchie nere e questo lo insospettì.
Da una parte avrebbe voluto aspettare l’arrivo dei suoi, dall’altra, visto il postino, sapeva che si sarebbero innervositi al punto di traslocare di nuovo.
Aprì il cassetto e prese il cutter, aprì il pacco e il suo contenuto lo sbalordì: fotografie.
Il ricordo di una vacanza con il nonno tornò nella sua mente e le insinuò un senso di allarme.
Il villaggio turistico tutto palme, piscine, bungalow e il quartiere chiamato Beverly Hills Miniature per via delle molte copie di abitazioni simile a quelle dei divi e dei cantanti gli era apparso dapprima strepitoso, ma l’incanto si era rotto subito dopo la serata con il nonno alla Gelateria delle Stelle.
Tommaso risentì in bocca il sapore del Sunday alla fragola e nella mente gli tornò la canzone suonata nell’autoradio, Enjoy the silence dei Depeche Mode: un attimo di gioia assoluta guastato da un rumore assordante, dalla frenata dell’auto e dall’ordine del nonno di restare giù e non guardare in ogni caso; fu l’unica volta in cui gli disubbidì.
La penultima fotografia, di fatto, costituiva un’accusa e una condanna: Tommaso era ben visibile in primo piano mentre spiava da un albero nello stesso momento in cui suo nonno e alcuni uomini vestiti da militare trafficavano accanto ai resti di un piccolo velivolo nero.
Ce n’era ancora una: ritraeva un individuo alto e grigio accanto al lampione della casa di fronte a quella di Tommaso.
Individuo.
Tommaso scosse la testa, no, era troppo alto e magro per appartenere alla razza umana, inoltre, aveva una sorta di binocolo.
Quel particolare lo agghiacciò: era sicuro di essere solo e cominciò a capire le conseguenze del suo gesto di allora.
Di colpo, gli salì un sapore amaro in bocca; la sua vacanza risaliva a un mese prima, ma lui si sentiva di nuovo catapultato nel quartiere delle vacanze, solo, dalla parte sbagliata: il tunnel degli orrori.
Tommaso rovistò ancora una volta nel pacco e lo trovò vuoto, allora cominciò a tremare: la creatura alta e grigia aveva voluto mandargli un messaggio ed era un po’ che non aveva notizie di suo nonno.
Prese il cellulare: dall’altra parte gli rispose la voce allegra di un trentenne che lo informava di aver chiamato la Shimuzu Software troppo tardi e lo pregava di riprovare il giorno dopo.
Tommaso disse il cognome del nonno e la voce si fece di ghiaccio: − Parla.
Per un lunghissimo istante, Tommaso ignorò la parola d’ordine, poi gli venne in mente: − Cookies al mango.
Il trasferimento di chiamata gli parve eterno.
La voce del nonno era irritata: − Capo sezione Ferri. Parla.
Tommaso, sull’orlo delle lacrime, proruppe: − Nonno, mi è arrivato un pacco con le foto dell’incidente aereo. Ho paura.
Il nonno interruppe la comunicazione e Tommaso si sentì perso; posò il cellulare e decise di recarsi dalla sua amica Melissa per avere conforto: capiva di aver combinato qualcosa di veramente grosso.
Uscì di casa e attraversò la strada con l’impressione di essere seguito: guardò dietro di sé con la coda dell’occhio e vide la figura grigia seguirlo.
La sua paura era identica a quella del topo paralizzato dallo sguardo del cobra; gli restava solo la capacità di fingere e la usò molto bene mentre andava a casa di Melissa.
Suonò alla porta e lei gli aprì con un’espressione sconvolta negli occhi blu pervinca; si scostò un ciuffo della capigliatura ondulata biondo miele e inveì contro di lui: − È adesso che vieni da me?
Tommaso balbettò: − Prima non ho potuto. È arrivato un pacco.
Melissa annuì, con un’espressione distorta dall’odio: − Oh, certo, io vengo dopo i regali del nonnino.
Tommaso congiunse le mani: − Non è così −. Si voltò, la creatura grigia era accanto all’albero e la indicò a Melissa: − Vedi? Non so cosa sia, ma è colpa mia se è qui. Cercavo conforto da te. Mi sbagliavo, non lo merito −. La sua voce si ruppe, lacrime gli scorsero lungo le guance e le narici gli si riempirono di un odore metallico, mentre l’aria si caricava dell’elettricità che precede i temporali.
Melissa allungò il collo verso la creatura accanto all’albero e arrossì: − Scusa, Tommaso. Dobbiamo cavarcela tu e io. Il guaio è venuto da me.
Tommaso si grattò la testa: − Come? Io sono il cattivo, ho spiato dove non dovevo.
Lei si frugò in tasca e gli porse un fazzoletto: − Doveva succedere. Mio padre voleva aprire il commercio con Quelli dell’Altra Finestra. E loro hanno accettato.
Lui la guardò basito: − Ne ho sentito parlare dal nonno. Ma non so dove sia.
Melissa fece una smorfia piena di amarezza: − C’è in tutte le case. Se hai aperto il pacco, la gente comincerà a vederla. E gli affari cominceranno.
Tommaso era perplesso: − Quali?
Melissa gli rivolse un sorriso di superiorità: − Schiavi. Ce li mandano Quelli dell’Altra Finestra.
Tommaso inorridì: Melissa gli era sempre apparsa elegante, beneducata, con la passione per le feste brillanti.
Quel lato maligno di lei lo sconvolse come una scheggia di vetro trovata in un bignè alla panna; indietreggiò e lei se ne accorse, abbassò lo sguardo, ridusse la voce a un sussurro: − Per me è stato un colpo, all’inizio, perché mi sono trovata senza il loro affetto e le loro regole. Ora, però, guardali lì −. Gli indicò la finestra del secondo piano e lui vide il padre in giacca e cravatta mentre circondava le spalle della moglie in tunica color mirtillo nella posa di chi sta per farsi fotografare a scopo pubblicitario.
La falsità della scena lo nauseò: − I tuoi genitori sono irriconoscibili.
Melissa rialzò la testa: − Certo, perché non sono più loro. C’è stato uno scambio da parte di Quelli dell’Altra Finestra.
Tommaso si sentì mancare la terra sotto i piedi quando a quella vista si aggiunse il ricordo della telefonata con il nonno: − Faranno finire così anche noi?
Melissa si guardò le unghie smaltate di rosa: − Tutt’altro. Noi serviamo loro per un nuovo ordine. Pare che si fidino più di noi che degli adulti −. Gli fece cenno di entrare: − Ecco, vieni a vedere la televisione.
Tommaso sentì dei passi alle sue spalle e sbirciò con la coda dell’occhio: la creatura grigia li stava seguendo; toccò Melissa sulla spalla: − Ehi, c’è un tizio grigio, sta per entrare.
Melissa alzò un sopracciglio: − Faccia pure. È il suo lavoro tenere d’occhio la camera da letto.
Tommaso si allarmò: − Là dentro c’è la finestra della quale mi hai parlato, vero?
Melissa gli fece cenno di entrare in soggiorno e lui si fermò all’entrata, con gli occhi fissi sulla creatura grigia che passò di fronte a Melissa senza neppure notarla e si mise a salire le scale con passi lenti.
Tommaso si slanciò verso Melissa: − Dobbiamo fermare quella cosa, prima che faccia altri danni.
Melissa ridacchiò: − E come? Dicendo a lui e agli altri di andarsene con un giro di telefonate?
A sentirla parlare del cellulare, a Tommaso venne un’idea, ma la ricacciò subito in un angolo della mente: poteva funzionare, a patto di essere veloci e avere sangue freddo.
Melissa equivocò le smorfie di lui: − Capisco che tu non mi creda. Per questo voglio che guardi la televisione.
Tommaso si sedette in poltrona: − Facciamolo pure.
Melissa prese il telecomando, premette il pulsante e sullo schermo comparve un loro coetaneo nelle vesti di Presidente neoeletto fra una folla di ministri di poco più giovani di lui, rivolse uno sguardo serio a Tommaso e si mise a cambiare canale di continuo.
Tommaso assistette a un’assemblea dell’ONU composta da membri poco più che diciottenni e lo stesso valse per un congresso di medici, per non parlare delle pubblicità aziendali, dove i direttori generali parevano appena fuggiti da una scuola superiore.
C’erano spot pubblicitari che mostravano creature grigie mentre impartivano ordini a ultraquarantenni dalle tute bianche cascanti, gli occhi vacui e tutti loro, uomini e donne, erano alle prese con lavori di pulizia o facchinaggio; Tommaso, orripilato, riconobbe in alcuni di loro importanti professionisti della città, e anche suoi ex-professori e commentò: − Dunque, crescere, per noi vorrà dire diventare schiavi.
Melissa tacque, e lui sobbalzò al tocco alla nuca; si voltò e vide la creatura grigia, che gli parlò con voce rasposa: − Oh, no, tu e la tua amica non invecchierete. Voi e i vostri coetanei sarete giovani e otterrete tutto ciò che desiderate. Questo, a patto di essere discreti −. La creatura gli mostrò la dentatura affilata come quella di uno squalo.
Tommaso si alzò dal divano: − Perché?
La creatura gli lanciò un’occhiata gelida: − Per mostrare alla vostra gente che abbiamo imparato la lezione. Venimmo in pace dopo aver ricevuto i vostri messaggi e assistito alla vostra impresa sulla Luna. Ci avete schiavizzati e usati come cavie. Anche quella volta, sull’aereo. Lo hai visto bene, vero?
Tommaso sudò freddo: − Tu mi hai mandato il pacco?
La creatura lo applaudì: − Perspicace. E sai, aprendolo hai cominciato tu questo cambiamento. Tuo nonno è stato il primo a diventare nostro schiavo.
Tommaso si sentì sprofondare, ma decise di ricorrere all’autocontrollo, mentre la sua idea prendeva forma; sorrise: − Avete ragione a vendicarvi. Credo anche che noi ragazzi governeremo meglio la Terra degli adulti. Tanto, peggio di così.
La creatura gli fece un inchino: − Bravo. Così mi piaci. Preparerò una bella ricompensa per te e la tua amica. Erediterete la casa e il lavoro dei genitori di lei.
Tommaso si fregò le mani: − Oh, bene, ho sempre desiderato fare il tecnico informatico.
Melissa gli diede un bacio sulla guancia: − E io di insegnare musica.
La creatura mosse la mano in un cenno di saluto: − Allora siamo d’accordo.
Tommaso la fermò: − Un momento, vorrei vedere prima come possiamo comunicare con voi.
La creatura strinse gli occhi: − D’accordo, sali con me, ma non fare scherzi.
Melissa intervenne: − Verrò anch’io, nel caso, lo fermerò.
La creatura mosse la testa in segno di approvazione: − Seguitemi.
Tommaso entrò subito dopo la creatura nella camera da letto dei genitori di Melissa: in apparenza, tutto gli sembrava normale, il letto appena rifatto, i comodini con le lampade gemelle di alabastro e il settimanale abbellito da un paio di fotografie del matrimonio dei genitori e di una gita in barca con loro e la figlia.
L’unico elemento che lo disturbò fu la paura nei volti dei genitori di Melissa all’arrivo della figlia; si inginocchiarono tremanti, ma lei fu implacabile, prese la madre per i capelli: − Ti sembra questo il modo di sistemare il copriletto?
Tommaso la sentì balbettare: − Certo, padrona, è vero.
Melissa spinse per terra il padre e gli diede un calcio in faccia: − Non hai riordinato la cucina come dovevi.
Lui non tentò neppure di difendersi: − Grazie, padrona.
Melissa spalancò la porta della stanza da letto e alzò il mento: − Fuori tutti e due. I miei amici e io dobbiamo parlare.
Il padre di Melissa si coprì il volto e uscì per primo, a schiena piegata; la moglie lo seguì tenendosi a distanza da lui.
La creatura grigia intervenne: − Molto bene, Melissa, hai capito da che parte stare. La tua istruzione è finita, per cui è ora che vada.
Tommaso, indignato dallo spettacolo dei genitori di Melissa, puntò lo sguardo sulla creatura e la vide avvicinarsi all’armadio a quattro stagioni; dallo specchio a figura intera cominciò a risplendere una luce ambrata e si trasformò in una porta finestra spalancata, attraverso la quale la creatura passò.
Tommaso, malgrado lo sbalordimento indotto dalla trasformazione, corse verso la creatura grigia: − Cosa ne sarà dei genitori di Melissa, ora? E di mia madre e mio nonno?
La creatura sogghignò: − Guarda sul cellulare. Vedrai subito cosa aspetta te e la tua gente.
Tommaso strinse l’apparecchio senza avere il coraggio di alzarne il coperchio: − Cosa vorresti dire?
La creatura indugiò: − Sei sempre stato intuitivo. Io ti ho regalato un pizzico in più di quella dote. Ci serviranno molte persone come te nel mercato degli schiavi −. La creatura chiuse la finestra e la luce divenne abbagliante per un istante e si affievolì.
Tommaso guardò il cellulare: vide la madre ridotta a liberare le strade dai rifiuti e il nonno in catene, costretto a spaccare pietre; gli occhi gli si inumidirono, ma non tanto da indebolirgli la mira quando lanciò il cellulare contro la finestra, che andò in frantumi.
Melissa inveì contro di lui: − Hai rotto l’Altra Finestra. E ora Quelli si vendicheranno.
Un odore di bitume e spezie riempì la stanza; Melissa aprì il cassetto del comodino accanto all’armadio prese un fazzoletto, si coprì naso e bocca, poi passò la scatola a Tommaso: − Prendine uno anche tu e portiamocela dietro.
Dalle case vicine si udirono urla, rumori di vetri infranti e porte distrutte; per la strada, frenate, rumori di lotta.
Melissa scese al piano di sotto e passò accanto ai corpi mummificati dei genitori; Tommaso represse un conato a quella vista: − Devo andare a casa.
Lei cercò di trattenerlo: − Hai rovinato tutto e pensi di cavartela così?
Tommaso la respinse: − No, il danno l’ho fatto già prima. Ora vedrò di salvare quel che resta.
Corse a casa, accolto dallo stesso odore di quella di Melissa: proveniva dalla cucina, ma la porta era chiusa e lui si guardò bene dall’aprirla; salì al piano superiore, entrò in camera sua, sospirò di sollievo alla vista delle forbici e della bobina di nastro adesivo.
Tommaso posò il fazzoletto e la scatola sulla scrivania per avere le mani libere; richiuse il pacco con il nastro adesivo e poi corse in cantina, dove trovò una vanga.
Uscì in giardino e vide una piccola folla di suoi coetanei scuotere la ringhiera di ferro sotto l’incitamento di Melissa.
Tommaso scavò più in fretta che poté e poi buttò il pacco nella buca, infine la ricoprì di terra più in fretta che poté, incalzato dai rumori alle sue spalle; si girò e alzò la vanga verso il capo gruppo, un tipo tutto muscoli alto il doppio di lui e dalla muscolatura massiccia.
Lo sguardo vacuo di lui fu l’ultima cosa che vide prima che la vista gli si annebbiasse; prima di esalare l’ultimo respiro, Tommaso capì che Melissa aveva avuto ragione: Quelli dell’Altra Finestra erano spietati con chi sgarrava.
Le ultime parole che udì furono quelle del ragazzone: − Ehi, Mel, ma che ci facciamo qui?
La voce della madre di Tommaso risuonò in giardino: − Vorrei tanto saperlo anch’io. Sciò.
Tommaso spirò con un sorriso.
 
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view post Posted on 26/9/2021, 10:25
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Apprendista stregone

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Ciao a tutti ragazzi. Volevo farvi una domanda sui diritti d’autore dei racconti presenti sul sito. Se prendessi i miei racconti, li rimaneggiassi e li raccogliessi per portarli ad un editore al fine di pubblicare un libro, sarebbe corretto o infrangerei qualche regola sul copyright?
In parole povere, posso utilizzarli a mio piacimento o, per il solo fatto di averli postati qui, ho perso ogni diritto sulle mie opere? :unsure:
 
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CITAZIONE (Incantatore Incompleto @ 26/9/2021, 11:25) 
Ciao a tutti ragazzi. Volevo farvi una domanda sui diritti d’autore dei racconti presenti sul sito. Se prendessi i miei racconti, li rimaneggiassi e li raccogliessi per portarli ad un editore al fine di pubblicare un libro, sarebbe corretto o infrangerei qualche regola sul copyright?
In parole povere, posso utilizzarli a mio piacimento o, per il solo fatto di averli postati qui, ho perso ogni diritto sulle mie opere? :unsure:

Non mi sembra che si firma un contratto per partecipare :1392239553.gif:
 
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Custode di Ryelh
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CITAZIONE (Incantatore Incompleto @ 26/9/2021, 11:25) 
Ciao a tutti ragazzi. Volevo farvi una domanda sui diritti d’autore dei racconti presenti sul sito. Se prendessi i miei racconti, li rimaneggiassi e li raccogliessi per portarli ad un editore al fine di pubblicare un libro, sarebbe corretto o infrangerei qualche regola sul copyright?
In parole povere, posso utilizzarli a mio piacimento o, per il solo fatto di averli postati qui, ho perso ogni diritto sulle mie opere? :unsure:

Hai pienamente il diritto sulle tue opere, Inc. Hai qualche progetto in mente?
 
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view post Posted on 26/9/2021, 20:03
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Ciao WP e Gargaros.
Che piacere poter ricomunicare con voi!
Un editore si é mostrato interessato ai miei racconti e vorrebbe pubblicarli. Siccome son stati scritti in periodi diversi (e con parecchi errori e sviste) volevo riarrangiarli, pur mantenendo la storia originale, prima di proporglieli.
Poi, sarà quel che sarà… ;)
 
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view post Posted on 26/9/2021, 21:55
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Tienimi infornato sul libro, ché ne prendo una copia.
 
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CITAZIONE (Incantatore Incompleto @ 26/9/2021, 21:03) 
Ciao WP e Gargaros.
Che piacere poter ricomunicare con voi!
Un editore si é mostrato interessato ai miei racconti e vorrebbe pubblicarli. Siccome son stati scritti in periodi diversi (e con parecchi errori e sviste) volevo riarrangiarli, pur mantenendo la storia originale, prima di proporglieli.
Poi, sarà quel che sarà… ;)

In bocca al lupo!!
 
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view post Posted on 27/9/2021, 11:28
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CITAZIONE (Incantatore Incompleto @ 26/9/2021, 21:03) 
Ciao WP e Gargaros.
Che piacere poter ricomunicare con voi!
Un editore si é mostrato interessato ai miei racconti e vorrebbe pubblicarli. Siccome son stati scritti in periodi diversi (e con parecchi errori e sviste) volevo riarrangiarli, pur mantenendo la storia originale, prima di proporglieli.
Poi, sarà quel che sarà… ;)

Congratulazioni :) gli editori ti hanno contattato leggendo il forum? Oppure hai tu mandato loro qualcosa e hai intenzione di rimaneggiare qualche racconto postato qui per inviarglielo per una eventuale pubblicazione? È sempre bello quando si sente di qualcuno che "ce la fa" :) tanti auguri per le tue pubblicazioni
 
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view post Posted on 27/9/2021, 19:56
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Già che ci sono, anche se manca ancora qualche giorno, ne approfitto per postare il mio racconto. Premetto che stavolta ho voluto "osare" un po' di più e tentare di rendere dei dialoghi in dialetto veneto, nella variante triestina, lingua che non padroneggio ma con cui ho avuto a che fare.
Penso che le frasi si capiscano, anche se appunto hanno una cadenza veneta. C'è magari una sola espressione che può trarre in inganno, e che vado ora a spiegare: in triestino, sburtar radicio significa letteralmente spingere il radicchio, ovvero star sottoterra: morire.
Fatta questa doverosa premessa, ecco il racconto. Spero vi diverta, e che non sia troppo ostico.. grazie a tutti in anticipo per la lettura e il commento che ne farete.
Ambisco a tutti i bonus!

Il Micio Merlino



Al suono del citofono Fabio si precipitò all’ingresso. «S-sì?»
«Avvocato Pier Giuliano Democrito. Abbiamo un appuntamento.»
Le dita di Fabio devastarono il tasti, fino a quando il clangore della porta al pian terreno confermò che il visitatore aveva accesso alla rampa di scale. «S-salga fino all’attico.» Spalancò la porta del suo appartamento, si riassettò la T-shirt ricoperta di peli di gatto e attese col cuore che gli martellava in petto.
Democrito fece presto capolino sul pianerottolo immerso nell'ombra. Una volta entrato in casa, Fabio osservò la grossa borsa di cuoio che trascinava a fatica.
L'avvocato arricciò le narici. «Che strano odore.»
Fabio si strinse nelle spalle, raggiunse la finestra più vicina e armeggiò con la vecchia maniglia d’ottone. «Sa com’è. I gatti.» Sorrise. «All’odore ci si abitua fino a non sentirlo più.»
Dalla finestra aperta entrò un po’ d’aria fresca, l’avvocato si avvicinò e inspirò a pieni polmoni. «Dovrebbe tenerla spalancata più spesso.»
«Appena vedono una finestra aperta, i gatti vanno per i tetti e…» si infilò una mano nella zazzera spettinata «a me non piace.»
L’avvocato trasse dei documenti da una cartellina e li posò sul tavolo. «Danno molte noie, questi animali.»
«Alle persone che li amano, regalano anche molta gioia.»
Democrito non fece una grinza. «Sarà che io preferisco i cani.» Diresse verso Fabio dei glaciali occhi grigi. «Così come gli eredi della contessa Grignani.» Sorrise. «E questo è un bene, per lei.»
Qualcosa si strisciò contro il calcagno di Fabio. Abbassò lo sguardo: un gatto tigrato si era infilato nello spazio del pavimento tra i loro piedi e fissava rapito gli intricati lacci delle scarpe di marca di Democrito. Fabio lo prese in braccio.
L’avvocato sollevò un labbro, si allontanò di un passo e scartabellò con più furore. «Le riassumo per sommi capi il contratto.» Si schiarì la gola. «Lei si prende l’onere di accudire il gatto chiamato Merlino, appartenuto alla defunta contessa Maria Addolorata Grignani. Come da ultime volontà della contessa, viene immediatamente versata la somma di duemila euro alla società Gattile di Ulthar snc, che in più riceverà anche seimila euro a cadenza annuale. Gli eredi della contessa si impegnano a rimborsare le spese di mantenimento del gatto Merlino, nonché le eventuali cure veterinarie, vita natural durante.» Girò pagina. «Il contratto viene a decadere in caso di inadempienza agli obblighi che la società Gattile di Ulthar snc si è fatta carico nei confronti del gatto Merlino, oppure alla morte dell’animale stesso.» L’avvocato scoprì i denti e lo fissò dritto negli occhi. «Sia chiaro che lo studio legale che rappresento invierà regolarmente dei veterinari per verificare lo stato di salute del gatto e, mi creda» il ghigno si allargò «i veterinari che invieremo non saranno affabili come lo sono io.»
Fabio deglutì.
Democrito estrasse una penna dal taschino e gliela porse. «Firmi dove indicato dall’adesivo giallo.»
Lui lasciò andare il gatto che teneva in braccio, scorse col dito le pagine del contratto e firmò.
«Ora, Merlino è suo.» L’avvocato slacciò la borsa di cuoio: una massa di pelo sorretta da quattro tronchi d’albero saltò immediatamente fuori, il pavimento di parquet tremò come in preda al panico.
Fabio strabuzzò gli occhi. Merlino era enorme, il pelo foltissimo in ogni parte del corpo, fatta eccezione per il muso schiacciato, tipico dei persiani. La voce di Democrito lo costrinse ad alzare lo sguardo. «Ora, se non le dispiace, il mio lavoro è finito.»
«N-non, posso offrirle un caffè?»
L'avvocato marciò verso l'uscita, i tacchi firmati risuonarono sul pavimento, legno su legno. «No, grazie. Al sol pensiero mangiare o bere con l’odore dei gatti… Be’, ha capito.» Si fermò sulla soglia. «Si tenga la borsa, è probabile che ci abbia fatto dentro i suoi bisogni.»

«Julia, è arrivato!» Fabio sorrise davanti allo spioncino della porta. La ragazza aprì, lo fissò da capo a piedi e storse le labbra voluttuose in un moto di disgusto. «Che vuoi?»
La vista di Julia lo metteva sempre su di giri: alta, bruna, pelle color cioccolato sul punto di sciogliersi. «Il gatto della contessa, me l’hanno portato. Vuoi venire a vederlo?»
Le sopracciglia a gabbiano ebbero un sussulto. «Va bene, pochi minuti che devo andarre a la palestrra che oggi ho il turrno al mattino.» Mosse il palmo aperto a indicare le scale. «Vai prrima tu, che so che mi guarrdi el culo quando salgo.» Le sue labbra si stirarono in un sorriso malizioso.
Il cuore di Fabio schizzava fuori dal petto: annuì, si girò di scatto e macinò i gradini a velocità supersonica. «Sono molto contento, sai, è un grande giorno per il mio gattile.»
Nessuna risposta.
Appena la ragazza arrivò all’attico, Fabio le fece strada. Merlino era ancora seduto sul pavimento, osservato da due gatti che si tenevano a debita distanza. La brezza che entrava dalla finestra aperta aveva sparpagliato i documenti sul tavolo. Fabio la chiuse e si girò a fissare Julia. Lei si era accovacciata a terra, il davanzale le sporgeva in avanti e il gatto premeva il muso tra le bocce, le sue fusa parevano il rombo di un terremoto.
Fabio fece un fischio. «Gli piaci.»
Julia rise e accarezzò il gattone tra le orecchie. «Anche trroppo, dirrei.»
Fabio si leccò le labbra. «Sai, non smetterò mai di ringraziarti per avermi fatto conoscere la contessa. Grazie a te il gattile potrà accogliere più gatti e —»
«Insomma ti hanno sganciato un po’ di dinero. Meglio se in palestrra non dico niente, sennò mi prrendono tutti perr el culo. Quella è l’ultima vecchia che ti mando, ok?»
Fabio si mise sull’attenti. «Per ringraziarti, potrei dividere con te un po’ di soldi, e in cambio potresti…» Lo stomaco gli stava per esplodere «venire a cena con me?»
Julia e Merlino diressero verso di lui quattro occhi felini. «Cabron! Per chi mi hai prreso? Perr una puta?»
«S-scusa, lasciamo stare i soldi, volevo solo dire che…» Si piegò a fissarsi i piedi «Vorrei uscire insieme a te.» Deglutì. «S-sai, un appuntamento...»
Lei non rispose, si alzò e fece ondeggiare le sue forme fino alla porta. «Devo andarre in palestrra, ma più tarrdi ti porrto Prrincesa, perrché vado in Dominica perr un mes.»
«Ah sì? Vai a trovare la tua famiglia per l’estate?»
«Sì. Quando torrno, forrse, mi potrrai offrrirre una cena di pescado.» Gli puntò addosso un’aguzza unghia laccata. «Forrse»
Lui si illuminò d’immenso. «Vedrai come te la tratto bene la Princesa, quando tornerai la troverai pulita e pettinata, ovviamente tutto gratis!»
Julia gli fece l’occhiolino. «Guarda che la mia micia non serrve pettinarrla, porqué es liscia come el petalo di una rrosa.» Lui si paralizzò, lei sbuffò e scoprì i denti bianchissimi. «Non farre il puerrco, che ti strrappo i cojones e li metto a bollirre nell’olio, ok?»
Il collo di Fabio era di pietra, ma riuscì comunque ad annuire.

Princesa era una sphynx, una famosa razza di gatti completamente glabri. Fabio accarezzò la sua pelle untuosa, lei mosse il muso a cercare ancora più coccole. «Però, è la prima volta che vedo uno di voi, sai?» Le strofinò la gola. «E pensa che sono anni che lavoro coi mici.»
Princesa diresse gli occhi celesti, incorniciati di rughe, su Merlino. Soffiò.
Fabio schioccò la lingua. «No no, fai la brava. Lui è buono, lo so che è grosso, ma è così perché ha tanto pelo. Potreste fare amicizia, pensa che bello se potesse scaldarti un po’, tu che sei…» un tuffo allo stomaco al pensiero di Julia «...tutta nuda.»
La gatta si agitò, si sciolse dalla presa di Fabio e arcuò la schiena. Le grinze sulla sua pelle si accentuarono a formare un intricato disegno.
«No, no.» Si allungò a trarre Merlino in salvo, pesava una tonnellata. «Vieni bello, ti porto in camera.»
Il gattone non oppose resistenza e si lasciò chiudere nella stanza. Fabio sbuffò e si voltò per tornare in sala a controllare gli altri gatti, ma quattro di loro, compresa Princesa, erano seduti a fissarlo, immobili come statue, pazienti come solo i felini possono essere.
Un brivido gli corse lungo la schiena: non aveva mai avuto paura di loro, fino a quel momento.

Si svegliò scosso da uno strano rumore in cucina: il frigo che si apriva. Roteò gli occhi nel buio, in attesa di altri rumori. Una lattina veniva aperta, parte del contenuto schiumava fuori e gocciolava sul pavimento. No, non c’erano dubbi. Qualcuno era in casa. Un ladro di birre? Ansimò, allungò la mano per accendere l'abat jour, ma si fermò. Era meglio non far notare all’intruso che si era accorto di lui. Scivolò fuori dal letto e scostò la porta della sua camera. In fondo alla sala, in cucina, un uomo molto magro avvolto nell’ombra beveva da una lattina.
Fabio prese un respiro profondo e fece un passo in avanti. Tutti i gatti dormivano sui divani o nelle loro ceste, udiva il loro respiro.
Pestò qualcosa, il fischietto di plastica di una pallina di gomma per gatti sputacchiò un lungo strillo.
L’ombra si raddrizzò e portò la lattina all’altezza del petto, il metallo splendeva illuminato dalla luce del lampione che entrava dalla finestra.
Fabio scattò verso gli interruttori e illuminò l’appartamento.
La cucina era vuota, fatta eccezione per Merlino che se ne stava seduto sul parquet, accanto al frigo aperto. Una lattina di birra vuota rotolava per terra.
Fabio scosse la testa. «Che ci fai qui?» Sussurrò. «Vai a nasconderti! C’è un ladro!»
Gli occhi del gattone scattarono a destra da dove Princesa, emesso un verso acuto e furioso come la sirena di una segheria, stava per saltargli addosso. Fabio allungò una mano per fermarla, ma la gatta, con le fauci aperte a evidenziare i denti appuntiti, balzò sopra a Merlino. I due felini si azzuffarono sul pavimento, ciuffi di pelo volavano in aria come lapilli di un vulcano durante un’eruzione.
«Ehi! No! Fermi!» Si piegò verso i due animali inferociti, ma questi scivolarono altrove. Tra soffi, graffi e morsi, il pavimento cominciava a sporcarsi di sangue. Fabio rimase a bocca aperta a osservare gli altri gatti che, svegliati dalla cagnara, si lanciavano nella mischia. Ormai tutta la casa era un eco di soffi e miagolii che parevano uscire dall’inferno dei felini. Lui si tuffò verso la massa di pellicce dagli svariati colori, prese alcuni gatti per la collottola e li lanciò lontano, ma questi correvano subito indietro per rigettarsi nella lotta.
Le sue mani erano ormai un ammasso pulsante di graffi e morsi, quando un miagolio si trasformò in un urlo umano.
Sotto alla massa di gatti inferociti comparve un vecchio, nudo e peloso come un orso. Tutti i gatti corsero a nascondersi, meno Princesa, che pendeva tenuta per la collottola da due dita ossute.
Il vecchio aveva una lunga barba che gli arrivava al petto e folti capelli candidi macchiati di sangue. «Varda, ‘sta stronza.» Agitò il braccio e fece penzolare Princesa, la cui pelle stirata pareva un lifting venuto male.
Fabio mosse le labbra e farfugliò qualche suono sconnesso.
Il vecchio mosse la mano a coprire il cespuglioso inguine. «Non è che gavessi un paio di braghe per me?»

Il cadavere di Princesa giaceva sulle sue ginocchia, Fabio l’accarezzò con le mani coperte di graffi. Il vecchio, che indossava i pantaloni di una delle sue tute da ginnastica, gli sedeva di fronte al tavolo della cucina, con un’altra lattina di birra attaccata alle labbra.
Fabio strinse i pugni. «Me l’hai ammazzata, la gatta!»
«Se meritava de crepar, la merdina. Appena me ga visto la ga capito tutto.»
«Capito cosa?»
«Che mi non iero un vero gato!»
«Ma si può sapere chi sei?» Aggrottò la fronte e fissò il vecchio dritto negli occhi.
«Merlino!»
«Falla finita.» Si massaggiò il collo, il corpo di Princesa traballava sulle ginocchia. «Chi sei?»
«Merlino, ciamame pure cusì.» Sorrise a scoprire una dentatura lastricata di nero, come i tasti di un piano. «Mi son el mago Merlino, me piase.»
«Il mago Merlino?» Strabuzzò gli occhi. «Quello di re Artù?»
«Mona, quella la xe una storia per bambini.» Ingollò un altro sorso dalla lattina e ruttò. «Mi son un mago vero, mica farlocco!»
Fabio schiuse la bocca e lo fissò senza riuscire a parlare, poi diede un pugno alla gamba della sedia. «Ho bisogno di bere anche io.» Poggiò il corpicino della gatta sul tavolo, estrasse una birra dal frigo e prese un lungo sorso. La schiuma gli andò su per le narici, tossì.
«Varda di non sofegarti!»
Lui arricciò il naso pizzicato dall’anidride carbonica e squadrò il vecchio. Era magrissimo, i rilievi delle costole sporgevano dalla pelle giallastra. «Perché parli in veneto?»
«Perché mi son de Trieste.» Allargò gli angoli della bocca.
«Un mago di Trieste.» Sospirò. «Oddio, mi sembra di diventare matto.»
Il vecchio si alzò, un lungo graffio sul petto spandeva gocce di sangue. «Te ti gavessi da fumar?» Fabio rimase impalato a guardarlo, il mago scrollò le spalle. «Dai, ‘ndemo fora, un distributor lo trovemo.» Indicò il corpo di Princesa col dito scheletrico. «Così te pol sotterar la bestia.»

Fabio spinse la pala dentro alla terra soffice in riva al fiume. Il vecchio lo fissava illuminato dalla luna piena, il luccichio della sigaretta gli colorava gli occhi di arancio. «Dai mulo scava, che non xe profonda a suficiensa!»
«Ma perché non mi dai una mano?» Sbatté la pala a terra. «Invece di startene lì seduto a guardare?»
«Mi son vecio, lavora ti.»
Lui sbuffò e continuò a scavare. «Ma insomma, mi racconti o no come fai a trasformarti in gatto? E perché dovevi venire proprio da me?»
«Quando la vecia bacuca xe andata a sburtar radicio, go pensato di vedere dove la voleva mandarme.» Il luccichio della sigaretta si intensificò, mentre Merlino aspirava. «La gaveva passato gli ultimi mesi a parlarme di un posto bellissimo dove mi saria andato quando ela la moriva.» Lume della sigaretta. «Mi non pensava mica che’l posto iera quella stamberga di casa tua. Mi credeva che’l fussi un’altra villa di un’altra vecia sua amiga.»
Fabio annuì. «Ho capito.» Fermò la pala e riprese fiato. «Quindi eri l’animale domestico della contessa, e pensavi che ti avesse destinato a un’altra donna ricca, invece che al mio gattile.»
«Sì. Mi voleva veder.» La sigaretta emanò più luce. «Poi go trovato tutti quei gati de merda, pronti a cavarmi fuori gli oci dalle orbite. Maledetti.»
«Ma perché ce l’avevano tanto con te?»
«Lori i xe animali intelligenti, capiscono tutto! E i xe perfidi! La contessa gaveva solo mi, altrimenti sai che dolori!»
«Ma senti, perché ti sei trasformato nell’animale di una vecchia? Che vantaggi ne traevi?»
Risatina. «I xe persone che trattano gli animali meglio dei cristiani! La vecia mi pettinava, mi lavava, puliva la mia merda, e mi comprava scatolette che costavano più de casa tua!»
«Ma… perché?» Batté un piede. «Insomma, coi tuoi poteri, perché ridurti a fare l’animaletto?»
«Te xe proprio un mona.» Risata. «Vedessi la casa che gaveva. Piena di roba: ori, argenti, gioie, quadri…»
«Quindi ogni tanto sgraffignavi qualcosa, ti ritrasformavi in uomo, andavi in giro e ti godevi la bella vita.» Sospirò «Poi tornavi e ti facevi accudire, rubavi ancora e così via.»
Merlino si stese sulla panchina in riva al fiume. «Mi sapeva che ti te ieri inteligente.» Sghignazzò. «La vecia la iera così cretina che non si accorgeva di niente. E poi la gaveva così tanta roba che na cagada de più o de manco nessuno fiatava.»
Fabio adagiò il corpicino di Princesa nella buca. La luna risplendeva sulla sua pelle nuda. «Povero me. Julia mi ammazza.» Si portò una mano ad asciugarsi una lacrima. «E non mi parlerà più.»
«Chi xe Julia? Quella baba con le tette grosse? Ah! Che mona che ti xe. Te credi ti che te la dessi! Una figa come quella là, con un mona come ti.»
«Ma hai sentito, no? L’avrei portata a cena!»
«Sì, sì. Te gavrebbe fato pagar na barca di schei, e poi tutto in vacca!» Si alzò, gettò la cicca nel fiume e si stiracchiò. «Mi vado ora, se vedemo, mona.»
Lo stomaco di Fabio mandò una fitta. «Dove vai?»
«Gira gira mondo! Go da trovare n’altra bacuca cui i piase i gati.»
«No!» Strinse i pugni. «Non puoi lasciarmi! I soldi…» Si morse un labbro.
Merlino si piegò dal ridere. «Ah sì! Te xe un po’ nella merda. Niente schei per il gato della vecia se mi vado! Ah! Che coion!»
«Dai! Per favore, mi hai ammazzato la gatta di Julia, non puoi piantarmi in asso così.»
«E cos te vol? Xe la vida! Ah!»
Fabio gli si parò davanti. «Se resti provvederò io alle spese per mantenerti, fino a quando troverai la tua prossima casa.»
Merlino strinse le labbra e si accarezzò la lunga barba. «Da magnar e da beber? Intanto che me trovo un’altra vecia?»
Fabio si morse un labbro. «Sì, e insegnami anche a trasformarmi in gatto.»
Merlino schioccò la lingua un paio di volte e strabuzzò gli occhi. «Non xe mica facile.»
«Solo per un mese al massimo, ok? Fino a quando torna Julia. Poi va’ pure per la tua strada.»
Il mago rimuginò e grugnì. «In un mese te ti impari solo a trasformarti in un solo gato, senza poter variare. Poderia insegnarte a diventar un persiano uguale de mi, cossì che te pol gaver ancora i schei, va ben?»
«Voglio diventare uguale a Princesa.»
«La gata della baba? Perché?»
Fabio sospirò. «Non puoi capire, io la amo.»
Il vecchio annuì. «Voi gioveni, solo la mona nel zervel.»
«Non si tratta di quello.» Aggrottò la fronte. «Io voglio starle vicino, voglio amarla ed essere amato, persino sotto forma di animale domestico, visto che non c’è altro modo.» Si studiò le punte dei piedi. «Una come lei e uno come me... su questo hai ragione, non ho alcuna possibilità.» Diede un pugno all’aria. «Ma coi tuoi poteri, le cose potrebbero cambiare! Ci devo provare!»
Merlino scosse la testa. «Va ben, mi resta. Ma varda che te me devi prender da beber tutto quel che voio, senza protestar.»
«Hai la mia parola.» Annuì. «Potrai ubriacarti quanto vuoi.»

Fabio si mise in piedi in mezzo al cerchio magico disegnato sul parquet. Un paio di gatti stavano accovacciati fuori dai bordi dell’arabesco, mandandogli sguardi pieni di curiosità.
Il tracciato magico raffigurava uno strano diagramma circolare, con i contorni di diversi occhi felini sospesi tra ghirigori ingarbugliati. «Ma chi te l’ha insegnata, questa roba?»
Merlino, appoggiato al muro sotto alla finestra e con in mano una bottiglia di Slivovitz quasi vuota, fece spallucce. «Xe mejo che non te lo dise.» Alzò il mento. «Ora, pensa al gato senza pelo, e metti i brazi diritti in croxe.» Tese le braccia verso l’esterno, parallele alle spalle. «Quando che ti sarà bravo, il diagramma magico non la servirà più.»
Fabio strinse i denti, allargò le braccia e chiuse gli occhi. Visualizzò nella mente le fattezze di un gatto di razza sphynx, con gli occhi azzurri come Princesa: ogni dettaglio era importante per riprodurne le fattezze. Un’onda di glaciale energia lo investì e gli scorse lungo la spina dorsale.
«Bravo, tienla dentro, non farla andar fora!»
Fabio aggrottò le sopracciglia, cercò di trattenere il freddo all’interno delle ossa, ma la mano di ghiaccio scivolava verso l’alto, oltre il cranio.
«Attento, mona!»
La vibrazione mandò in frantumi tutti i vetri della casa: la bottiglia di liquore che Merlino teneva in mano, le finestre, la lastra del tavolino della tv che, privata di un sostegno, rovinò a terra con un tremendo fracasso.
Fabio aprì gli occhi e uscì dal cerchio magico. Strinse le labbra e si massaggiò le tempie. Il mago si stava ripulendo i vetri dalla folta chioma. Una polvere di brillantini luccicava tra i peli ispidi della sua barba. «Vacca mastella, che gran casin! Gavemo ancora da lavorare molto, go paura.»
I gatti si avvicinarono, uno soffiò.
«Merlino, ma che cos'hanno?»
«I sentono la magia! C’è un solo modo per farli star quieti.» Trascinò il dorso del dito indice sulla gola.
Fabio scosse la testa. «No! Questo mai.» Alzò le sopracciglia, guardò la finestra frantumata e sorrise. «Mici, sui tetti dai! Coraggio!»
Ne prese uno in braccio, che emise un verso minaccioso, e lo fece uscire dalla finestra. Presto il felino sparì nella giungla dei comignoli.
Fabio annuì. «Sì, ci metteranno un po’ per tornare, avremo la casa per noi.»
«Per me iera meglio la mia soluzion, ma te ti vol complicarte la vida.»
«Non posso ammazzarli! Li amo troppo.»
Merlino sibilò. «Ma va a remengo, e tirame fora n'altra botilia da beber.»

Suonò il citofono. «Ehi, Merlino!» Corse verso l’ingresso. «Julia è puntuale! Presto, tra poco si entra in scena!» Alzò la cornetta. «Sì?»
«Dottor Menegon. Sono qui per l’ispezione per conto della famiglia Grignani.»
Il labbro di Fabio tremò, il cuore gli saltò alla testa. «Certo, s-salga.»
Riattaccò.
Il vecchio fece capolino alle sue spalle. «Chi xe?»
«Il veterinario che ti deve controllare, mandato dalla famiglia della contessa!»
«Ma perché lo ti ga fatto salir?» Sbuffò. «Bastava mandarlo in mona!»
«Non so perché l’ho fatto, non ho avuto i riflessi pronti.» Scosse la testa. «Avanti, trasformati.»
Merlino alzò le folte sopracciglia bianche «No.»
Fabio chiuse gli occhi e si batté i pugni sulle tempie. «Non abbiamo tempo! Dai, l’ultima cosa che ti chiedo, poi ti lascio andare.»
«Fatti mettere ti un termometro su pel cul!»
Il campanello della porta suonò. Il mago alzò gli occhi al cielo e si trasformò nel gatto persiano, i vestiti formarono un mucchio sul pavimento. Fabio prese un sospiro di sollievo e aprì. Il veterinario aveva i capelli a spazzola e dei baffetti color carota. «Permesso.» Lo scostò, raccolse il persiano e lo portò in cucina.
«Scusi, ma… » Lo seguì con lo sguardo «sarei potuto venire io al suo ambulatorio.»
«Non devo solo visitare il gatto. C’è anche l’abitazione da controllare.» Fissò la finestra rotta e i vestiti per terra. «E non andiamo per niente bene.»
Fabio rimase in silenzio. Il veterinario spruzzò disinfettante sul tavolo. Merlino aveva una faccia accigliata, ma accettava tutto senza opporsi. Gli altri felini del gattile accorsero eccitati, l’uomo li tenne a distanza col piede. «Male, molto male.» Toccò il folto pelo con le dita. «Ci sono segni di lotta, graffi e morsi e...» annusò il muso «ma questo gatto è ubriaco!»
«Non è colpa mia se beve come una spugna.»
Merlino sibilò, il veterinario estrasse un rasoio elettrico dalla borsa. «Lasciamo stare, per carità. Ora faccio un prelievo di sangue, per le analisi di laboratorio.»
Merlino miagolò, ciuffi di pelo caddero dal zampa, falciati dalla macchinetta.
Fabio fece un lungo respiro. Qualcuno bussò alla porta. Lui deglutì. «Scusi, vado a vedere chi è.» Il cuore gli batteva all'impazzata. «S-sì?»
«Aprri estupido!»
La mano tremante girò la chiave.
La carnagione di Julia era ancora più abbronzata, i tacchi dei suoi stivaletti pestarono sul parquet, che restituì scricchiolii di dolore.
Fabio le si avvicinò. «Ciao, sei bellissima.» Si sforzò di non svenire.
Lei lo fulminò con lo sguardo. «La gatta! Dov'è?»
«Vado a prenderla.» Corse in camera. Respirò a fondo, cercò di controllarsi. Un piccolo cerchio era disegnato sul pavimento, non aveva ancora imparato a farne a meno. Chiuse gli occhi, sorrise. Era arrivato il momento: avrebbe ricevuto l'amore che tanto desiderava, coccolato e riverito da Julia. Congiunse i palmi e biascicò un’ave maria: pregò che andasse tutto bene, o era rovinato.
Entrò nel cerchio e pensò alla gatta glabra. La mano glaciale lo percorse da capo a piedi e i suoi vestiti scivolavano via. Aveva funzionato!
Zampettò fuori e guardò in alto. Julia stirò le labbra in un sorriso che gli fece palpitare il cuore.
«Qua ho finito!» La voce del veterinario gli rimbombò nelle orecchie. L'uomo torreggiava sopra di lui. «Ma dov'è andato?» Si rivolse a Julia. «Ha visto il proprietario?»
«Chi se ne frrega! Vieni Princesa!»
Si abbassò, toccò la testolina di Fabio, il cui piccolo stomaco si contorse.
«Io vado.» Il veterinario mise le mani a coppa attorno alla bocca. «Se mi sente: sappia che può salutare il suo contratto.» Abbandonò l’appartamento.
«Bonita Princesita.» Julia prese in braccio Fabio, lui spinse il naso nella scollatura. «¡Yo también estoy feliz de verte!» Lo accarezzò sulla pelle nuda.
Lui faceva le fusa, vibrava tutto.
«Pero espera: ¿Qué cosa es esto?» Gli pungolò i testicoli con un’unghia aguzza. Fabio contrasse i muscoli, una fitta lo impietrì. «Tu eres un chico, no una chica.» La trasformazione non era completa. Possibile che non se ne fosse accorto?
Un miagolio dal basso.
«¡Aquí estás, Princesa!» Julia lasciò Fabio e raccolse l’altro gatto, un esemplare di sphynx femmina. «¡Sì, mia Princesita!» La strinse forte al petto. «Vamos a casa.»
Sulla spalla di Julia, Merlino-sphynx scoprì i denti aguzzi e fece l’occhiolino.
Le zampette di Fabio tremavano, non riusciva a rialzarsi. «Julia!» Il brivido freddo lo percorse, mentre si ritrasformava in essere umano.
Lei si fermò sulla soglia, i suoi occhi parevano uscire dalle orbite. «¡Ma estás desnudo, puerco, cabron!»
«Julia, no» Si guardò in giro, raccolse un gatto e lo usò per coprirsi le pudenda. «Non è come credi tu.»
«Yo clamo a los carabineros.» Corse giù per le scale. «¡Puerco!»
Fabio contrasse tutti i muscoli, la testa gli scoppiava. «Lurida merda!» Urlò a squarciagola. «Mi senti? Spugna di merda!»
«Te faccio arrestarr, cabrrrron!»
Cadde faccia al muro, nudo e in lacrime.
I gatti dell’appartamento soffiarono, tutti raccolti attorno a lui.
Uno gli saltò sulla schiena e lo trafisse con gli artigli, ed era solo il primo.

Edited by MentisKarakorum - 27/9/2021, 22:11
 
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