Forum Scrittori e Lettori di Horror Giallo Fantastico

Skannatoio Settembre - Ottobre 2021, Going postal!

« Older   Newer »
  Share  
view post Posted on 29/9/2021, 20:59
Avatar

Junior Member

Group:
Member
Posts:
36

Status:


Eccomi: ci riprovo!
Ho cercato di sistemare un po' le criticità che mi avete evidenziato la volta scorsa, ma non sono sicura di aver centrato pienamente l'obiettivo: questo me lo direte voi.
Vi lascio il mio racconto e sono molto felice di poter leggere i vostri.

LXXII
L’an mil neuf cent nonante neuf sept mois,
Du ciel viendra un grand Roi d’ effrayeur:
Ressusciter le grand Roi d’Angolmois,
Avant aprés Mars regner par bonheur.

Il Re del Terrore



Se c’è una cosa che adoro è farmi l’inchiostro da me. Lui potrebbe trasformare persino l’acqua in inchiostro, ma mi piace mantenere la mia indipendenza, almeno su alcune cose.
Fa parte del patto.
E poi mi piace tutto della sua preparazione: dalla rimozione delle gallozze dalle querce, all’effetto che fanno quando si mescolano con il solfato ferroso, alla consistenza appiccicaticcia della gomma d’acacia, financo alle mani viscide del mercante che cerca di rifilarmela a un prezzo sempre un po’ più alto di quello che si converrebbe.
Il momento che adoro di più, tuttavia, è quello dello sputo: mi ricorda il prezzo che devo al mio sapere, il silenzio che ho dato in pegno.
Adoro farmi l’inchiostro da me perchè è l’unica operazione complessa che mi è rimasta, quello che segue è meccanica trascrizione di un dettato.
E poi, quando mi faccio l’inchiostro da me, dico, sono sicuro che non inizierà a sussurrarmi le sue profezie.
Lo fa spesso, per dispetto, ne sono certo, nei momenti peggiori, ma mai mentre preparo l’inchiostro.
È la mia pausa dalla sua voce e dal futuro degli altri.
Ecco, ci siamo.
Raccolgo un signor sputo, un piccolo lago di saliva mi riempie la bocca. Delicatamente - è l’unico vero rito in cui abbia mai creduto - lascio che il getto scenda verso il calamaio.
- Eccoci qui, Miquèl, ti sssstai godendo un po’ troppo il momento, ho brutte notizie in arrivo.
- Vedo che oggi non mi lasci nemmeno uno dei pochi attimi di serenità che mi hai concesso…
La sua voce doppia, stridula e cavernosa al contempo, mi disorienta e mi spaventa sempre. È più forte di me: non riesco a farci l’abitudine.
Cerco di non farmi divorare dall’ansia.
- Evitiamo i convenevoli, afferra la piuma e iniziamo.
Afferro la penna d’oca e con la lingua recupero un filo di saliva che mi è rimasto sulla barba.
- L'anno mille novecento novanta nove e ssssssette messsssse,
Inizio a scrivere. Devo andare veloce, non gli sto dietro quando parte così.
- Sette messe?
Chiedo sinceramente dubbioso.
- No! Sssssssssette messsssssse!
È arrabbiato: basta sempre poco per farlo arrabbiare. Ormai riconosco il suo modo di fare: quando è infuriato allarga le narici taurine e sbatte le sue ali di grifone con forza. Sento contemporaneamente il suo fiato caldo sul collo e un vento gelido alla schiena. Tutto è doppio con lui. Mi sta addosso, ma è al contempo lontano.
Ci metto qualche frazione di secondo a ricordarmi che Haagenti ha quel difetto di pronuncia della esse e giungo alla conclusione che deve trattarsi del settimo mese, di luglio.
- Sette mese… Al settimo mese...
- Dal cielo verrà un grande re del terrore
Vergo i versi con rapidità ed eleganza, e se qualche lettera si sbava un po’ non me ne faccio un cruccio, meno facile sarà la loro lettura, la loro interpretazione, meglio sarà riuscito il nostro patto profetico.
- Resssssussssssciterà il grande Re di Ssssan Goi Mol, poi vai a capo di nuovo e aggiungi: Prima e dopo Marte regnerà con fortuna.
- Rallenta un po’, non ti sto dietro.
- Penssssssavo avessssssi imparato, Miquèl!
Odio quando mi chiama Miquèl accentuando così forzatamente la pronuncia occitana, e lui lo sa che lo odio, mi sa leggere dentro, mi possiede i sogni, figuriamoci i pensieri.
Odio quando mi chiama Miquèl e lui lo sa, ma non riesce nemmeno a pronunciarlo quel “Nostradama”.
- Sssssssmettila! Sssssse pensi a quel nome ci entro in contatto anche io e sssssai che lo detessssssto. Andiamo avanti… Nella terra di Bergomum, a capo, una ferita ssssi aprirà tremenda
- Questa volta è davvero bella criptica… No, non guardarmi così, anche le altre, vedrai che li faranno uscire di testa tutte... ma questa sestina in particolare… Non so, mi pare abbia qualcosa in più!
Haagenti ha lo sguardo compiaciuto, è convinto che questa profezia sia il suo capolavoro, lo capisco da come si alliscia le ali.
- Ssssì, sssssono compiaciuto e quindi? È o non è il mio capolavoro?
- Sai bene che non ti contraddirrei mai e sono sincero, sì: è il tuo capolavoro.
Mentre lo dico dirigo lo sguardo dentro il calamaio nel quale Haagenti sta intingendo una candida barbula che si è appena strappato dalle ali: sono pronto.

***



“CON LNYSECURITY2000 COGLI OGNI LADRO IN ERRORE:
PER I MALINTENZIONATI È IL RE DEL TERRORE!”



La voce squillante, ma seducente della promoter inonda la sala disordinata insieme alla luce variopinta della televisione.
Giambattista se ne sta, come ogni sera, spaparanzato sulla poltrona. Ai suoi piedi la boccia di vino rosso avanzato dalla cena.
Ogni sera la stessa tiritera: vino e televisione, in una sessione di zapping e sorsi di rosso che lo tengono sveglio fino alle due, qualche volta alle tre.
Il lavoro in fabbrica lo fiacca sì, ma da quando i ladri gli sono entrati in casa, dormire è diventata una vera a propria impresa.
Non che possedesse cose di grande valore, ma quei bastardi si sono rubati tutto il rubabile, compresi gli umili gioielli della madre defunta e il Ciao con cui andava al lavoro.
Da allora, il Giambo non si dà pace. Nemmeno un’intera boccia di vino a sera gli restituisce la meritata requie.
Ci avessero riprovato, quei bastardi, e si sarebbero trovati con una buona quantità di piombo in pancia.

Sta per controllare il suo vecchio prima di abbandonarsi al debole sonno quando la bionda tettona della televisione attira la sua attenzione: un antifurto, certo, ci aveva già pensato, ma il LNYSECURITY2000 è un’altra cosa.
Non avrebbe dovuto spaccare il muro e gestire fili, dato che va a batteria. La sua tecnologia a onde radio lo rende molto più agile da installare e la tettona dice che si può “comodamente” contattare l’assistenza se ci sono problemi.
Ha già sentito parlare di aggeggi del genere, anche se lì in valle non conosce nessuno che li abbia, ma questo ha un prezzo abbordabile persino per un mezzo morto di fame come lui. E comunque è un sacrificio che bisogna fare, non si può mica andare avanti a vivere così.
Il Giambo sente una strana sensazione di piacere pervaderlo: tornerà finalmente a dormire, d’improvviso vede il buio in fondo al tunnel della sua insonnia.
Corre in camera di suo padre e prende la bic quasi finita con cui aveva provato, invano, a risolvere un cruciverba un paio d’ore prima.
Estrae un vecchio avanzo di giornale da sotto la traballante gamba del tavolo della cucina e vi appunta sopra il numero da contattare per effettuare l’ordine.
Tornato nella stanza del genitore un puzzo fetido di fiato e scoregge lo investe. Bortolo, suo padre, si è di nuovo cagato addosso.
- Girati, Cristo Santo!
Bisbiglia il Giambo a denti stretti mentre cerca di sentire lo stato del pannolone del vecchio.
- Da me hai proprio preso solo il carattere di merda.
Risponde Bortolo tenendo gli occhi chiusi e cercando, con gran fatica, di premere i lombi contro il materasso, mentre il figlio prova di sollevarlo.

---


Il suono del citofono non si è ancora completamente esaurito che già il Giambo è sulla porta con un sorriso a trentadue denti.
- Lei è il signor Giambattista Locatello?
Chiede il fattorino, stanco.
- Sì!
Risponde il Giambo con prontezza.
- Mi metta una firma qui...
Aggiunge il fattorino passando all’uomo il documento di avvenuta consegna da firmare.
Il Giambo scrive il suo nome con una grafia più storta dei suoi denti e afferra il pacco con l’entusiasmo di un bambino il giorno di Natale.

---




C'era voluto quasi un mese, ma alla fine eccolo lì.
Tra spedizione aerea, tempi di consegna, ritiro e montaggio, che gli ha dato in realtà molti meno problemi di quanto avesse immaginato, è passato parecchio tempo, ma poco importa.
La scatoletta bianca con su scritto LNYSECURITY2000 campeggia ora vicino alla porta.
- Riprovateci adesso a entrare, bastardi!
Esordisce il Giambo mentre un ghigno mette in risalto i suoi incisivi asimmetrici.
Prepara la sbobba frullata per suo padre e si dirige in camera, pronto per imboccarlo.
La stanza è spoglia, ci sono giusto un letto e un comodino su cui sono appoggiate La Gazzetta dello sport e la solita Settimana Enigmistica piena di errori.
Sul muro dirimpetto al letto, sotto un crocifisso logoro, una fotografia ritrae Bortolo da giovane in mezzo a una decina di altri ragazzi. Sotto ai loro piedi, tre cinghiali di dimensioni enormi. Bortolo sorride sgargiante mentre un ragazzo gli appoggia una corona in testa. Sullo sfondo, l'imponente gola di un fiume: il "goi mol", la gola cocciuta, come la chiamavano in paese, assurta a santuario dei montanari dopo che il Gino Facchinetti, che secondo alcuni era uscito di testa da quando la Luisa se ne era andata con i bambini, aveva sostenuto di aver visto la Madonna farci il bagno.
Una scritta un po' sbiadita occupa la fascia più bassa della fotografia:
"AL BORTOLO, OL RE de singiai de SAN GOI MOL, dala tö banda de mascalsù" seguita da una sfilza di firme illeggibili.
Non ha ancora messo un piede nella camera che un suono acuto e periodico lo fa trasalire.
Giambattista si dirige verso l’antifurto e lo disattiva. Devo aver sbagliato qualcosa nell'installazione, pensa tra sè e sè. Trascorso solo qualche istante, dopo essersi sincerato che l’allarme non riparta, torna all’attività quotidiana che più detesta: la cura di suo padre.
Bortolo è un uomo corpulento, differentemente dal figlio, e per il Giambo aiutarlo ad andare in bagno e lavarlo richiede una fatica che si risparmierebbe volentieri.
L'anziano soffre di un'importante demenza senile e la morte della moglie ha acuito la gravità della malattia.
- Dove mi porti questa volta, razza di coglione?
Sbotta il vecchio.
- Stai zitto o d'ora in poi ti lascio ad annegare nella tua stessa merda.
Risponde, secco, il Giambo.
- Ahahahaha! Lo dico sempre io: solo il caratteraccio hai preso da me, era meglio che da me prendevi la stazza e che il carattere lo prendevi da tua mamma…
Controbatte il vecchio articolando faticosamente i suoni.
Non sono ancora arrivati al bagno che l'antifurto riprende a suonare con forza cogliendo i due alla sprovvista e spaventandoli al punto da farli rovinare entrambi sul pavimento.
- Bell’acquisto figliolo, soldi veramente ben spesi!
Dice proprio così, quel vecchio bastardo, soffocando un’infame risata.

---


Il Giambo se ne sta, di nuovo, spaparanzato sulla poltrona. Ai suoi piedi la solita boccia di vino rosso come il sangue che inietta i suoi occhi insonni. Fissa, senza guardarla davvero, la televisione che tiene a un volume altissimo, nell’illusione di non sentire più l’allarme che, sicuramente, si rimetterà a suonare all’improvviso e senza motivo.
C’è qualcosa di malefico in quell’aggeggio, tanto che non è riuscito nè a disinstallarlo né a estirparlo dal muro, che ora risulta a tratti spaccato intorno all’antifurto e la batteria sembra non esaurirsi mai. Ha chiamato l’assistenza, ma gli hanno detto che, trattandosi di una marca statunitense, ci sono pochi tecnici formati per risolvere il problema sul territorio e che dovrà attendere una decina di giorni.
Ne sono già passati tre.
Tre giorni infiniti.
Eterni.
E poi ci si è messo anche suo padre la cui demenza senile sembra aver preso totalmente il sopravvento già dopo il primo giorno.
- È tempo di cambiare vita, figliolo!
Gli ha detto baldanzoso il secondo giorno di tortura acustica.
- Dobbiamo fargli il culo a strisce a quei bastardi maiali di tedeschi. Hai capito? Io lo so che sono tornati, ma adesso li ricacciamo nella loro stalla, vedrai figliolo!
Così dice al figlio che quasi non lo sente parlare.

---



- Che cazzo fai, sei completamente impazzito?
Giambo guarda incredulo suo padre e gli altri tre anziani, vestiti con le loro vecchie divise da militare, puntare i fucili da caccia verso di lui.
La trincea in cui si sono posizionati deve essere profonda almeno un metro.
- Avete scavato seriamente una buca in giardino? Ma siete matti! Cosa fate con il fucile in mano?
- Levati dalle palle, sporco nazista, o ti riempio di piombo!
- Sporco cosa? Papà, ma non mi riconosci? Sono il Giambattista...
Il Giambo perde colore, il suo respiro si fa sempre più pesante: la situazione è davvero irreale.
Cerca di fare un passo verso il filo spinato con cui il manipolo di matti ha circondato il giardino, ma uno di loro spara un colpo in aria prima di tornare a puntargli il fucile addosso.
- Non. Fare. Un. Altro. Passo. O ti ammazzo. Mangiakartoffeln di merda! C’è solo una cosa che mi dà più piacere che far fuori i cinghiali e sai cosa è? Fare fuori gli stupidi nazisti come te!
Aggiunge l'uomo.
- Ma cosa sta dicendo, io non sono…
- Stai zitto! Non pensare di fregarmi… Io lo so che siete tornati. Qui è pieno di gente come te, siete voi e i cinghiali… ma sai, giù al San Goi Mol quanti cinghiali ho seccato? No, non ne hai idea. Eppure è lì che i tuoi amici tedeschi mi hanno lasciato appeso a testa in giù per quasi un giorno intero e hanno ammazzato davanti ai miei occhi il Luigi… Io ci sono cresciuto con il Luigi…
Suo padre parla concitato e furibondo, il suo viso si fa paonazzo mentre scoppia a piangere di un pianto rabbioso. Giambattista è sempre più spaventato.
Bortolo si asciuga le lacrime e guarda il figlio con sguardo assatanato.
In sottofondo, l’antifurto suona incessante.
- Lo senti? È la sirena del coprifuoco e suona a causa vostra, ma io non mi nascondo più...
E così dicendo carica il fucile.
Il Giambo si nasconde appena in tempo dietro il muretto perimetrante il giardino che il fucile esplode un colpo.
Per un solo istante, nessuno sente il suono dell’allarme.
Il Giambo estrae il suo Motorola e digita il 112.
- Pronto, pronto…
Trema.
- Pronto… sì, i carabinieri. Pronto, ecco, chiamo da Garno… sì, sentite, mio padre è impazzito… In questo momento? In una buca in giardino, una specie di trincea che si è scavato con i suoi amici e hanno dei fucili… come? Sì, trincea. Sì, sì è cacciatore… sì, ha il porto d’armi, sì, sì, ma è totalm… come? No, sì, immagino non senta bene… No, è l’antifurto di casa nostr… cosa dice? No, no, le dico che non ci sono ladri, è mio padre che è impazzito… No, non è da solo, ci sono altri quattro, cioè tre suoi amici… No, non conosco la dinamica… Come, prego? No, siamo piuttosto isolati… Via delle fontanelle 18, è praticamente appena fuori il bosco. Non sta bene da tanto, ma non hai mai fatto cose simili prima, no. No, non mi muovo, ma voi fate presto! Ah, certo: Giambattista Locatello… ok, va bene.
Quando chiude la comunicazione, il Giambo ha il cuore in gola.

---


Dopo quasi un’ora le pattuglie davanti al vecchio cascinale di via delle fontanelle, numero civico 18, Garno, sono due.
- ...Le dico che non ci riusciamo.
L’appuntato parla al suo superiore stando seduto dietro la volante.
- No, non è solo il Locatello, ce ne sono altri tre e sembrano che hanno il diavolo addosso… Non lo so, il figlio dice che sono amici suoi, ma non sa esattamente cosa è successo, come si sono organizzati… il padre è completamente uscito di testa negli ultimi giorni, dice... e hanno portato fuochi d’artificio che usano come bombe… no, intendo dire che ce li sparano addosso! Dicono che lo fanno per vendicare un certo Luigi e che siamo dei mangiakarqualcosa di merda.
Il comandante siede nel suo ufficio esterrefatto.
- Aspetti un momento, lei mi sta dicendo che siete assediati da quattro vecchi rincoglioniti che usano come armi fuochi d’artificio?
Chiede perplesso.
- Esattamente, e fucili da caccia.
Aggiunge l’appuntato.
- … e sono dentro una buca in un giardino, corretto?
Prosegue il comandante.
- Tipo una trincea, sì, corretto!
Risponde l'appuntato.
- E voi non riuscite a gestire la situazione e volete rinforzi, ho capito bene? Ma che cazzo è questa sirena?!
Tuona il comandante.
- L’antifurto di casa Locatello, signore, suona incessantemente da prima che arrivavamo noi e ci sta facendo uscire pazzi, signore. Comunque rispondo affermativamente: ci servono i rinforzi.
Mentre parla, un cartoccio arriva a qualche metro dalla macchina. L’esplosione lo fa trasalire. Nel frattempo, un giovane carabiniere sta facendo il giro della casa.
Il suo piano è cogliere gli anziani di sorpresa.
- Ti ho beccato, lurido fascista!
Dice uno dei vecchi sparando contro l’uomo che cade a terra ferito.
Il suono tremendo dell’antifurto cessa per un lunghissimo minuto.
Tutt’intorno regna il silenzio, squarciato dalle urla strazianti del carabiniere. A terra il sangue si espande lentamente.
Solo quando il suono dell’allarme riprende il Giambo, esausto ed esaurito, si dirige verso l’appuntato che gli dà le spalle e tiene ancora in mano il telefono, lo colpisce sulla testa con un sasso trovato per terra, gli ruba la pistola e, uscendo finalmente dal suo nascondiglio, la punta contro suo padre.
Appena prima di premere il grilletto direziona l’arma verso la casa da cui proviene quel suono incessante e apre il fuoco.
La finestra, a pochi metri dal quartetto di anziani, va in mille pezzi.
Ma il Giambo è ormai allo scoperto e ha tutti e quattro i fucili puntati addosso.

***


La visione s’interrompe.
Haagenti sta mescolando l’inchiostro e ha tolto la barbula ormai zuppa con una delle sue lunghe unghie rompendo l’incantesimo.
- Ma come? Mi stavo appassionando… Non vorrai davvero interrompere qui! Cosa diavolo succede adesso?
- Ssssssai che non ti è concessssssso vedere tutto.
- Sì, certo che lo so, ma detesto comunque quando lo fai finire sul più bello.
Lo trovo sleale. Sono i momenti in cui mi rendo conto di non essere altro che un burattino in mano a un demone impazzito.
- ...Beh, allora? Che ne dici?
Mi incalza Haagenti abbozzando un sorrisetto compiaciuto.
- Assurdo! È una storia assurda...
Rispondo ancora sgomento.
- Ogni tanto, nel mondo succedono delle cose che uno non ci crede...
Ormai dovrei essermi abituato alla rivelazione delle profezie: sono sempre storie talmente incredibili da non sembrare vere e invece lo sono, o per meglio dire, lo saranno.
Il demone scoppia in una risata baritonale.
- Proprio quello che volevo sssssentirmi dire… Gli umani hanno quesssta ssssstupida tendenza a credere che le profezie rivelino arcani impressssscindibili, che dei e demoni si sssssscomodino sssssolo per le “grandi quesssssstioni”...
Mentre lo dice disegna due virgolette immaginarie nell’aria con le sue unghie aguzze.
- Proprio non lo capissssscono che non esssisssste un ssssenssso e che i demoni e gli dei ssssi divertono di più con le loro piccole, insulssse, folli quesssstioni quotidiane. Che il dessstino del mondo sssi compie anche e sssssoprattutto nella pazzia della gente comune, nel vivere di tutti i giorni...
Lo ascolto attentamente.
- È cossssì che li traiamo in inganno: le nosssstre profezie si compiono tutte, non mentiamo, questo no, ma loro non ssssanno dove cercare e useranno le nosssstre, le tue parole per evitare prima e interpretare poi eventi di portata mondiale che non hanno nulla a che sssspartire con la reale ssssorte del mondo...
Non lo seguo mai fino in fondo quando attacca a filosofeggiare.
- Se posso permettermi un consiglio...
Tento l’approccio con tono gentile.
- Ho il sospetto che gli stiamo dando fin troppi indizi e non vorremo certo che questi nostri successori arrivino a prevedere ed evitare qualcosa, giusto?
- Dimmi cossssa hai in mente...
Mi incalza guardandomi curioso.
- Nulla di che, mio Signore. Pensavo solo che sarebbe meglio togliere informazioni, scrivere quartine, piuttosto che sestine, così da rendere le profezie ancor più sibilline… usciranno di testa, vedrà!
Ho sempre paura delle sue reazioni. Mi tormenta con incubi indescrivibili quando faccio o dico qualcosa che non gli va a genio.
- Può esssssere una buona idea… Ma ne abbiamo già sssscritte parecchie…
Aggiunge ancora non del tutto convinto.
- Ci penso io, mio Signore. Ho ancora un po’ d’inchiostro e se non basta me ne farò altro, non sarà un peso.
- Come vuoi, ma non cedere troppo all’essstro.
E così dicendo Haagenti scompare.
Riprendo la penna d’oca, la intingo nell’inchiostro e cancello gli ultimi due versi

Nella terra di Bergomum
una ferita si aprirà tremenda


Ora mi guardo in giro, come se non sapessi che mi osserva anche senza essere fisicamente vicino a me e mi abbandono a una licenza poetica che qualche volta mi concedo: anagrammo Re di San Goi Mol e lo trasformo in Re d'Angolmois. Rileggo la quartina:

L’anno millenovecentonovantanove al settimo mese
dal cielo verrà un grande re del Terrore
resusciterà il grande re d’Angolmois
prima e dopo Marte regnerà con fortuna.



Una risata incontenibile mi scoppia nel petto e si fa strada fino a riempire la stanza.
Ho le lacrime agli occhi tanto rido al solo pensiero di come interpreteranno questa quartina.
È davvero il nostro capolavoro, Haagenti, ripeto tra me e me.
 
Top
Leonardo Pigneri
view post Posted on 30/9/2021, 10:32




Ciao ragazzi, ho avuto un po' di problemi queste ultime settimane e sono ancora in prima stesura con il racconto. Chiedo quindi il diritto di proroga. Se non venisse accettato comunque nessun problema, ci leggeremo a Novembre!
 
Top
view post Posted on 30/9/2021, 10:52
Avatar

Member

Group:
Member
Posts:
159
Location:
Another World

Status:


Nulla in contrario a concederti la proroga!
 
Top
view post Posted on 30/9/2021, 11:20
Avatar

Junior Member

Group:
Member
Posts:
36

Status:


Per me nessun problema! è stato bello leggerti la scorsa volta, non vorrei perdermi questa possibilità ora ;)
 
Top
view post Posted on 30/9/2021, 14:06
Avatar

Custode di Ryelh
Badge Moderatore

Group:
Moderator
Posts:
822
Location:
Sulla rocca dei Montefeltro

Status:


Well, vox populi, vox day. Proroga concessa pernuna settimana. Ricordate che la data di consegna dei commenti resta invariata, quindi avrete meno tempo per commentare.
 
Top
Leonardo Pigneri
view post Posted on 30/9/2021, 14:47




Grazie a tutti! Speriamo approfittino anche altri partecipanti per unirsi all'ultimo secondo!
 
Top
view post Posted on 1/10/2021, 14:59

Member

Group:
Member
Posts:
993

Status:


Ciao, White Pretorian, allora commenterò l'otto ottobre, giusto? Questo per la proroga a Leonardo.

Ciao Incantatore Incompleto, sono felice per te. Scusa se non te l'ho scritto prima.
 
Top
view post Posted on 4/10/2021, 00:47
Avatar

Custode di Ryelh
Badge Moderatore

Group:
Moderator
Posts:
822
Location:
Sulla rocca dei Montefeltro

Status:


CITAZIONE (shanda06 @ 1/10/2021, 15:59) 
Ciao, White Pretorian, allora commenterò l'otto ottobre, giusto? Questo per la proroga a Leonardo.

Ciao Incantatore Incompleto, sono felice per te. Scusa se non te l'ho scritto prima.

Esatto. A partire dall'otto ottobre
 
Top
view post Posted on 5/10/2021, 06:55

Member

Group:
Member
Posts:
993

Status:


Grazie, White Pretorian, sei molto gentile.
 
Top
view post Posted on 6/10/2021, 09:02
Avatar

Custode di Ryelh
Badge Moderatore

Group:
Moderator
Posts:
822
Location:
Sulla rocca dei Montefeltro

Status:


CITAZIONE (shanda06 @ 5/10/2021, 07:55) 
Grazie, White Pretorian, sei molto gentile.

Tu di più 😉
 
Top
view post Posted on 7/10/2021, 19:03

Junior Member

Group:
Member
Posts:
2

Status:


sono nuova, mi sono iscritta, ma non riesco a trovare i racconti da leggere, sono imbranata io o c' e qualcosa che non va?? grazie
 
Top
view post Posted on 7/10/2021, 19:09
Avatar

Member

Group:
Member
Posts:
159
Location:
Another World

Status:


CITAZIONE (gabriella casagrande @ 7/10/2021, 20:03) 
sono nuova, mi sono iscritta, ma non riesco a trovare i racconti da leggere, sono imbranata io o c' e qualcosa che non va?? grazie

Ciao, sono proprio qui ;) solo qualche post più indietro. Controlla la seconda pagina, trovi quello di Alexandra e il mio, mentre quello di Shanghai Kid, è all'inizio di questa pagina. Hai ancora fino a domenica se vuoi postare anche il tuo!
 
Top
Leonardo Pigneri
view post Posted on 7/10/2021, 22:12




I mezzi della pace



Saetto oltre la bassa palizzata ed entro nel villaggio. Devo solo mantenere i piedi stabili, niente capitomboli questa volta. Guardo avanti. Gli abitanti di Holville si sono radunati nella piccola piazza centrale. Sventolano le mani per salutarmi. Sì, e non devo inzupparli tutti di fango. Continuo a scivolare. La folla si apre in due file.
«È lei!» Urla qualcuno.
Sorrido e mi piego sulle gambe. Il muro di una casa si avvicina in fretta. Rallento la scivolata, mi inclino in avanti e spicco un balzo. La velocità mi spinge in un arco discendente. Atterro e sostengo l’impatto con una corsetta non proprio elegante. Degli applausi si levano intorno a me. Mmpf, ci vuole poco ad accontentarli.
Alzo una mano. «Buongiorno a tutti! Buongiorno! Come vanno le cose?»
I popolani mi asserragliano all’istante. Un uomo senza un braccio mi alita in faccia. «Porti notizie dal fronte?»
Un altro mi tocca la schiena. «Come procede la guerra?»
«Indietro, indietro!» Una donna con una camicia rattoppata prevale con la voce su tutti gli altri. «Bobby, allontana quelle manacce! È con una nobile che state parlando! Lasciatela respirare!»
Le faccio un cenno con la mano di non preoccuparsi. Cerco di mostrarmi calma. «La guerra va come al solito, I Kataloviani hanno provato una sortita una settimana fa, ma li abbiamo respinti oltre il confine.» Hanno anche dato fuoco a quattro villaggi vicino alle montagne, ma meglio ometterlo.
Un vecchietto viene avanti. «E il re?»
«Il re cosa?»
Anche una donna con i capelli cortissimi si avvicina «Porti notizie da Alber?»
«Ehm, non ci sono passata ultimamente.»
Un uomo stempiato mi porge un sacco. «Non è che potresti consegnare questo a Taranol?»
«Mi dispiace ma non è così che funziona…»
La calca si stringe sempre di più. Qualcosa mi tocca una gamba. Una bambina mi sta fissando le calze infangate. «Wow… sono le calze della velocità?»
Sorrido e mi chino su di lei. «Proprio loro. Una delle sette vesti di Ollispo.» La folla si calma un poco e il chiacchiericcio continua sopra di noi. Faccio l’occhiolino alla bambina. «Senti, se mi dici dove posso trovare un certo Generale Timbass...»
Da destra si leva uno sferragliare di armature. Un uomo con il labbro inferiore sporgente e due soldati al seguito si fanno spazio tra la calca. L’uomo mi fa un cenno col capo. «Miss Lemallen, è un onore.»
Mi raddrizzo e tiro fuori la lettera dalla scarsella. «Il generale, suppongo.»
Sbatte le palpebre affermativamente. «È per me quella?»
«Sì, ma devo farti la domanda di sicurezza. Allora…» prendo l’altro foglietto dalla tasca. «Ah sì, il nome della madre di tuo padre.»
Quello distoglie lo sguardo. Il velo della comprensione gli si dipinge sul viso. «Un canestro di carote.»
Corretto. Sorrido e gli porgo la lettera. «A te.»
La prende e la infila in una tasca. Mi guarda. «Inoltre, Miss Lemallen, questi due soldati dovrebbero parlarle.»
Che? Ma non stavano con lui? Li osservo meglio. Hanno un blasone sul petto o… Accidenti. Il corno d’ariete del Re.
Uno dei due viene avanti e inizia a srotolare una pergamena.
Sbuffo. «Convocazione a palazzo?»
Quello mi guarda confuso. Gli poggio una mano sulla spalla e mi prendo una caviglia dietro al sedere stendendo il quadricipite. «Ti risparmio il fiato, ditegli che sarò lì entro domani.» Sorrido. «Anzi, credo che glielo dirò direttamente io.»
La folla ci guarda in silenzio. Faccio un cenno di commiato con la mano. «Vi ringrazio per la calorosa accoglienza brava gente di Holville, ma devo andare. Se avete consegne importanti rivolgetevi al Direttorio Reale più vicino e la vostra richiesta sarà vagliata in base all’urgenza!»
Attraverso la calca stringendo qualche mano. «A presto, e tenete duro!»
Inizio a correre. Le case sfilano intorno a me, esco dalla palizzata e gli alberi mi accolgono nella loro ombra. Il vento mi getta i capelli all’indietro. Faccio un piccolo balzo e metto i piedi di taglio, come se stessi cercando di rimanere in equilibrio su una trave. Inizio a scivolare.
Spero solo non sia l’ennesima missiva da recapitare al fronte.

Le ante intarsiate del grande portone si aprono. Il ciambellano mi fa cenno di entrare nella sala reale. Ho fatto in tempo a togliere giusto qualche crosta di fango dai vestiti, ma le calze sono marroni fino alle ginocchia e presumo il mio odore non sia neanche lontanamente considerabile neutro. Oh beh, il Re predilige la celerità alla pulizia.
Mi guardo intorno; la sala è vuota. Il ciambellano indica la porta che dà sui giardini di corte. È aperta. Ricambio la sua espressione austera ed esco.
Il re è seduto su una panchina a contemplare le fronde di un pioppo. Insolito da parte sua. Avanzo fino all'erba. Fa caldo, ma il profumo del rincospermo e la bellezza delle lavande in fiore mi convincono che questo sia, in effetti, un luogo di gran lunga migliore per un’udienza.
«Sua maestà.»
Il re si gira, ha il suo solito aspetto vetusto, ma tra le sopracciglia vi è una ruga che non ricordavo così marcata. Preoccupazione?
«Miss Lemallen, come sta?» Si volta di nuovo verso il pioppo e batte la mano sul posto vuoto al suo fianco.
Mi siedo. «Se lei è d’accordo, maestà, sono disposta a saltare i convenevoli, ho inteso che c’è una certa urge—»
«Ma io no, Miss Lemallen, e gradirei assecondasse le fisime di questo povero vecchio.»
Deglutisco. «Ehm, sì, certo... sto bene, grazie… e lei?»
Una pausa si trasforma in silenzio. Sospira. «Poco sembra mutare, Miss Lemallen. Eppure, tutto si deteriora. Sa da quanto va avanti questa guerra?»
Era il 562 quindi… «Undici anni?»
Annuisce. Le labbra strette in una singola linea. «Lo sa? A volte mi guardo allo specchio e riconosco solo gli occhi. I miei occhi sul viso di un vecchio.»
Stringo un angolo della veste. Di che cavolo sta parlando? «Ehm, non credo di—»
«Questa guerra deve finire, Miss Lemallen.»
Ah eccolo, il solito filosofeggiare sterile dei nobili. Facile dalla loro posizione parlare così, quando poi sono gli altri a fare il lavoro sporco.
«Sono d’accordo sire, ma…» Mi mordo la lingua, devo smetterla di inquisire. «Sì, sono d’accordo.»
«I nostri nemici hanno messo le mani su un’altra veste di Ollispo, e ciò ci porta ad averne tre a testa.» Il suo tono è grave. «Noi il bottone della dissimulazione, il camice della giustizia e le calze della velocità.» Lancia un’occhiata alle mie gambe ricoperte di fango. «Loro la gorgiera della verità, la scarsella della fortuna e, ora, il cappello della separazione.»
Dannazione, il cappello! A quanto si diceva, era la seconda veste più potente, dopo la mutanda della morte ovviamente. Mi sistemo sulla panca. «E come vanno le nostre ricerche dell’ultima veste?»
«Infruttuose, come le loro d’altronde. Ma qualcuno prima o poi troverà la mutanda della morte e porrà fine a questa guerra. Una fine spiacevole, glielo assicuro.» Mi guarda. «Lei, Miss Lemallen, mi aiuterà a dare un taglio a questo conflitto prima che tutto ciò accada.»
Già, combattendo immagino. «Maestà, io, al contrario di altre famiglie, ho sempre messo i miei servizi a disposizione del regno. Ma come le ho già detto, mi rifiuto di essere militarizzata e—»
«Ho già messo in conto la sua natura pacifista, quello che le chiedo è solo di ascoltare la mia proposta e dirmi la sua fattibilità.»
Dei passi incedono alle nostre spalle. Mi giro. La principessa Beys si ferma dietro suo padre e gli poggia una mano su una spalla. Dalla chioma lucente di lei alcuni fili d'oro ondeggiano nella brezza. «Quanto tempo, Jalei.»
La principessa? Le rivolgo un sorriso vago.
«Dovrai portare mia figlia dentro Katalov.» La voce del Re è dura.
Dentro... Katalov? «Ehm, credo di non aver capito bene…»
«Attraverserai il confine e scorterai Beys fino ad Arekhara, lì la consegnerai al principe ereditario Obel.»
Il figlio del Re di Katalov. Scuoto la testa. «Ma a quale scopo?»
La sua fronte si distende appena. «Credo lei sia a conoscenza delle voci che corrono sul conto di mia figlia e il principe, Miss Lemallen.» Il re porta la mano ad accarezzare quella della principessa. «Ebbene, sono vere. Essi, fin da quando erano bambini, si amano.»
Allora non erano solo dicerie. Mi pulisco dall’espressione ebete che deve essermi comparsa sul viso.
Il Re si riporta la mano in grembo. «Non si vedono dall’inizio della guerra e non abbiamo prova che i sentimenti del principe siano immutati, ma è la nostra unica speranza. Il Re Halken non permette alcuna forma di diplomazia da anni. La guerra sta volgendo a suo favore e non accetterà mai un accordo. L’unica soluzione è quindi riunire la principessa Beys e il principe Obel, e sperare che quest’ultimo faccia rinsavire il padre.»
Accidenti. Troppe informazioni tutte insieme. La principessa, però, sembra avere un’espressione risoluta. Alzo un sopracciglio. «Maestà, posso parlare con sincerità?»
«La prego.»
«Mettiamo che questo piano dell’amore che vince su tutto funzioni.» E non penso lo farà. «Arrivare fino a Arekhara è rischioso, metterei in pericolo la vita di sua figlia.»
Il Re è impassibile. «Ma può essere fatto?»
Mi figuro il tragitto nella mente. «Certo, è possibile.» E d’altronde, se tutto andasse per il verso giusto, sarebbe davvero la soluzione migliore per tutti.

Scanso una roccia e plano su una grossa pozzanghera color piombo. Cavoli se fa freddo. E sono completamente fradicia. La principessa si agita sul sedile di cinghie montato sulla mia schiena.
Mi giro appena. «Tutto bene lì dietro?»
Lei alza la voce per superare il rumore delle calze che slittano sul fango. «Spiegami ancora una volta perché abbiamo atteso che piovesse per partire!»
Sussulto nel superare un piccolo avvallamento. «Per il terreno! È scivoloso e ci fa muovere più velocemente. Inoltre riduce la visibilità, cosa molto utile dal momento che presto inizieremo a scorgere le vedette Kataloviane. Le consiglio di tenersi pronta!»
Le montagne davanti a noi si innalzano in vette sempre più alte. Al centro, una gola scava un varco tra due pareti rocciose da cui spiccano tre torri in pietra.
«Guardi!»
La principessa cerca di girarsi. «Sono di spalle, non vedo nulla!»
«Il confine con Katalov, la prima fortezza delle montagne!»
Lei non dice nulla. O, se lo fa, il vento si porta via le sue parole. Mi passo una manica sugli occhi. Le gocce di pioggia iniziano a irritarmi il viso. Accelero. La fortezza si avvicina sempre più. Devo mantenere questa velocità, altrimenti rischiamo di non risalire la parete rocciosa e cadere di sotto.
La vegetazione si dirada e il portone della fortezza sorge in fondo alla via deserta. A breve ci noteranno. Viro verso sinistra. La parete laterale della gola ci viene incontro.
«Cerchi di non muoversi!»
Salto dalla terra alla roccia. È bagnata e scorre piuttosto bene sotto le calze. Ci incliniamo sempre di più. La principessa emette un gridolino.
«Ce la faremo, non abbia paura!» Che io ne ho abbastanza per entrambe.
La pendenza diventa quasi verticale. La vetta della montagna si staglia nel cielo grigio. Ruoto appena e mi indirizzo lungo la gola. Tra un attimo avremo il forte alla nostra destra. Il suono di un corno si leva dal basso.
«Ci hanno visti!»
Una freccia rimbalza sulla roccia poco più avanti.
La principessa si agita. «Ci bersagliano, Jalei!»
Altri impatti schioccano intorno a noi. Molti lontani, altri a meno di dieci piedi. Hanno buoni arcieri. Mi inclino in avanti e acceleriamo ancora di più. Sotto di noi si apre l’interno della fortezza: una specie di piccola cittadina ricolma di trabucchi e catapulte. Che stiano organizzando un assedio?
Schizziamo oltre la fortezza e iniziamo a discendere lungo la parete.
Urlo per farmi sentire dalla principessa. «Andremo a questa velocità ancora per un paio d’ore, tenga duro!»
Lei dice qualcosa che non capisco. Non importa, mi devo concentrare, uomini a cavallo ci saranno presto alle calcagna e le calze della velocità non hanno il potere di nascondere le proprie tracce nel terreno. Dobbiamo mettere un bel po’ di distanza tra noi e loro.

Le fiamme finalmente iniziano ad assaggiare i ciocchi di legna. Lo dicevo che togliendo la corteccia il centro era asciutto!
«Sembri contenta.» La principessa si accovaccia al mio fianco e tende le mani verso il giovane fuoco. «Sei sicura che non lo noteranno?»
«Non c’è da preoccuparsi, alla velocità a cui abbiamo viaggiato, gli ci vorranno almeno otto ore per raggiungerci.» Soffio sulle braci. Queste si avvampano e tirano su una nuvoletta di cenere. «Col buio poi, gli sarà difficile seguire le nostre tracce. Giusto... ci metteremo un po' di più ad arrivare ad Arekhara.»
«Avevi promesso che saremmo stati alla capitale entro il mattino.»
«E avevo anche detto che non conoscevo bene il Katalov. Ma lasci a me le preoccupazioni logistiche. Lei pensi al suo bel principe.»
Inclina la testa di lato. La lucentezza dei suoi capelli completamente sbiadita dalle intemperie. «Perché ci odi?»
Sbuffo. È così evidente? Non rispondo.
«Lo mascheri bene, a parole, ma le tue espressioni sono ben meno caute. Non che sia una novità, anche quando ero più piccola, ai banchetti che si organizzavano prima della guerra, la tua repulsione per la nobiltà era palese. Sei sempre stata un pesce fuor d’acqua, me lo diceva anche mio padre.»
Già, anche in tempi di pace quelle sì che erano gran perdite di tempo. Sorrido. «Diciamo solo che ho più stima per chi fa, e meno per chi comanda di fare.»
I suoi occhi si agganciano ai miei. «Jalei, io voglio davvero porre fine a que—» Sul viso della principessa si delinea una smorfia di dolore.
«Tutto bene?»
Si porta una mano alla pancia. «No… anzi sì, sto bene.»
«Le ha fatto male la carne secca?»
Lei si piega ancora di più sulla pancia.
Mi alzo. «Le scavo una buca.»
Fa per protestare ma la ignoro. Anche le principesse devono dare di corpo ogni tanto. Mi allontano dal fuoco e inizio a scavare una fossa con le mani. Ha smesso di piovere ma la terra è ancora morbida. Butto di lato tre, quattro, cinque mucchietti di terra. Così andrà bene. «Venga pure principessa.»
Lei si volta e mi guarda atterrita. Che si vergogni fino a questo punto? Siamo tra donne d’altronde. Me ne ritorno vicino al fuoco. Raddrizzo un legno accasciatosi fuori dal mucchietto e ravvivo le fiamme. Non ce n’è più bisogno ormai, ma non ho molto altro da fare. La principessa, infine, si alza e corre verso la buca. Rimango girata.
Un rumore tutt’altro che regale si leva alle mie spalle. Sorrido e mi volto appena. «Se le serve qualcosa con cui puli—»
«Non ti girare!»
Mi raddrizzo all’istante. Un uccello frulla le ali spaventato dal grido di terrore della principessa.
«Ehm, non mi stavo girando.» Pungolo il fuoco con un bastoncino. «Dicevo, che se le serve qualcosa per pulirsi, può usare la mia mantellina.»
I passi della principessa si avvicinano. La sento frugare nella mia sacca e tornare verso la buca. Un rumore viscido di poltiglia rimestata mi provoca un conato. Che cavolo sta facendo? Il rumore continua per qualche momento, poi sento di nuovo i passi avvicinarsi.
«Acqua.» Dice in tono piatto.
«Ah sì, eccola.» Mi sfilo la borraccia dal fianco e faccio andare il braccio dietro la spalla per porgergliela senza voltarmi. Non la prende. «Principessa?»
«Aiutami.»
Mi giro. Si china sul fuoco. La puzza di escrementi mi fa considerare solo per un attimo che i grumi marroni sulle sue mani possano essere fango.
La principessa mi guarda senza l’imbarazzo o la paura di poco prima. Poi rivolge le attenzioni alle sue mani congiunte. «Versala qui.»
Poco alla volta, inclino la borraccia e faccio scendere un rivolo d’acqua. Non penso sia saggio fare domande. Le dita bianche della principessa riemergono dal marrone e, tra di esse, appare qualcosa di piccolo e brillante. Verso tutta l’acqua rimasta. Lei strofina l’oggetto più e più volte. Un bottone di perla.
Sgrullo la borraccia delle ultime gocce. «Finita.»
La principessa si ricopre i polpastrelli con la sua veste e continua a strofinare il bottone. Era… nelle sue feci? Un pensiero mi folgora. «Aspetti un attimo, quello è il bottone della dissimulazione?!»
La principessa si tira su, mette in bocca l’oggettino e lo manda giù. «No.»
«Ah, mi sono sbagliata.» Era assurdo in effetti.
«Mettiamoci a dormire.»
«Ehm, sì.» Cerco di eliminare l’immagine della principessa con le mani sporche di merda. «Dobbiamo riposare.»

Arekhara è ben diversa da come la ricordavo. Le strade sono più sporche e le facce della gente più disperate. La principessa accelera. Arriviamo al portone del palazzo reale e le basta un veloce scambio in kataloviano con una delle guardie perché ci venga garantito l’accesso.
Le do una leggera gomitata. «Come hai fatto?»
Fa spallucce.
Attraversiamo un corridoio piantonato da statue di vecchi Re e sommi consiglieri. Ci fermiamo. La guardia ci mostra un palmo. Dobbiamo aspettare qui. Entra in una porticina e rimaniamo soli. Un paio di voci rimbombano all’interno della stanza, poi la porta viene spalancata ed un ragazzo con un elegante tunica di lino verde esce fuori e guarda dall’altra parte del corridoio. È alto e scuro, una fibbia dorata riflette barbigli di luce dalla sua spalla. Si gira verso di noi. La principessa fa un piccolo passo in avanti. Gli occhi neri del ragazzo si dischiudono insieme alla sua bocca. Mantiene il contegno, ma l’andatura che muove verso di noi è goffa e controllata appena dallo spiccare una corsa. La principessa gli va incontro. Si abbracciano.
È ancora amore a quanto pare.

Il Re Halken, seduto sul suo trono, conversa col sommo consigliere. Le espressioni che appaiono sui loro visi spaziano dalla rabbia alla perplessità. Il principe è piegato appena verso il padre, probabilmente nel tentativo di carpire qualche parola. Anche la principessa sembra tesa. Mi sgranchisco il collo. il vetro istoriato delle alte finestre illumina a giorno la sala reale.
Il sommo consigliere si scosta dal re. È quest’ultimo a parlare. Afferro giusto qualche parola del lungo discorso. Ospiti, verità, matrimonio… Scimmia? No, quella forse no. Rinuncio a cercare di dare un senso all’orazione. Il principe sembra illuminarsi, anche se la sua espressione si incupisce un po’ verso la fine. Quella della principessa è invece indecifrabile.
Il Re ci guarda. «Lo ripeto perché possiate comprendere anche voi.» Ha un lieve accento, ma si intuisce abbia studiato a fondo l’Arniano. «Sarete perquisiti e interrogati tramite la gorgiera della verità. Dopodiché, se appureremo che non ci nascondete nulla, sarete nostri ospiti. Il matrimonio fra mio figlio e la principessa Beys si svolgerà tra una settimana.»
Il respiro mi si blocca in gola. Ha accettato!
La voce del Re si modula appena in un tono più alto. «Questo sarà solo per esaudire il desiderio di mio figlio. La guerra continuerà e non stipulerò alcun accordo con Arniria.»
Cosa!? Accettare il matrimonio ma non la pace? Com’era possibile una cosa del genere!?
Il Re si porta una mano al cuore. «Do la mia parola che non sarete utilizzati come ostaggi. Ma, per le informazioni che ci darete e le calze della velocità… ne faremo l’uso che vorremo.»
Guardo la principessa. Non sembra turbata da quelle parole; china il capo in un piccolo inchino e sorride al suo amato. Non le è mai importato nulla della pace.

Busso alla porta. «Principessa?»
Nessuna risposta. Beh, sarà vestita immagino, manca solo un’ora alla cerimonia. Entro. Il rosso dei velluti e l’oro dei motivi floreali sulle pareti dominano la stanza. Davanti a uno specchio, la principessa sta cercando di raccogliere la gonna del vestito nuziale tra le mani. Prova a tirarla su ma si alza solo un lembo delle infinite sottogonne. «Dannati vestiti Kataloviani…»
Che sta facendo? Do un colpo di tosse. La principessa sussulta e si gira di scatto. Gli occhi spalancati.
«Ehm, non volevo spaventarla…»
Distende le spalle contratte e lascia andare la gonna. Prende un respiro. «No, non ti preoccupare, Jalei, e dammi del tu, te l’ho detto.»
«Già… mi hai fatto chiamare?»
Si sfila una spallina. «Sì.»
Con un singolo movimento esce fuori dal vestito cerimoniale. Sotto è completamente nuda. Faccio per girarmi ma lei mi fa un cenno con la mano come per dire di non preoccuparmi.
«Devo fare un paio di aggiustature al vestito e poi ci siamo.» Prende una vestaglia rosa piegata su una poltrona e se la infila. Si accuccia sul vestito con una spilletta in mano. «Volevo solo dirti che non c’è bisogno tu sia presente al matrimonio, oggi.»
Cosa? «Principessa, per me sarebbe un onore assistere.»
Si gira. «Un onore di cui dovrò privarti, allora.»
Uno spasmo di rabbia mi si gonfia nel petto. Cerco di controllarlo. Inutile. La nobiltà è tutta uguale in fondo; permanentemente volubile nei propri insensati capricci. Chino appena il capo in segno di deferenza. La principessa mi congeda con uno sguardo.

Imbocco una viuzza deserta. Arekhara è già piuttosto squallida con la sua gente smunta e il suo cielo costantemente grigio, ora che sono tutti di fronte al palazzo reale per il matrimonio poi, sembra davvero una città fantasma. Do un calcio a un sassolino. Se non posso assistere alla cerimonia non ha senso mischiarsi a quella folla là fuori che prega di vedere anche solo il lobo d’un orecchio reale.
Se la principessa pensa che m’importi poi, si sbaglia di grosso.
Sbuffo. È il divieto che non riesco a capire; e il modo in cui si è comportata. Era strana. Non ha neanche esitato un momento nello spogliarsi di fronte a me. E pensare che quando eravamo in viaggio è quasi morta dallo spavento alla posibilità che potessi vederla con la gonna alzata. Mi fermo. Qualcosa non torna. Era strana anche quel giorno, scavare nelle feci per recuperare un bottone? Un bottone…
Il bottone della dissimulazione! Che altro poteva essere? Eppure quella volta avevo scartato all’istante l’ipotesi… Ma certo. Era stato proprio il pottere del bottone a farmi desistere dalla mia supposizione. Ma perché tutto ciò? Una semplice precauzione? Ripercorro gli eventi a ritroso. Il matrimonio, i banchetti, l’interrogatorio. L’uomo con la gorgiera della verità!
Lui avrebbe potuto identificare qualsiasi bugia uscisse dalla bocca della principessa; a patto che lei non avesse avuto con sè il bottone. Ma cosa voleva nascondere di preciso? Piani militari? Improbabile il Re gliene avesse parlato, e allora cos’altro? Un lampo mi attraversa la coscienza. Rivedo lei che prova a tirare su la gonna del vestito nuziale. Come per scoprirne qualcosa al di sotto.
E se quella notte di una settimana prima non avesse cercato di nascondere le sue nudità, bensì la cosa che le copriva?
Sgrano gli occhi.
E se la mutanda della morte fosse stata in realtà ritrovata?

Davanti al palazzo la folla è in visibilio. Mi faccio largo a spinte e gomitate. Non ho le calze ma dovrò inventarmi qualcosa se voglio fermare il massacro. Le guardie davanti alla porta sigillata del palazzo sembrano nervose. Una ha l’orecchio schiacciato contro il legno. Qualcosa sta accadendo lì dentro, qualcosa di brutto. Raccolgo una pietra e me la infilo in tasca. Trovo un punto della facciata lontano dai soldati e inizio a risalire i cornicioni mettendo mani e piedi sui bassorilievi dei basamenti. Un uomo urla qualcosa in Kataloviano. Arrivo a uno dei finestroni istoriati. Prendo la pietra e la scaglio contro di esso. Il rumore del vetro spezza la confusione intorno a me. Protratto dall’infrangersi delle schegge sulla facciata, esso si va a esaurire in uno scroscio argentino. Poi arrivano le grida.
Cammino sul davanzale e attraverso gli spuntoni di vetro ancora ancorati al ferro. Sotto di me si apre l’enorme sala.
Un vento cremisi turbina tra le panche e le colonne in pietra. All’interno di esso, figure nere danzano e ruggiscono. Demoni. La principessa è al centro del ciclone che si tiene la gonna alzata mostrando un paio di mutandoni lisi. Ha gli occhi chiusi.
Urlo. «Beys!»
Lei si desta. Alza gli occhi su di me.
«Fermati!»
La principessa si guarda intorno. Lascia andare il vestito e il vento si estingue all’istante. Alcune delle ombre rimangono affrescate nella mia visione, poi anch’esse si riassorbono nell’aria. Scalo al contrario la parete. No, no, no. A terra giacciono almeno trecento persone. Man mano che mi avvicino all’altare riconosco i simboli del potere che alcuni degli uomini portano addosso: stemmi di nobili e cortigiani, banchieri e generali. In prima fila, riversato sul pavimento con un braccio allungato in avanti, giace il Re. Accanto a lui, la regina stringe a sé l’ultimo nascituro della famiglia reale.
Tutto il potere di una nazione è in quella stanza. Effettivamente estinto nel momento esatto in cui le porte si apriranno.
Il volto della principessa è pallido ma guarda con il mio stesso rapimento i corpi privi di vita.
Mi avvicino. «Cos’hai fatto…»
I suoi occhi azzurri si staccano dal viso morto del suo amato e si ancorano nei miei. La sua voce è quasi rotta dal pianto. «La guerra è finita.»
Il portone si spalanca e i soldati iniziano a sciamare all’interno della sala.
Scuto la testa e strattono la principessa per un braccio. «Andiamocene!»
Lei non si muove. Osserva l’orrore che si dipinge sui volti delle guardie mentre procedono verso di noi. Sette balestre ci mostrano le punte dei loro dardi.
La principessa si piega per alzare di nuovo la gonna.
Non so neanche io cosa sia giusto o sbagliato ormai, ma le blocco istintivamente le braccia. «Basta, principessa. Ha fatto abbastanza...»
I suoi occhi si riempiono di lacrime. Urla. «Per Arniria!»
E sebbene non condiva il suo grido, accetto la stessa sorte.
 
Top
view post Posted on 8/10/2021, 08:12
Avatar

Custode di Ryelh
Badge Moderatore

Group:
Moderator
Posts:
822
Location:
Sulla rocca dei Montefeltro

Status:


CITAZIONE (gabriella casagrande @ 7/10/2021, 20:03) 
sono nuova, mi sono iscritta, ma non riesco a trovare i racconti da leggere, sono imbranata io o c' e qualcosa che non va?? grazie

Confermo quanto detto da Mentis. Benvenuta tra noi, Gabriella. Mi sembra do vedere che non ti sei ancora presentata sull'apposito thread:perché non ci offri un bel saluto, così potremo fare altrettanto?

Ok, ragazzi. La settimana (più qualche ora) di proroga è scaduta. Dateci sotto con i commenti e che lp Skannamento abbia inizio!!

Edited by White Pretorian 2.0 - 8/10/2021, 14:52
 
Top
view post Posted on 8/10/2021, 13:12
Avatar

Member

Group:
Member
Posts:
159
Location:
Another World

Status:


CITAZIONE (White Pretorian 2.0 @ 8/10/2021, 09:12) 
CITAZIONE (gabriella casagrande @ 7/10/2021, 20:03) 
sono nuova, mi sono iscritta, ma non riesco a trovare i racconti da leggere, sono imbranata io o c' e qualcosa che non va?? grazie

Confermo quanto detto da Inc. Benvenuta tra noi, Gabriella. Mi sembra do vedere che non ti sei ancora presentata sull'apposito thread:perché non ci offri un bel saliyo, così potremo fare altrettanto?

Ok, ragazzi. La settimana (più qualche ora) di proroga è scaduta. Dateci sotto con i commenti e che lp Skannamento abbia inizio!!

Ahia! Allora chiedo scusa a Gabriella.. mi pareva ci fosse ancora tempo per postare un racconto! Va bene! Vado coi commenti appena posso!
 
Top
76 replies since 31/8/2021, 21:43   1855 views
  Share