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Skannatoio Settembre - Ottobre 2021, Going postal!

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Leonardo Pigneri
view post Posted on 8/10/2021, 13:32




Perfetto! E grazie ragazzi per la pazienza!
Visto che siamo in pochi questa edizione ne approfitto per dettagliare ancora di più i miei commenti. Preannuncio anche che sarò decisamente più brutale :1392239900.gif: :p094: (siatelo anche col mio, mi raccomando)
 
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view post Posted on 8/10/2021, 13:53
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Custode di Ryelh
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CITAZIONE (MentisKarakorum @ 8/10/2021, 14:12) 
CITAZIONE (White Pretorian 2.0 @ 8/10/2021, 09:12) 
Confermo quanto detto da Inc. Benvenuta tra noi, Gabriella. Mi sembra do vedere che non ti sei ancora presentata sull'apposito thread:perché non ci offri un bel saliyo, così potremo fare altrettanto?

Ok, ragazzi. La settimana (più qualche ora) di proroga è scaduta. Dateci sotto con i commenti e che lp Skannamento abbia inizio!!

Ahia! Allora chiedo scusa a Gabriella.. mi pareva ci fosse ancora tempo per postare un racconto! Va bene! Vado coi commenti appena posso!

Nope. I sette giorni scadevano ieri
 
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Leonardo Pigneri
view post Posted on 8/10/2021, 15:06




Ciao Shanda! Ecco i miei commenti al tuo brano!

Disclaimer: Il format può essere un pochino confusionario, ma faccio i commenti direttamente sul testo così da poter essere più dettagliato e preciso. Ti avverto che non indolcirò la pillola ma spero che il mio sincero feedback possa tornarti utile (siamo qui per migliorare d’altronde, non per farci i complimenti a vicenda). Tutti i commenti sono fatti a caldo, durante la prima lettura. Sarò più estensivo nelle prime battute del testo poiché gli errori ripetuti per l’interezza del brano li segnalerò solo le prime volte. Ci tengo, inoltre, a precisare che le critiche (se ci saranno) vorranno sempre e comunque essere costruttive e mai offensive. Buona lettura e, se vorrai ulteriori delucidazioni, non esitare a chiedere! :)

L’ORMA E LA VOCE di Alexandra Fischer



Tommaso era chino sui compiti di inglese quando sentì suonare il campanello.[Non l’attacco migliore del mondo, le costruzioni con “quando” sanno sempre un po’ di narrato a posteriori]
Era solo in casa, la madre era al lavoro [tell, non è né mostrato né un pensiero coerente per come lo hai scritto] e lui avanzò con cautela verso la porta e guardò attraverso lo spioncino.
Il ragazzo dall’altra parte masticava [una] gomma e portava la divisa dell’ufficio postale, un completo in giacca e pantaloni blu e bianco ordinatissimo e il cappello blu di traverso; [Un po’ troppi “e” in questa frase] stringeva fra le mani un pacco di cartone bianco sul quale era appoggiata una tavoletta nera con uno stilo dello stesso colore.
Tommaso aprì la porta e il giovanotto spostò la gomma nella guancia destra e gli domandò con voce blesa: − Tommaso Ferri?
Lui fece di sì con la testa e il giovane postino, dopo aver toccato la tavoletta e averla fatta risplendere di una luce blu, [Mettile in ordine queste azioni: lui fece di sì con la testa e il giovane postino toccò la tavoletta che si accese di blu.] gli porse la penna: − C’è un pacco per te. Firma subito. [Evita i due punti per introdurre il dialogo. Hai messo un beat quindi non servono]
Tommaso lo vide [parola percettiva, toglila: “Il postino si dondolò da una gamba all’altra”] dondolarsi da una gamba all’altra e gli obbedì subito dopo [altra parolina temporale, smetto di segnalartele da qui in poi] averlo guardato in faccia: le occhiaie, il volto livido, comunicavano insonnia e altro.[bruttissimo questo “altro”]
Il giovane, dopo una rapida scorsa alla lavagnetta elettronica, gli mise in mano il pacco con un gesto brusco: − Tutto a posto. Goditelo.
Tommaso chiuse la porta, posò il pacco sul tavolo della sala, e guardò fuori: [togli la virgola] il postino alzò la testa verso la finestra e lui vide che il volto gli era diventato grigio e gli occhi gli brillavano di una luce verde e malevola; [Come fa una luce ad essere malevola? forse era l’espressione sul viso del postino ad esserla] si allontanò dalla finestra e si mise a tremare. [Attenta ai soggetti. Inoltre “si mise a tremare” è brutto, sembra un’azione volontaria se messa dopo “si allontanò”]
I passi che udì lungo le scale lo riscossero,[tell] tornò a guardare dallo spioncino e trasse un sospiro di sollievo: era la coppia di trentenni del piano di sopra, ma la volta successiva, avrebbero potuto essere i suoi genitori. [Ok, ma non sto capendo ancora quale sarebbe il problema, facci preoccupare con il protagonista, dicci cosa lo spaventa]
Guardò l’orologio da tavolo e vide le lancette scorrere verso l’ora del loro arrivo; tolse il pacco dal tavolo e lo portò in camera.
Il nome del mittente era illeggibile per via di alcune macchie nere e questo lo insospettì. [Tell, ci starebbe molto meglio un fraseggio interiore o un pensiero diretto]
Da una parte avrebbe voluto aspettare l’arrivo dei suoi, dall’altra, visto il postino, sapeva che si sarebbero innervositi al punto di traslocare di nuovo. [ancora non ci hai detto nulla]
Aprì il cassetto e prese il cutter, aprì [ripetizione] il pacco e il suo contenuto lo sbalordì: fotografie.
Il ricordo di una vacanza con il nonno tornò nella sua mente e le insinuò un senso di allarme. [non lo sentiamo questo senso d’allarme, faccela sentire l’ansia]
Il villaggio turistico tutto palme, piscine, bungalow e il quartiere chiamato Beverly Hills Miniature per via delle molte copie di abitazioni simile a quelle dei divi e dei cantanti gli era apparso dapprima strepitoso, ma l’incanto si era rotto subito dopo la serata con il nonno alla Gelateria delle Stelle. [Non il massimo questa frase, spezzettala e rendila più fruibile]
Tommaso risentì in bocca il sapore del Sunday alla fragola e nella mente gli tornò la canzone suonata nell’autoradio, Enjoy the silence dei Depeche Mode: un attimo di gioia assoluta guastato da un rumore assordante, dalla frenata dell’auto e dall’ordine del nonno di restare giù e non guardare in ogni caso; [“in ogni caso” non mi piace molto, forse era meglio qualcosa come “per nulla al mondo”]fu l’unica volta in cui gli disubbidì.
La penultima fotografia, di fatto, costituiva un’accusa e una condanna: Tommaso era ben visibile in primo piano mentre spiava da un albero nello stesso momento in cui suo nonno e alcuni uomini vestiti da militare trafficavano accanto ai resti di un piccolo velivolo nero.
Ce n’era ancora una: ritraeva un individuo alto e grigio accanto al lampione della casa di fronte a quella di Tommaso.
Individuo.
Tommaso scosse la testa, no, era troppo alto e magro per appartenere alla razza umana, inoltre, aveva una sorta di binocolo. [seppur perfezionabile questo è un fraseggio interiore, cerca di ricorrere a questi più di quanto hai fatto fino ad ora]
Quel particolare lo agghiacciò: era sicuro di essere solo e cominciò a capire le conseguenze del suo gesto di allora. [che gesto?]
Di colpo, gli salì un sapore amaro in bocca; la sua vacanza risaliva a un mese prima, ma lui si sentiva di nuovo catapultato nel quartiere delle vacanze, solo, dalla parte sbagliata: il tunnel degli orrori. [tell e non sto comunque capendo nulla]
Tommaso rovistò ancora una volta nel pacco e lo trovò vuoto, allora cominciò a tremare: la creatura alta e grigia aveva voluto mandargli un messaggio ed era un po’ che non aveva notizie di suo nonno.
Prese il cellulare: dall’altra parte gli rispose la voce allegra di un trentenne che lo informava di aver chiamato la Shimuzu Software troppo tardi e lo pregava di riprovare il giorno dopo.
Tommaso disse il cognome del nonno e la voce si fece di ghiaccio: − Parla.
Per un lunghissimo istante, Tommaso ignorò [se è per dire che non se la ricordava, allora non va bene.] la parola d’ordine, poi gli venne in mente: − Cookies al mango.
Il trasferimento di chiamata gli parve eterno.
La voce del nonno era irritata: − Capo sezione Ferri. Parla.
Tommaso, sull’orlo delle lacrime, proruppe: − Nonno, mi è arrivato un pacco con le foto dell’incidente aereo. Ho paura.
Il nonno interruppe la comunicazione e Tommaso si sentì perso; posò il cellulare e decise di recarsi dalla sua amica Melissa per avere conforto: capiva di aver combinato qualcosa di veramente grosso.
Uscì di casa e attraversò la strada con l’impressione di essere seguito: guardò dietro di sé con la coda dell’occhio e vide la figura grigia seguirlo.
La sua paura era identica a quella del topo paralizzato dallo sguardo del cobra; gli restava solo la capacità di fingere e la usò molto bene mentre andava a casa di Melissa. [è tutto tell su tell su tell]
Suonò alla porta e lei gli aprì con un’espressione sconvolta negli occhi blu pervinca; si scostò un ciuffo della capigliatura ondulata biondo miele e inveì contro di lui: − È adesso che vieni da me?
Tommaso balbettò: − Prima non ho potuto. È arrivato un pacco.
Melissa annuì, con un’espressione distorta dall’odio: − Oh, certo, io vengo dopo i regali del nonnino.
Tommaso congiunse le mani: − Non è così −. Si voltò, la creatura grigia era accanto all’albero e la indicò a Melissa: − Vedi? Non so cosa sia, ma è colpa mia se è qui. Cercavo conforto da te. Mi sbagliavo, non lo merito −. La sua voce si ruppe, lacrime gli scorsero lungo le guance e le narici gli si riempirono di un odore metallico, mentre l’aria si caricava dell’elettricità che precede i temporali.
Melissa allungò il collo verso la creatura accanto all’albero e arrossì: − Scusa, Tommaso. Dobbiamo cavarcela tu e io. Il guaio è venuto da me.
Tommaso si grattò la testa: − Come? Io sono il cattivo, ho spiato dove non dovevo.
Lei si frugò in tasca e gli porse un fazzoletto: − Doveva succedere. Mio padre voleva aprire il commercio con Quelli dell’Altra Finestra. E loro hanno accettato.
Lui la guardò basito: − Ne ho sentito parlare dal nonno. Ma non so dove sia.
Melissa fece una smorfia piena di amarezza: − C’è in tutte le case. Se hai aperto il pacco, la gente comincerà a vederla. E gli affari cominceranno. [Posso essere io ad essere distratto eh, ma ammetto di non aver capito molto fin qui.]
Tommaso era perplesso: − Quali?
Melissa gli rivolse un sorriso di superiorità: − Schiavi. Ce li mandano Quelli dell’Altra Finestra.
Tommaso inorridì: Melissa gli era sempre apparsa elegante, beneducata, con la passione per le feste brillanti. [Feste brillanti? Cosa intendi?]
Quel lato maligno di lei lo sconvolse come una scheggia di vetro trovata in un bignè alla panna; indietreggiò e lei se ne accorse, abbassò lo sguardo, ridusse la voce a un sussurro: − Per me è stato un colpo, all’inizio, perché mi sono trovata senza il loro affetto e le loro regole. Ora, però, guardali lì −. Gli indicò la finestra del secondo piano e lui vide il padre in giacca e cravatta mentre circondava le spalle della moglie in tunica color mirtillo nella posa di chi sta per farsi fotografare a scopo pubblicitario.
La falsità della scena lo nauseò: − I tuoi genitori sono irriconoscibili.
Melissa rialzò la testa: − Certo, perché non sono più loro. C’è stato uno scambio da parte di Quelli dell’Altra Finestra.
Tommaso si sentì mancare la terra sotto i piedi quando a quella vista si aggiunse il ricordo della telefonata con il nonno: − Faranno finire così anche noi?
Melissa si guardò le unghie smaltate di rosa: − Tutt’altro. Noi serviamo loro per un nuovo ordine. Pare che si fidino più di noi che degli adulti −. Gli fece cenno di entrare: − Ecco, vieni a vedere la televisione.
Tommaso sentì dei passi alle sue spalle e sbirciò con la coda dell’occhio: la creatura grigia li stava seguendo; toccò Melissa sulla spalla: − Ehi, c’è un tizio grigio, sta per entrare. [qui non è chiaro chi parla in un primo momento. Vai a capo e metti un beat per Tommaso.]
Melissa alzò un sopracciglio: − Faccia pure. È il suo lavoro tenere d’occhio la camera da letto.
Tommaso si allarmò: − Là dentro c’è la finestra della quale mi hai parlato, vero?
Melissa gli fece cenno di entrare in soggiorno e lui si fermò all’entrata, con gli occhi fissi sulla creatura grigia che passò di fronte a Melissa senza neppure notarla e si mise a salire le scale con passi lenti.
Tommaso si slanciò [lanciò, semmai] verso Melissa: − Dobbiamo fermare quella cosa, prima che faccia altri danni.
Melissa ridacchiò: − E come? Dicendo a lui e agli altri di andarsene con un giro di telefonate?
A sentirla parlare del cellulare, a Tommaso venne un’idea, ma la ricacciò subito in un angolo della mente: poteva funzionare, a patto di essere veloci e avere sangue freddo.
Melissa equivocò le smorfie di lui: − Capisco che tu non mi creda. Per questo voglio che guardi la televisione.
Tommaso si sedette in poltrona: − Facciamolo pure. [meh, bruttina come risposta]
Melissa prese il telecomando, premette il pulsante e sullo schermo comparve un loro coetaneo nelle vesti di Presidente neoeletto fra una folla di ministri di poco più giovani di lui, rivolse uno sguardo serio a Tommaso e si mise a cambiare canale di continuo. [quest’ultima frase è da sistemare, troppe subordinate]
Tommaso assistette a un’assemblea dell’ONU composta da membri poco più che diciottenni e lo stesso valse per un congresso di medici, per non parlare delle pubblicità aziendali, dove i direttori generali parevano appena fuggiti da una scuola superiore.
C’erano spot pubblicitari che mostravano creature grigie mentre impartivano ordini a ultraquarantenni dalle tute bianche cascanti, gli occhi vacui e tutti loro, uomini e donne, erano alle prese con lavori di pulizia o facchinaggio; Tommaso, orripilato, riconobbe in alcuni di loro importanti professionisti della città, e anche suoi ex-professori e commentò: − Dunque, crescere, per noi vorrà dire diventare schiavi.
Melissa tacque, e lui sobbalzò al tocco alla nuca; si voltò e vide la creatura grigia, che gli parlò con voce rasposa: − Oh, no, tu e la tua amica non invecchierete. Voi e i vostri coetanei sarete giovani e otterrete tutto ciò che desiderate. Questo, a patto di essere discreti −. La creatura gli mostrò la dentatura affilata come quella di uno squalo.
Tommaso si alzò dal divano: − Perché?
La creatura gli lanciò un’occhiata gelida: − Per mostrare alla vostra gente che abbiamo imparato la lezione. Venimmo in pace dopo aver ricevuto i vostri messaggi e assistito alla vostra impresa sulla Luna. Ci avete schiavizzati e usati come cavie. Anche quella volta, sull’aereo. Lo hai visto bene, vero?
Tommaso sudò freddo: − Tu mi hai mandato il pacco?
La creatura lo applaudì: − Perspicace. E sai, aprendolo hai cominciato tu questo cambiamento. Tuo nonno è stato il primo a diventare nostro schiavo.
Tommaso si sentì sprofondare, ma decise di ricorrere all’autocontrollo, mentre la sua idea prendeva forma; sorrise: − Avete ragione a vendicarvi. Credo anche che noi ragazzi governeremo meglio la Terra degli adulti. Tanto, peggio di così.
La creatura gli fece un inchino: − Bravo. Così mi piaci. Preparerò una bella ricompensa per te e la tua amica. Erediterete la casa e il lavoro dei genitori di lei.
Tommaso si fregò le mani: − Oh, bene, ho sempre desiderato fare il tecnico informatico.
Melissa gli diede un bacio sulla guancia: − E io di insegnare musica.
La creatura mosse la mano in un cenno di saluto: − Allora siamo d’accordo.
Tommaso la fermò: − Un momento, vorrei vedere prima come possiamo comunicare con voi.
La creatura strinse gli occhi: − D’accordo, sali con me, ma non fare scherzi.
Melissa intervenne: − Verrò anch’io, nel caso, lo fermerò.
La creatura mosse la testa in segno di approvazione: − Seguitemi. [in generale i modi e la parlata di questa creatura mi sembrano troppo umani, avrei inserito qualche particolare più inquietante qua e là, ma sono gusti]
Tommaso entrò subito dopo la creatura nella camera da letto dei genitori di Melissa: in apparenza, tutto gli sembrava normale, il letto appena rifatto, i comodini con le lampade gemelle di alabastro e il settimanale abbellito da un paio di fotografie del matrimonio dei genitori e di una gita in barca con loro e la figlia.
L’unico elemento che lo disturbò fu la paura nei volti dei genitori di Melissa all’arrivo della figlia; si inginocchiarono tremanti, ma lei fu implacabile, prese la madre per i capelli: − Ti sembra questo il modo di sistemare il copriletto?
Tommaso la sentì [leva tutti questi sentì, vide, notò] balbettare: − Certo, padrona, è vero.
Melissa spinse per terra il padre e gli diede un calcio in faccia: − Non hai riordinato la cucina come dovevi.
Lui non tentò neppure di difendersi: − Grazie, padrona.
Melissa spalancò la porta della stanza da letto e alzò il mento: − Fuori tutti e due. I miei amici e io dobbiamo parlare.
Il padre di Melissa si coprì il volto e uscì per primo, a schiena piegata; la moglie lo seguì tenendosi a distanza da lui.
La creatura grigia intervenne: − Molto bene, Melissa, hai capito da che parte stare. La tua istruzione è finita, per cui è ora che vada.
Tommaso, indignato dallo spettacolo dei genitori di Melissa, puntò lo sguardo sulla creatura e la vide avvicinarsi all’armadio a quattro stagioni; dallo specchio a figura intera cominciò a risplendere una luce ambrata e si trasformò in una porta finestra spalancata, attraverso la quale la creatura passò.
Tommaso, malgrado lo sbalordimento indotto dalla trasformazione, corse verso la creatura grigia: − Cosa ne sarà dei genitori di Melissa, ora? E di mia madre e mio nonno?
La creatura sogghignò: − Guarda sul cellulare. Vedrai subito cosa aspetta te e la tua gente.
Tommaso strinse l’apparecchio senza avere il coraggio di alzarne il coperchio: − Cosa vorresti dire?
La creatura indugiò: − Sei sempre stato intuitivo. Io ti ho regalato un pizzico in più di quella dote. Ci serviranno molte persone come te nel mercato degli schiavi −. La creatura chiuse la finestra e la luce divenne abbagliante per un istante e si affievolì.
Tommaso guardò il cellulare: vide la madre ridotta a liberare le strade dai rifiuti e il nonno in catene, costretto a spaccare pietre; gli occhi gli si inumidirono, ma non tanto da indebolirgli la mira quando lanciò il cellulare contro la finestra, che andò in frantumi.
Melissa inveì contro di lui: − Hai rotto l’Altra Finestra. E ora Quelli si vendicheranno.
Un odore di bitume e spezie riempì la stanza; Melissa aprì il cassetto del comodino accanto all’armadio prese un fazzoletto, si coprì naso e bocca, poi passò la scatola a Tommaso: − Prendine uno anche tu e portiamocela dietro.
Dalle case vicine si udirono urla, rumori di vetri infranti e porte distrutte; per la strada, frenate, rumori di lotta.
Melissa scese al piano di sotto e passò accanto ai corpi mummificati dei genitori; Tommaso represse un conato a quella vista: − Devo andare a casa.
Lei cercò di trattenerlo: − Hai rovinato tutto e pensi di cavartela così?
Tommaso la respinse: − No, il danno l’ho fatto già prima. Ora vedrò di salvare quel che resta.
Corse a casa, accolto dallo stesso odore di quella di Melissa: proveniva dalla cucina, ma la porta era chiusa e lui si guardò bene dall’aprirla; salì al piano superiore, entrò in camera sua, sospirò di sollievo alla vista delle forbici e della bobina di nastro adesivo.
Tommaso posò il fazzoletto e la scatola sulla scrivania per avere le mani libere; richiuse il pacco con il nastro adesivo e poi corse in cantina, dove trovò una vanga.
Uscì in giardino e vide una piccola folla di suoi coetanei scuotere la ringhiera di ferro sotto l’incitamento di Melissa.
Tommaso scavò più in fretta che poté e poi buttò il pacco nella buca, infine la ricoprì di terra più in fretta che poté, incalzato dai rumori alle sue spalle; si girò e alzò la vanga verso il capo gruppo, un tipo tutto muscoli alto il doppio di lui e dalla muscolatura massiccia.
Lo sguardo vacuo di lui fu l’ultima cosa che vide prima che la vista gli si annebbiasse; prima di esalare l’ultimo respiro, Tommaso capì che Melissa aveva avuto ragione: Quelli dell’Altra Finestra erano spietati con chi sgarrava.
Le ultime parole che udì furono quelle del ragazzone: − Ehi, Mel, ma che ci facciamo qui?
La voce della madre di Tommaso risuonò in giardino: − Vorrei tanto saperlo anch’io. Sciò.
Tommaso spirò con un sorriso.

Commento:
Alloooora. Il racconto ha parecchi problemi, ma apprezzo il fatto ci fosse dietro un'idea che alla fine, in un modo o nell'altro, hai portato a compimento. Ho trovato lo stile piuttosto acerbo, hai chiari alcuni concetti teorici di base ma te ne sfuggono molti altri; primo tra tutti, l'eccessivo tell che divampa da ogni frase. Se la scelta di utilizzare questo metodo narrativo è conscia, allora mi limito a dirti che non funziona e trasmette davvero poco al lettore. Se, invece, è inconscia, studiati meglio la scrittura immersiva (se non lo hai fatto, leggiti il corso gratuito di Marco Carrara) e cerca di limare il tuo stile. Vedrai che migliorerai in pochissimo tempo.
Il concept generale non mi è dispiaciuto e avrei voluto sapere di più sulle creature e, soprattutto, vedere qualche dettaglio concreto qua e là.
Tema e bonus, comunque, centrati.
 
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view post Posted on 8/10/2021, 17:09

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Ciao, Leonardo. Grazie del commento. Tutte le imperfezioni sono involontarie. Mi dispiace solo che tu abbia fatto fatica nel leggermi. Ho grossi dubbi sui corsi di scrittura. Per me è tardi (a cinquant'anni è l'inizio della fine di tutto), ma ti prometto che leggerò e scriverò tenendo in grande considerazione le tue osservazioni.
 
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Leonardo Pigneri
view post Posted on 8/10/2021, 17:31




CITAZIONE (shanda06 @ 8/10/2021, 18:09) 
Ciao, Leonardo. Grazie del commento. Tutte le imperfezioni sono involontarie. Mi dispiace solo che tu abbia fatto fatica nel leggermi. Ho grossi dubbi sui corsi di scrittura. Per me è tardi (a cinquant'anni è l'inizio della fine di tutto), ma ti prometto che leggerò e scriverò tenendo in grande considerazione le tue osservazioni.

Non è mai tardi! E considerando lo spirito con cui hai accolto le mie critiche, mi sbilancerei nel dire che hai tutte le carte in regola per apprendere in fretta!
I dubbi sui corsi di scrittura sono assolutamente leciti se motivati dal fatto che molti di questi corsi siano, effettivamente, ricolmi di baggianate insegnate da incompetenti. Ma non dubitare invece che ce ne siano anche di utili e ben fatti (molto pochi, ma ci sono). La narratologia è una disciplina come le altre e, per questo, può essere appresa tramite lo studio e l'applicazione. Poi le nozioni apprese uno le può declinare sul suo stile e le proprie predilezioni, ma una base tecnica non fa mai male!

Comunque, tralasciando tutto ciò, ti volevo anche rassicurare che il tuo racconto non è stato faticoso da leggere, solo pieno di cose migliorabili. I racconti noiosi sono ben altri!
 
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view post Posted on 8/10/2021, 18:39

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Buona sera, ecco i miei commenti e relativa classifica, li trovate in spoiler. In fase di valutazione ho tenuto conto delle sviste. Però sono tutti testi di grande valore.

IL MICIO MERLINO di Mentiskarakorum Specifiche centrate. Fabio è veramente un personaggio azzeccato. Il Lettore pena con lui: Julia non lo ama. Lui soffre per lei al punto di volersi trasformare in gatto pur di averla sempre accanto e proprio i gatti sono la sua dannazione sul finale: odiano la magia e lo uccidono, sfumato il contratto con gli esecutori testamentari della contessa. L’idea del perfido Merlino è molto scaltra. Dissacri il mito della sua magia trasformandolo in un vecchio approfittatore di anziane contesse capace di trasformarsi in gatto persiano a comando e lo doti di ogni vizio (compreso quello di fregare le donne agli altri sotto le sembianze dei gatti che preferiscono, come in questo caso la povera Princesa). Simpatico il veneto del mago e lo spagnolo di Julia, tipica bellezza tutto pepe sudamericana e anche il riferimento lovecraftiano per il nome del gattile. E da te ho imparato molto. Da scriverselo cento volte, dopo i beat, niente due punti.

IL RE DEL TERRORE di Shangai Kid Specifiche centrate. Bella la frase all’inizio. Nostradamus, vero? In fase di Lettura: sì! Bellissima la resa di lui alle prese con la preparazione dell’inchiostro, si vede il lavoro di documentazione. Tolkeniano il demone che gli ha dato il dono della profezia, Haagenti, per quanto il suo aspetto sia da gargolla. Bello il salto temporale ai giorni nostri. Il Lettore soffre e si indigna per Giambo, vittima di un furto. E chiaramente interessato alla LYNSECURITY2000, Re del Terrore per i ladri. Decide di acquistarlo (i ladri gli hanno preso poco ma significativo per lui: i gioielli ricordo della madre defunta, e il Ciao che usava per andare in fabbrica). Bella la resa della vita di Giambo, con pochi dettagli: qualche lettura tipo la Gazzetta dello Sport, la Settimana Enigmistica e i ricordi di una vita felice (vedi la foto giovanile del padre al fiume con gli amici) ma che è diventata amara anche per uno di loro, il folle Gino, divenuto così per colpa dell’abbandono da parte della moglie. Avrei qualcosa da dire (ma è solo un mio parere) sulla demenza del padre, mi sembra fin troppo lucido, magari, visto come lo presenti, parlerei più dei postumi di un incidente, poi, sì, lo mostrerei nella sua follia, comunque razionale, visto che in pratica è tornato ai tempi della gioventù insieme ai tre amici (credono di combattere nella Seconda Guerra Mondiale) e loro e lui sono talmente in gamba con i fucili da caccia da essere pericolosi per i carabinieri. Bello il salto all’indietro con Haagenti che conversa con Nostradamus e gli dice di preferire la banalità del quotidiano ai grandi fatti, quando si tratta di profezie: quindi, ecco a cosa si riferisce la profezia che ha tormentato la gente nei secoli. Basta un cambio di nome per rendere nebbioso il futuro e dargli un alone epico che non ha.

I MEZZI DELLA PACE di Leonardo Pigneri Specifiche centrate. Bellissimo fantasy, con un’eroina, la Lemallen che si presenta saltando oltre la palizzata del villaggio e porta le calze della velocità. Ovvio, fa da corriere per conto del sovrano del suo popolo. Certo che c’è una guerra ben lunga, undici anni. Ma quando ci sono di mezzo beni come le vesti di Ollispo (il bottone della dissimulazione, il camice della giustizia, le già citate calze della velocità e la mutanda della morte, questo per i Nostri; i Cattivi, invece: la gorgiera della verità, la scarsella della fortuna, e il cappello della separazione). Soluzione: matrimonio fra i rampolli delle casate in guerra. Molto avventuroso il viaggio della Lemallen con la principessa, che trasporta su un sedile. Insolita la scena della defecazione della principessa: risultato, fra il resto, un bottone di perla, che è il Bottone della Dissimulazione, ma ha anche la Mutanda della Morte. Quindi, il Re, che accetta le nozze, ma non la pace e si prende le Calze della Velocità, ha quel che si merita. C’è qualche problema: come fa la principessa ad avere il bottone e le mutande? Non lo spieghi. Parte da sviluppare, ottime le ricostruzioni di una serie di mondi medievaleggianti.
Pareri personali, io scriverei Uao, più italiano e userei un Madamigella al posto di Miss. E quando ci si rivolge a un sovrano: “Vostra Maestà”. E nel dialogo con il re e la principessa, userei il voi.
Ti scrivo la frase corretta:
sebbene non condivida il suo grido.
Classifica soffertissima, siete ottimi autori:

IL MICIO MERLINO di Mentiskarakorum

IL RE DEL TERRORE di Shangai Kid

I MEZZI DELLA PACE di Leonardo Pigneri
 
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view post Posted on 8/10/2021, 19:04

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Ciao, Leonardo. Grazie, sei stato molto indulgente.
Farò tesoro dei tuoi consigli. E' vero che ci sono molti corsi, ho letto anche molta teoria in merito, da King alla Psicologia dell'Apprendimento (sociocostruttivismo applicato alla scrittura, teoria di Hayes e Flowers, dove si dà risalto allo spunto, tema, destinatario e si parla di ben quattro revisioni). Aggiornarsi fa sempre bene. Poi, è chiaro che è una disciplina che si apprende molto facendo, aggiornandosi, ma sempre nell'ottica dei propri limiti. Infatti c'è il paradosso del Campione (l'ho imparato osservando molti casi durante certi concorsi letterari). Detto in breve: gente che ha letto S.King e si ispira a lui, con risultati anche buoni, ma non sarai mai lui. Un po' come allenarsi a tennis con Panatta. Si può diventare buoni giocatori, ma non si sarà mai un campione come lui se non ci si è nati.
 
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Leonardo Pigneri
view post Posted on 8/10/2021, 19:05




CITAZIONE (shanda06 @ 8/10/2021, 19:39) 
Buona sera, ecco i miei commenti e relativa classifica, li trovate in spoiler. In fase di valutazione ho tenuto conto delle sviste. Però sono tutti testi di grande valore.

IL MICIO MERLINO di Mentiskarakorum Specifiche centrate. Fabio è veramente un personaggio azzeccato. Il Lettore pena con lui: Julia non lo ama. Lui soffre per lei al punto di volersi trasformare in gatto pur di averla sempre accanto e proprio i gatti sono la sua dannazione sul finale: odiano la magia e lo uccidono, sfumato il contratto con gli esecutori testamentari della contessa. L’idea del perfido Merlino è molto scaltra. Dissacri il mito della sua magia trasformandolo in un vecchio approfittatore di anziane contesse capace di trasformarsi in gatto persiano a comando e lo doti di ogni vizio (compreso quello di fregare le donne agli altri sotto le sembianze dei gatti che preferiscono, come in questo caso la povera Princesa). Simpatico il veneto del mago e lo spagnolo di Julia, tipica bellezza tutto pepe sudamericana e anche il riferimento lovecraftiano per il nome del gattile. E da te ho imparato molto. Da scriverselo cento volte, dopo i beat, niente due punti.

IL RE DEL TERRORE di Shangai Kid Specifiche centrate. Bella la frase all’inizio. Nostradamus, vero? In fase di Lettura: sì! Bellissima la resa di lui alle prese con la preparazione dell’inchiostro, si vede il lavoro di documentazione. Tolkeniano il demone che gli ha dato il dono della profezia, Haagenti, per quanto il suo aspetto sia da gargolla. Bello il salto temporale ai giorni nostri. Il Lettore soffre e si indigna per Giambo, vittima di un furto. E chiaramente interessato alla LYNSECURITY2000, Re del Terrore per i ladri. Decide di acquistarlo (i ladri gli hanno preso poco ma significativo per lui: i gioielli ricordo della madre defunta, e il Ciao che usava per andare in fabbrica). Bella la resa della vita di Giambo, con pochi dettagli: qualche lettura tipo la Gazzetta dello Sport, la Settimana Enigmistica e i ricordi di una vita felice (vedi la foto giovanile del padre al fiume con gli amici) ma che è diventata amara anche per uno di loro, il folle Gino, divenuto così per colpa dell’abbandono da parte della moglie. Avrei qualcosa da dire (ma è solo un mio parere) sulla demenza del padre, mi sembra fin troppo lucido, magari, visto come lo presenti, parlerei più dei postumi di un incidente, poi, sì, lo mostrerei nella sua follia, comunque razionale, visto che in pratica è tornato ai tempi della gioventù insieme ai tre amici (credono di combattere nella Seconda Guerra Mondiale) e loro e lui sono talmente in gamba con i fucili da caccia da essere pericolosi per i carabinieri. Bello il salto all’indietro con Haagenti che conversa con Nostradamus e gli dice di preferire la banalità del quotidiano ai grandi fatti, quando si tratta di profezie: quindi, ecco a cosa si riferisce la profezia che ha tormentato la gente nei secoli. Basta un cambio di nome per rendere nebbioso il futuro e dargli un alone epico che non ha.

I MEZZI DELLA PACE di Leonardo Pigneri Specifiche centrate. Bellissimo fantasy, con un’eroina, la Lemallen che si presenta saltando oltre la palizzata del villaggio e porta le calze della velocità. Ovvio, fa da corriere per conto del sovrano del suo popolo. Certo che c’è una guerra ben lunga, undici anni. Ma quando ci sono di mezzo beni come le vesti di Ollispo (il bottone della dissimulazione, il camice della giustizia, le già citate calze della velocità e la mutanda della morte, questo per i Nostri; i Cattivi, invece: la gorgiera della verità, la scarsella della fortuna, e il cappello della separazione). Soluzione: matrimonio fra i rampolli delle casate in guerra. Molto avventuroso il viaggio della Lemallen con la principessa, che trasporta su un sedile. Insolita la scena della defecazione della principessa: risultato, fra il resto, un bottone di perla, che è il Bottone della Dissimulazione, ma ha anche la Mutanda della Morte. Quindi, il Re, che accetta le nozze, ma non la pace e si prende le Calze della Velocità, ha quel che si merita. C’è qualche problema: come fa la principessa ad avere il bottone e le mutande? Non lo spieghi. Parte da sviluppare, ottime le ricostruzioni di una serie di mondi medievaleggianti.
Pareri personali, io scriverei Uao, più italiano e userei un Madamigella al posto di Miss. E quando ci si rivolge a un sovrano: “Vostra Maestà”. E nel dialogo con il re e la principessa, userei il voi.
Ti scrivo la frase corretta:
sebbene non condivida il suo grido.
Classifica soffertissima, siete ottimi autori:

IL MICIO MERLINO di Mentiskarakorum

IL RE DEL TERRORE di Shangai Kid

I MEZZI DELLA PACE di Leonardo Pigneri

Grazie del feedback Shanda, il dubbio su come la principessa abbia ricevuto il bottone c'è davvero, dovevo specificare meglio che era sì del regno, ma posseduto proprio dalla famiglia reale! Good catch!
E cavoli, sono davvero un pollo... ho sbagliato la frase di chiusura :1391975826.gif:


Edit: Capisco assolutamente il tuo punto di vista sui manuali. Personalmente non sono molto d'accordo su quanto insegni King che, come hai detto tu, è King, quindi un genio a parte. Il corso di scrittura Immersiva del Duca è ben diverso e alla portata di tutti, per questo te lo consigliavo.
 
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Leonardo Pigneri
view post Posted on 9/10/2021, 13:02




Ciao Matteo, felicissimo di leggere un altro tuo racconto!

Disclaimer: Il format può essere un pochino confusionario, ma faccio i commenti direttamente sul testo così da poter essere più dettagliato e preciso. Ti avverto che non indolcirò la pillola ma spero che il mio sincero feedback possa tornarti utile (siamo qui per migliorare d’altronde, non per farci i complimenti a vicenda). Tutti i commenti sono fatti a caldo, durante la prima lettura. Sarò più estensivo nelle prime battute del testo poiché gli errori ripetuti per l’interezza del brano li segnalerò solo le prime volte. Ci tengo, inoltre, a precisare che le critiche (se ci saranno) vorranno sempre e comunque essere costruttive e mai offensive. Buona lettura e, se vorrai ulteriori delucidazioni, non esitare a chiedere! :)

Il Micio Merlino



Al suono del citofono Fabio si precipitò all’ingresso. «S-sì?»
«Avvocato Pier Giuliano Democrito. Abbiamo un appuntamento.»
Le dita di Fabio devastarono il tasti [refuso], fino a quando il clangore della porta al pian terreno confermò che il visitatore aveva accesso alla rampa di scale. «S-salga fino all’attico.» Spalancò la porta del suo appartamento, si riassettò la T-shirt ricoperta di peli di gatto [bel dettaglio e cavolo, con due birmani ne so qualcosa] e attese col cuore che gli martellava in petto.
Democrito fece presto capolino sul pianerottolo immerso nell'ombra. Una volta entrato in casa, Fabio osservò [Parola sensoriale, ci butta fuori dal PdV e non serve perché se la descrivi è automatico che il protagonista la stia osservando. E’ questo il vantaggio del PdV interno. Se la osserva inoltre, è opportuno tu specifichi qualche dettaglio in più su di essa] la grossa borsa di cuoio che trascinava a fatica.
L'avvocato arricciò le narici. «Che strano odore.»
Fabio si strinse nelle spalle, raggiunse la finestra più vicina e armeggiò con la vecchia maniglia d’ottone. «Sa com’è. I gatti.» Sorrise. «All’odore ci si abitua fino a non sentirlo più.»
Dalla finestra aperta entrò un po’ d’aria fresca, l’avvocato si avvicinò e inspirò a pieni polmoni. «Dovrebbe tenerla spalancata più spesso.»
«Appena vedono una finestra aperta, i gatti vanno per i tetti e…» si infilò una mano nella zazzera spettinata «a me non piace.»
L’avvocato trasse dei documenti da una cartellina e li posò sul tavolo. «Danno molte noie, questi animali.»
«Alle persone che li amano, regalano anche molta gioia.» [Dialogo legnoso, ma potrebbe essere volontario per un sottotesto che però il lettore ancora non capisce. Lo rivedrei.]
Democrito non fece una grinza. «Sarà che io preferisco i cani.» Diresse verso Fabio dei glaciali occhi grigi. «Così come gli eredi della contessa Grignani.» Sorrise. «E questo è un bene, per lei.»
Qualcosa si strisciò contro il calcagno di Fabio. Abbassò lo sguardo: un gatto tigrato si era infilato nello spazio del pavimento tra i loro piedi [non ho proprio capito questa frase] e fissava rapito gli intricati lacci delle scarpe di marca di Democrito. Fabio lo prese in braccio.
L’avvocato sollevò un labbro, si allontanò di un passo e scartabellò con più furore. «Le riassumo per sommi capi il contratto.» Si schiarì la gola. «Lei si prende l’onere di accudire il gatto chiamato Merlino, appartenuto alla defunta contessa Maria Addolorata Grignani. Come da ultime volontà della contessa, viene immediatamente versata la somma di duemila euro alla società Gattile di Ulthar snc, che in più riceverà anche seimila euro a cadenza annuale. Gli eredi della contessa si impegnano a rimborsare le spese di mantenimento del gatto Merlino, nonché le eventuali cure veterinarie, vita natural durante.» Girò pagina. «Il contratto viene a decadere in caso di inadempienza agli obblighi che la società Gattile di Ulthar snc si è fatta carico nei confronti del gatto Merlino, oppure alla morte dell’animale stesso.» L’avvocato scoprì i denti [Sorride? Digrigna? Non si capisce] e lo fissò dritto negli occhi. «Sia chiaro che lo studio legale che rappresento invierà regolarmente dei veterinari per verificare lo stato di salute del gatto e, mi creda» il ghigno [Ecco, solo ora è chiaro, ma è tardi, devo rileggermi la frase precedente immaginandomi un sorriso che prima non c’era] si allargò «i veterinari che invieremo non saranno affabili come lo sono io.»
Fabio deglutì.
Democrito estrasse una penna dal taschino e gliela porse. «Firmi dove indicato dall’adesivo giallo.»
Lui lasciò andare il gatto che teneva in braccio, scorse col dito le pagine del contratto e firmò.
«Ora, Merlino è suo.» L’avvocato slacciò la borsa di cuoio: una massa di pelo sorretta da quattro tronchi d’albero [se letteralmente, e stai inserendo qui l’elemento fantasy, ok. Altrimenti rischi solo di confondere il lettore. Vai sul diretto: “zampe grosse come tronchi d’albero”] saltò immediatamente fuori, il pavimento di parquet tremò come in preda al panico.
Fabio strabuzzò gli occhi. Merlino era enorme, il pelo foltissimo in ogni parte del corpo, fatta eccezione per il muso schiacciato, tipico dei persiani. La voce di Democrito lo costrinse ad alzare lo sguardo. «Ora, se non le dispiace, il mio lavoro è finito.»
«N-non, posso offrirle un caffè?»
L'avvocato marciò verso l'uscita, i tacchi firmati risuonarono sul pavimento, legno su legno. «No, grazie. Al sol pensiero [di] mangiare o bere con l’odore dei gatti… Be’, ha capito.» Si fermò sulla soglia. «Si tenga la borsa, è probabile che ci abbia fatto dentro i suoi bisogni.»

«Julia, è arrivato!» Fabio sorrise davanti allo spioncino della porta. La ragazza aprì, lo fissò da capo a piedi e storse le labbra voluttuose in un moto di disgusto. «Che vuoi?»
La vista di Julia lo metteva sempre su di giri: alta, bruna, pelle color cioccolato sul punto di sciogliersi. «Il gatto della contessa, me l’hanno portato. Vuoi venire a vederlo?»
Le sopracciglia a gabbiano ebbero un sussulto. «Va bene, pochi minuti che devo andarre a la palestrra che oggi ho il turrno al mattino.» Mosse il palmo aperto a indicare le scale. «Vai prrima tu, che so che mi guarrdi el culo quando salgo.» Le sue labbra si stirarono in un sorriso malizioso.
Il cuore di Fabio schizzava fuori dal petto: annuì, si girò di scatto e macinò i gradini a velocità supersonica. «Sono molto contento, sai, è un grande giorno per il mio gattile.»
Nessuna risposta.
Appena la ragazza arrivò all’attico, Fabio le fece strada. [bruttina questa frase, con “appena” preannunci urgenza che però non funziona con il “fare strada” che non mostra nulla a livello di azioni] Merlino era ancora seduto sul pavimento, osservato da due gatti che si tenevano a debita distanza. La brezza che entrava dalla finestra aperta aveva sparpagliato i documenti sul tavolo. [bel dettaglio] Fabio la chiuse e si girò a fissare Julia. Lei si era accovacciata a terra, il davanzale le sporgeva in avanti e il gatto premeva il muso tra le bocce, le sue fusa parevano il rombo di un terremoto.
Fabio fece un fischio. «Gli piaci.»
Julia rise e accarezzò il gattone tra le orecchie. «Anche trroppo, dirrei.»
Fabio si leccò le labbra. «Sai, non smetterò mai di ringraziarti per avermi fatto conoscere la contessa. Grazie a te il gattile potrà accogliere più gatti e —»
«Insomma ti hanno sganciato un po’ di dinero. Meglio se in palestrra non dico niente, sennò mi prrendono tutti perr el culo. Quella è l’ultima vecchia che ti mando, ok?»
Fabio si mise sull’attenti. «Per ringraziarti, potrei dividere con te un po’ di soldi, e in cambio potresti…» Lo stomaco gli stava per esplodere «venire a cena con me?»
Julia e Merlino diressero verso di lui quattro occhi felini. «Cabron! Per chi mi hai prreso? Perr una puta?»
«S-scusa, lasciamo stare i soldi, volevo solo dire che…» Si piegò a fissarsi i piedi «Vorrei uscire insieme a te.» Deglutì. «S-sai, un appuntamento...»
Lei non rispose, si alzò e fece ondeggiare le sue forme fino alla porta. «Devo andarre in palestrra, ma più tarrdi ti porrto Prrincesa, perrché vado in Dominica perr un mes.»
«Ah sì? Vai a trovare la tua famiglia per l’estate?»
«Sì. Quando torrno, forrse, mi potrrai offrrirre una cena di pescado.» Gli puntò addosso un’aguzza unghia laccata. «Forrse»
Lui si illuminò d’immenso. «Vedrai come te la tratto bene la Princesa, quando tornerai la troverai pulita e pettinata, ovviamente tutto gratis!»
Julia gli fece l’occhiolino. «Guarda che la mia micia non serrve pettinarrla, porqué es liscia come el petalo di una rrosa.» Lui si paralizzò, lei sbuffò e scoprì i denti bianchissimi. «Non farre il puerrco, che ti strrappo i cojones e li metto a bollirre nell’olio, ok?»
Il collo di Fabio era di pietra [Quando parli dei tronchi che il gatto ha per zampe non sappiamo ancora se c’è un elemento fantasy nel brano e quindi non sappiamo se interpretarlo letteralmente o no, qui invece possiamo dare per scontato che il collo di fabio non è di pietra, e per questo funziona molto bene. Spero di essermi spiegato.] ma riuscì comunque ad annuire.

Princesa era una sphynx, una famosa razza di gatti completamente glabri. Fabio accarezzò la sua pelle untuosa, lei mosse il muso a cercare ancora più coccole. «Però, è la prima volta che vedo uno di voi, sai?» Le strofinò la gola. «E pensa che sono anni che lavoro coi mici.»
Princesa diresse gli occhi celesti, incorniciati di rughe, su Merlino. Soffiò.
Fabio schioccò la lingua. «No no, fai la brava. Lui è buono, lo so che è grosso, ma è così perché ha tanto pelo. Potreste fare amicizia, pensa che bello se potesse scaldarti un po’, tu che sei…» un tuffo allo stomaco al pensiero di Julia «...tutta nuda.»
La gatta si agitò, si sciolse dalla presa di Fabio e arcuò la schiena. Le grinze sulla sua pelle si accentuarono a formare un intricato disegno.
«No, no.» Si allungò a trarre Merlino in salvo, pesava una tonnellata. [Continuo a non capire le dimensioni effettive di questo gatto, se è solamente grosso, vaporoso a causa del pelo (non peserebbe così tanto allora), o irrealmente enorme.] «Vieni bello, ti porto in camera.»
Il gattone non oppose resistenza e si lasciò chiudere nella stanza. Fabio sbuffò e si voltò per tornare in sala a controllare gli altri gatti, ma quattro di loro, compresa Princesa, erano seduti a fissarlo, immobili come statue, pazienti come solo i felini possono essere.
Un brivido gli corse lungo la schiena: non aveva mai avuto paura di loro, fino a quel momento. [mah, non capisco di cosa abbia paura, come hai evidenziato è caratteristico dei gatti fissarti immobili. Spiega meglio o trasforma la paura in una leggera inquietudine. Stona molto così come lo hai scritto]

Si svegliò scosso da uno strano rumore in cucina: il frigo che si apriva. Roteò gli occhi nel buio, in attesa di altri rumori. Una lattina veniva aperta, parte del contenuto schiumava fuori e gocciolava sul pavimento. No, non c’erano dubbi. Qualcuno era in casa. Un ladro di birre? Ansimò, allungò la mano per accendere l'abat jour, ma si fermò. Era meglio non far notare all’intruso che si era accorto di lui. Scivolò fuori dal letto e scostò la porta della sua camera. [Per aver appena scoperto che c’è qualcuno in casa è fin troppo tranquillo. Ci voleva un fraseggio interiore di panico o quantomeno d’allarme] In fondo alla sala, in cucina, un uomo molto magro avvolto nell’ombra beveva da una lattina.
Fabio prese un respiro profondo e fece un passo in avanti. Tutti i gatti dormivano sui divani o nelle loro ceste, udiva il loro respiro.
Pestò qualcosa, il fischietto di plastica di una pallina di gomma per gatti sputacchiò un lungo strillo. [buona descrizione uditiva]
L’ombra si raddrizzò e portò la lattina all’altezza del petto, il metallo splendeva illuminato dalla luce del lampione che entrava dalla finestra.
Fabio scattò verso gli interruttori e illuminò l’appartamento.
La cucina era vuota, fatta eccezione per Merlino che se ne stava seduto sul parquet, accanto al frigo aperto. Una lattina di birra vuota rotolava per terra.
Fabio scosse la testa. «Che ci fai qui?» Sussurrò. «Vai a nasconderti! C’è un ladro!» [Per niente credibile Fabio parli al gatto in una situazione come questa]
Gli occhi del gattone scattarono a destra da dove Princesa, emesso un verso acuto e furioso come la sirena di una segheria [la similitudine è buona, ma avrei messo solo “acuto”], stava per saltargli addosso. Fabio allungò una mano per fermarla, ma la gatta, con le fauci aperte a evidenziare i denti appuntiti, balzò sopra a Merlino. I due felini si azzuffarono sul pavimento, ciuffi di pelo volavano in aria come lapilli di un vulcano durante un’eruzione.
«Ehi! No! Fermi!» Si piegò verso i due animali inferociti, ma questi scivolarono altrove. Tra soffi, graffi e morsi, il pavimento cominciava a sporcarsi di sangue. Fabio rimase a bocca aperta a osservare gli altri gatti che, svegliati dalla cagnara, si lanciavano nella mischia. Ormai tutta la casa era un eco di soffi e miagolii che parevano uscire dall’inferno dei felini. Lui si tuffò verso la massa di pellicce dagli svariati colori, prese alcuni gatti per la collottola e li lanciò lontano, ma questi correvano subito indietro per rigettarsi nella lotta.
Le sue mani erano ormai un ammasso pulsante di graffi e morsi, quando un miagolio si trasformò in un urlo umano.
Sotto alla massa di gatti inferociti comparve un vecchio, nudo e peloso come un orso. Tutti i gatti corsero a nascondersi, meno Princesa, che pendeva tenuta per la collottola da due dita ossute.
Il vecchio aveva una lunga barba che gli arrivava al petto e folti capelli candidi macchiati di sangue. «Varda, ‘sta stronza.» Agitò il braccio e fece penzolare Princesa, la cui pelle stirata pareva un lifting venuto male. [mooolto carino come dettaglio xD]
Fabio mosse le labbra e farfugliò qualche suono sconnesso.
Il vecchio mosse la mano a coprire il cespuglioso inguine. «Non è che gavessi un paio di braghe per me?»

Il cadavere di Princesa giaceva sulle sue ginocchia [noooo], Fabio l’accarezzò con le mani coperte di graffi. Il vecchio, che indossava i pantaloni di una delle sue tute da ginnastica, gli sedeva di fronte al tavolo della cucina, con un’altra lattina di birra attaccata alle labbra.
Fabio strinse i pugni. «Me l’hai ammazzata, la gatta!»
«Se meritava de crepar, la merdina. Appena me ga visto la ga capito tutto.»
«Capito cosa?»
«Che mi non iero un vero gato!»
«Ma si può sapere chi sei?» Aggrottò la fronte e fissò il vecchio dritto negli occhi.
«Merlino!»
«Falla finita.» Si massaggiò il collo, il corpo di Princesa traballava sulle ginocchia. «Chi sei?»
«Merlino, ciamame pure cusì.» Sorrise a scoprire una dentatura lastricata di nero, come i tasti di un piano. «Mi son el mago Merlino, me piase.»
«Il mago Merlino?» Strabuzzò gli occhi. «Quello di re Artù?»
«Mona, quella la xe una storia per bambini.» Ingollò un altro sorso dalla lattina e ruttò. «Mi son un mago vero, mica farlocco!»
Fabio schiuse la bocca e lo fissò senza riuscire a parlare, poi diede un pugno alla gamba della sedia. «Ho bisogno di bere anche io.» Poggiò il corpicino della gatta sul tavolo, estrasse una birra dal frigo e prese un lungo sorso. La schiuma gli andò su per le narici, tossì.
«Varda di non sofegarti!»
Lui arricciò il naso pizzicato dall’anidride carbonica e squadrò il vecchio. Era magrissimo, i rilievi delle costole sporgevano dalla pelle giallastra. «Perché parli in veneto?»
«Perché mi son de Trieste.» Allargò gli angoli della bocca.
«Un mago di Trieste.» Sospirò. «Oddio, mi sembra di diventare matto.»
Il vecchio si alzò, un lungo graffio sul petto spandeva gocce di sangue. «Te ti gavessi da fumar?» Fabio rimase impalato a guardarlo, il mago scrollò le spalle. «Dai, ‘ndemo fora, un distributor lo trovemo.» Indicò il corpo di Princesa col dito scheletrico. «Così te pol sotterar la bestia.»

Fabio spinse la pala dentro alla terra soffice in riva al fiume. Il vecchio lo fissava illuminato dalla luna piena, il luccichio della sigaretta gli colorava gli occhi di arancio. «Dai mulo scava, che non xe profonda a suficiensa!»
«Ma perché non mi dai una mano?» Sbatté la pala a terra. «Invece di startene lì seduto a guardare?»
«Mi son vecio, lavora ti.»
Lui sbuffò e continuò a scavare. «Ma insomma, mi racconti o no come fai a trasformarti in gatto? E perché dovevi venire proprio da me?»
«Quando la vecia bacuca xe andata a sburtar radicio, go pensato di vedere dove la voleva mandarme.» Il luccichio della sigaretta si intensificò, mentre Merlino aspirava. «La gaveva passato gli ultimi mesi a parlarme di un posto bellissimo dove mi saria andato quando ela la moriva.» Lume della sigaretta. «Mi non pensava mica che’l posto iera quella stamberga di casa tua. Mi credeva che’l fussi un’altra villa di un’altra vecia sua amiga.»
Fabio annuì. «Ho capito.» Fermò la pala e riprese fiato. «Quindi eri l’animale domestico della contessa, e pensavi che ti avesse destinato a un’altra donna ricca, invece che al mio gattile.»
«Sì. Mi voleva veder.» La sigaretta emanò più luce. «Poi go trovato tutti quei gati de merda, pronti a cavarmi fuori gli oci dalle orbite. Maledetti.»
«Ma perché ce l’avevano tanto con te?»
«Lori i xe animali intelligenti, capiscono tutto! E i xe perfidi! La contessa gaveva solo mi, altrimenti sai che dolori!»
«Ma senti, perché ti sei trasformato nell’animale di una vecchia? Che vantaggi ne traevi?»
Risatina. «I xe persone che trattano gli animali meglio dei cristiani! La vecia mi pettinava, mi lavava, puliva la mia merda, e mi comprava scatolette che costavano più de casa tua!»
«Ma… perché?» Batté un piede. «Insomma, coi tuoi poteri, perché ridurti a fare l’animaletto?»
«Te xe proprio un mona.» Risata. «Vedessi la casa che gaveva. Piena di roba: ori, argenti, gioie, quadri…»
«Quindi ogni tanto sgraffignavi qualcosa, ti ritrasformavi in uomo, andavi in giro e ti godevi la bella vita.» Sospirò «Poi tornavi e ti facevi accudire, rubavi ancora e così via.»
Merlino si stese sulla panchina in riva al fiume. «Mi sapeva che ti te ieri inteligente.» Sghignazzò. «La vecia la iera così cretina che non si accorgeva di niente. E poi la gaveva così tanta roba che na cagada de più o de manco nessuno fiatava.»
Fabio adagiò il corpicino di Princesa nella buca. La luna risplendeva sulla sua pelle nuda. «Povero me. Julia mi ammazza.» Si portò una mano ad asciugarsi una lacrima. «E non mi parlerà più.»
«Chi xe Julia? Quella baba con le tette grosse? Ah! Che mona che ti xe. Te credi ti che te la dessi! Una figa come quella là, con un mona come ti.»
«Ma hai sentito, no? L’avrei portata a cena!»
«Sì, sì. Te gavrebbe fato pagar na barca di schei, e poi tutto in vacca!» Si alzò, gettò la cicca nel fiume e si stiracchiò. «Mi vado ora, se vedemo, mona.»
Lo stomaco di Fabio mandò una fitta. «Dove vai?»
«Gira gira mondo! Go da trovare n’altra bacuca cui i piase i gati.»
«No!» Strinse i pugni. «Non puoi lasciarmi! I soldi…» Si morse un labbro.
Merlino si piegò dal ridere. «Ah sì! Te xe un po’ nella merda. Niente schei per il gato della vecia se mi vado! Ah! Che coion!»
«Dai! Per favore, mi hai ammazzato la gatta di Julia, non puoi piantarmi in asso così.»
«E cos te vol? Xe la vida! Ah!»
Fabio gli si parò davanti. «Se resti provvederò io alle spese per mantenerti, fino a quando troverai la tua prossima casa.»
Merlino strinse le labbra e si accarezzò la lunga barba. «Da magnar e da beber? Intanto che me trovo un’altra vecia?»
Fabio si morse un labbro. «Sì, e insegnami anche a trasformarmi in gatto.»
Merlino schioccò la lingua un paio di volte e strabuzzò gli occhi. «Non xe mica facile.»
«Solo per un mese al massimo, ok? Fino a quando torna Julia. Poi va’ pure per la tua strada.»
Il mago rimuginò e grugnì. «In un mese te ti impari solo a trasformarti in un solo gato, senza poter variare. Poderia insegnarte a diventar un persiano uguale de mi, cossì che te pol gaver ancora i schei, va ben?»
«Voglio diventare uguale a Princesa.»
«La gata della baba? Perché?»
Fabio sospirò. «Non puoi capire, io la amo.»
Il vecchio annuì. «Voi gioveni, solo la mona nel zervel.»
«Non si tratta di quello.» Aggrottò la fronte. «Io voglio starle vicino, voglio amarla ed essere amato, persino sotto forma di animale domestico, visto che non c’è altro modo.» Si studiò le punte dei piedi. «Una come lei e uno come me... su questo hai ragione, non ho alcuna possibilità.» Diede un pugno all’aria. «Ma coi tuoi poteri, le cose potrebbero cambiare! Ci devo provare!»
Merlino scosse la testa. «Va ben, mi resta. Ma varda che te me devi prender da beber tutto quel che voio, senza protestar.»
«Hai la mia parola.» Annuì. «Potrai ubriacarti quanto vuoi.»

Fabio si mise in piedi in mezzo al cerchio magico disegnato sul parquet. Un paio di gatti stavano accovacciati fuori dai bordi dell’arabesco, mandandogli sguardi pieni di curiosità.
Il tracciato magico raffigurava uno strano diagramma circolare, con i contorni di diversi occhi felini sospesi tra ghirigori ingarbugliati. «Ma chi te l’ha insegnata, questa roba?»
Merlino, appoggiato al muro sotto alla finestra e con in mano una bottiglia di Slivovitz quasi vuota, fece spallucce. «Xe mejo che non te lo dise.» Alzò il mento. «Ora, pensa al gato senza pelo, e metti i brazi diritti in croxe.» Tese le braccia verso l’esterno, parallele alle spalle. «Quando che ti sarà bravo, il diagramma magico non la servirà più.»
Fabio strinse i denti, allargò le braccia e chiuse gli occhi. Visualizzò nella mente le fattezze di un gatto di razza sphynx, con gli occhi azzurri come Princesa: ogni dettaglio era importante per riprodurne le fattezze. Un’onda di glaciale energia lo investì e gli scorse lungo la spina dorsale.
«Bravo, tienla dentro, non farla andar fora!»
Fabio aggrottò le sopracciglia, cercò di trattenere il freddo all’interno delle ossa, ma la mano di ghiaccio scivolava verso l’alto, oltre il cranio.
«Attento, mona!»
La vibrazione mandò in frantumi tutti i vetri della casa: la bottiglia di liquore che Merlino teneva in mano, le finestre, la lastra del tavolino della tv che, privata di un sostegno, rovinò a terra con un tremendo fracasso. [Non mi convince questa descrizione, forse per mancanza di dettagli uditivi. L'udito dovrebbe essere il senso più colpito in un avvenimento del genere]
Fabio aprì gli occhi e uscì dal cerchio magico. Strinse le labbra e si massaggiò le tempie. Il mago si stava ripulendo i vetri dalla folta chioma. Una polvere di brillantini luccicava tra i peli ispidi della sua barba. «Vacca mastella, che gran casin! Gavemo ancora da lavorare molto, go paura.»
I gatti si avvicinarono, uno soffiò.
«Merlino, ma che cos'hanno?»
«I sentono la magia! C’è un solo modo per farli star quieti.» Trascinò il dorso del dito indice sulla gola.
Fabio scosse la testa. «No! Questo mai.» Alzò le sopracciglia, guardò la finestra frantumata e sorrise. «Mici, sui tetti dai! Coraggio!»
Ne prese uno in braccio, che emise un verso minaccioso, e lo fece uscire dalla finestra. Presto il felino sparì nella giungla dei comignoli.
Fabio annuì. «Sì, ci metteranno un po’ per tornare, avremo la casa per noi.»
«Per me iera meglio la mia soluzion, ma te ti vol complicarte la vida.»
«Non posso ammazzarli! Li amo troppo.»
Merlino sibilò. «Ma va a remengo, e tirame fora n'altra botilia da beber.»

Suonò il citofono. «Ehi, Merlino!» Corse verso l’ingresso. «Julia è puntuale! Presto, tra poco si entra in scena!» Alzò la cornetta. «Sì?»
«Dottor Menegon. Sono qui per l’ispezione per conto della famiglia Grignani.»
Il labbro di Fabio tremò, il cuore gli saltò alla testa. «Certo, s-salga.»
Riattaccò.
Il vecchio fece capolino alle sue spalle. «Chi xe?»
«Il veterinario che ti deve controllare, mandato dalla famiglia della contessa!»
«Ma perché lo ti ga fatto salir?» Sbuffò. «Bastava mandarlo in mona!»
«Non so perché l’ho fatto, non ho avuto i riflessi pronti.» Scosse la testa. «Avanti, trasformati.»
Merlino alzò le folte sopracciglia bianche «No.»
Fabio chiuse gli occhi e si batté i pugni sulle tempie. «Non abbiamo tempo! Dai, l’ultima cosa che ti chiedo, poi ti lascio andare.»
«Fatti mettere ti un termometro su pel cul!» [ahahaha]
Il campanello della porta suonò. Il mago alzò gli occhi al cielo e si trasformò nel gatto persiano, i vestiti formarono un mucchio sul pavimento. Fabio prese un sospiro di sollievo e aprì. Il veterinario aveva i capelli a spazzola e dei baffetti color carota. «Permesso.» Lo scostò, raccolse il persiano e lo portò in cucina.
«Scusi, ma… » Lo seguì con lo sguardo «sarei potuto venire io al suo ambulatorio.»
«Non devo solo visitare il gatto. C’è anche l’abitazione da controllare.» Fissò la finestra rotta e i vestiti per terra. «E non andiamo per niente bene.»
Fabio rimase in silenzio. Il veterinario spruzzò disinfettante sul tavolo. Merlino aveva una faccia accigliata, ma accettava tutto senza opporsi. Gli altri felini del gattile accorsero eccitati, l’uomo li tenne a distanza col piede. «Male, molto male.» Toccò il folto pelo con le dita. «Ci sono segni di lotta, graffi e morsi e...» annusò il muso «ma questo gatto è ubriaco!»
«Non è colpa mia se beve come una spugna.» [poco credibile questa risposta]
Merlino sibilò, il veterinario estrasse un rasoio elettrico dalla borsa. «Lasciamo stare, per carità. Ora faccio un prelievo di sangue, per le analisi di laboratorio.»
Merlino miagolò, ciuffi di pelo caddero dal zampa [Refuso], falciati dalla macchinetta.
Fabio fece un lungo respiro. Qualcuno bussò alla porta. Lui deglutì. «Scusi, vado a vedere chi è.» Il cuore gli batteva all'impazzata. «S-sì?»
«Aprri estupido!»
La mano tremante girò la chiave.
La carnagione di Julia era ancora più abbronzata, i tacchi dei suoi stivaletti pestarono sul parquet, che restituì scricchiolii di dolore.
Fabio le si avvicinò. «Ciao, sei bellissima.» Si sforzò di non svenire.
Lei lo fulminò con lo sguardo. «La gatta! Dov'è?»
«Vado a prenderla.» Corse in camera. Respirò a fondo, cercò di controllarsi. Un piccolo cerchio era disegnato sul pavimento, non aveva ancora imparato a farne a meno. Chiuse gli occhi, sorrise. Era arrivato il momento: avrebbe ricevuto l'amore che tanto desiderava, coccolato e riverito da Julia. Congiunse i palmi e biascicò un’ave maria: pregò che andasse tutto bene, o era rovinato.
Entrò nel cerchio e pensò alla gatta glabra. La mano glaciale lo percorse da capo a piedi e i suoi vestiti scivolavano via. Aveva funzionato!
Zampettò fuori e guardò in alto. Julia stirò le labbra in un sorriso che gli fece palpitare il cuore.
«Qua ho finito!» La voce del veterinario gli rimbombò nelle orecchie. L'uomo torreggiava sopra di lui. «Ma dov'è andato?» Si rivolse a Julia. «Ha visto il proprietario?»
«Chi se ne frrega! Vieni Princesa!»
Si abbassò, toccò la testolina di Fabio, il cui piccolo stomaco si contorse.
«Io vado.» Il veterinario mise le mani a coppa attorno alla bocca. «Se mi sente: sappia che può salutare il suo contratto.» Abbandonò l’appartamento.
«Bonita Princesita.» Julia prese in braccio Fabio, lui spinse il naso nella scollatura. «¡Yo también estoy feliz de verte!» Lo accarezzò sulla pelle nuda.
Lui faceva le fusa, vibrava tutto.
«Pero espera: ¿Qué cosa es esto?» Gli pungolò i testicoli con un’unghia aguzza. Fabio contrasse i muscoli, una fitta lo impietrì. «Tu eres un chico, no una chica.» La trasformazione non era completa. Possibile che non se ne fosse accorto?
Un miagolio dal basso.
«¡Aquí estás, Princesa!» Julia lasciò Fabio e raccolse l’altro gatto, un esemplare di sphynx femmina. «¡Sì, mia Princesita!» La strinse forte al petto. «Vamos a casa.»
Sulla spalla di Julia, Merlino-sphynx scoprì i denti aguzzi e fece l’occhiolino.
Le zampette di Fabio tremavano, non riusciva a rialzarsi. «Julia!» Il brivido freddo lo percorse, mentre si ritrasformava in essere umano.
Lei si fermò sulla soglia, i suoi occhi parevano uscire dalle orbite. «¡Ma estás desnudo, puerco, cabron!»
«Julia, no» Si guardò in giro, raccolse un gatto e lo usò per coprirsi le pudenda. [un po’ esagerata questa cosa, forse volevi rendere la scena più comica ma non è proprio credibile così. Meglio mettersi le mani davanti a questo punto]«Non è come credi tu.»
«Yo clamo a los carabineros.» Corse giù per le scale. «¡Puerco!»
Fabio contrasse tutti i muscoli, la testa gli scoppiava. «Lurida merda!» Urlò a squarciagola. «Mi senti? Spugna di merda!»
«Te faccio arrestarr, cabrrrron!»
Cadde faccia al muro, nudo e in lacrime.
I gatti dell’appartamento soffiarono, tutti raccolti attorno a lui.
Uno gli saltò sulla schiena e lo trafisse con gli artigli, ed era solo il primo.

Commento:
Racconto carino, scorrevole e divertente. Forse la tua introduzione mi aveva preparato a molto peggio, ma la parlata Veneta non ha creato affatto problemi, anzi, penso abbia elevato al meglio la figura comica di Merlino.
Il protagonista è assolutamente bidimensionale e neanche per un attimo ho provato empatia per lui. Emerge solo che: ama i gatti (cosa che esterna più volte a parole) e ama la nera (anche questa caratteristica ben sottolineata da lui). Basta. Ho preferito di gran lunga il diavolaccio dello scorso racconto come caratterizzazione (e anche come racconto in generale).
Comunque è chiaro che il brano ha come punto forte la figura di Merlino, ed è proprio dalla sua introduzione che la storia inizia a funzionare. Ti potrei dire che avrei voluto sapere un po' di più sulla sua magia o le sue origini, ma sono perfettamente coscio dei limiti che i 25.000 caratteri impongono. Quindi buono così.
Il brano mi ha intrattenuto e ciò è quanto basta. Peccato per il protagonista blando.
 
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view post Posted on 9/10/2021, 14:33
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Ullallà. Mi assento per poco ed ecco già due commenti :1392239680.gif: ma grazie amici!
Grazie ad Alexandra per il commento sempre molto gentile, e anche per i complimenti. Sono contento che il racconto ti sia piaciuto, e se può in qualche modo servirti per fare un po' di inverse engineering può solo farmi piacere :)
Grazie anche al buon Leonardo per i commenti puntuali, che sono sempre il modo migliore per aiutare qualcuno a migliorare il suo stile! Condivido tutte le osservazioni che mi hai fatto, hai sottolineato i grandi difetti del mio modo di scrivere su cui sto cercando di lavorare:

1) Dialoghi a volte poco freschi o poco credibili
2) Inizio o finale sottotono
3) Gestione delle informazioni non ottimale
4) Personaggi poco profondi, specie se scrivo in terza persona.

Ho poco da dire: voi siete le mie cavie, perché con voi cerco di sperimentare diversi metodi. Ritengo che il mio problema più grosso sia appunto creare un personaggio che susciti empatia. Lo so, lo so, in teoria basta dargli un fatal flaw che gli impedisca di raggiungere il suo obiettivo e di interagire con l'ambiente nel modo che desidera. La teoria la conosco, eppure qualcosa ancora non mi riesce. In prima persona, di riffa o di raffa, il personaggio acquista un suo spessore, al costo di sminuire tutti gli altri. Con la terza persona.. hai visto anche tu :unsure: sarà che in questo preciso racconto c'è questo gigione che ruba la scena, e quindi l'altro personaggio va un po' in sordina. Ci può stare, e, comunque, non ho molto giocato col fraseggio interiore del protagonista, per dare spazio alle fanfaronate di Merlino. Risultato? Merlino figherrimo, Fabio una cacchina. Devo imparare a dosare meglio le cose, specie quando sono in terza persona (ma quanto è difficile? Eppure, ce la devo fare).
Sui dialoghi, ancora mi manca qualcosa per raggiungere quella freschezza che non fa alzare il sopracciglio del lettore attento. Ho intenzione di studiare qualche manualone come un McKee, e prendere più appunti quando leggo i romanzi. Insomma, sto studiando.
Riguardo agli altri due problemi, sono contento che in questo racconto non siano così preponderanti. Vero, ho tagliato tutta una parte in cui descrivevo meglio la magia e la sensazione che si aveva quando ci si trasforma in gatto (qui è saltata del tutto, ma immagina di diventare gatto... La cosa non lascierebbe di sicuro indifferenti, come lascia indifferente Fabio).
Inizio e fine stavolta sembrano abbastanza ok, quindi almeno in questo sto facendo progressi.
Sulle note che mi hai fatto, sono utili a capire quando ho usato troppo tell, a discapito dello show. Sto ancora facendo esperimenti su come dosare le due cose (noto con piacere che non mi hai segnalato alcuni infodump :XD: significa che si notavano appena, e di questo sono felice). Sono anche contento che l'uso del dialetto alla fine non sia troppo invasivo, sarà che ho usato un veneto un po' maccheronico, proprio perché in realtà non lo parlo :p101:
Grazie ancora a tutti, presto arriverà anche il mio commento ai vostri lavori :b:
 
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Leonardo Pigneri
view post Posted on 9/10/2021, 15:00




CITAZIONE (MentisKarakorum @ 9/10/2021, 15:33) 
Ullallà. Mi assento per poco ed ecco già due commenti :1392239680.gif: ma grazie amici!
Grazie ad Alexandra per il commento sempre molto gentile, e anche per i complimenti. Sono contento che il racconto ti sia piaciuto, e se può in qualche modo servirti per fare un po' di inverse engineering può solo farmi piacere :)
Grazie anche al buon Leonardo per i commenti puntuali, che sono sempre il modo migliore per aiutare qualcuno a migliorare il suo stile! Condivido tutte le osservazioni che mi hai fatto, hai sottolineato i grandi difetti del mio modo di scrivere su cui sto cercando di lavorare:

1) Dialoghi a volte poco freschi o poco credibili
2) Inizio o finale sottotono
3) Gestione delle informazioni non ottimale
4) Personaggi poco profondi, specie se scrivo in terza persona.

Ho poco da dire: voi siete le mie cavie, perché con voi cerco di sperimentare diversi metodi. Ritengo che il mio problema più grosso sia appunto creare un personaggio che susciti empatia. Lo so, lo so, in teoria basta dargli un fatal flaw che gli impedisca di raggiungere il suo obiettivo e di interagire con l'ambiente nel modo che desidera. La teoria la conosco, eppure qualcosa ancora non mi riesce. In prima persona, di riffa o di raffa, il personaggio acquista un suo spessore, al costo di sminuire tutti gli altri. Con la terza persona.. hai visto anche tu :unsure: sarà che in questo preciso racconto c'è questo gigione che ruba la scena, e quindi l'altro personaggio va un po' in sordina. Ci può stare, e, comunque, non ho molto giocato col fraseggio interiore del protagonista, per dare spazio alle fanfaronate di Merlino. Risultato? Merlino figherrimo, Fabio una cacchina. Devo imparare a dosare meglio le cose, specie quando sono in terza persona (ma quanto è difficile? Eppure, ce la devo fare).
Sui dialoghi, ancora mi manca qualcosa per raggiungere quella freschezza che non fa alzare il sopracciglio del lettore attento. Ho intenzione di studiare qualche manualone come un McKee, e prendere più appunti quando leggo i romanzi. Insomma, sto studiando.
Riguardo agli altri due problemi, sono contento che in questo racconto non siano così preponderanti. Vero, ho tagliato tutta una parte in cui descrivevo meglio la magia e la sensazione che si aveva quando ci si trasforma in gatto (qui è saltata del tutto, ma immagina di diventare gatto... La cosa non lascierebbe di sicuro indifferenti, come lascia indifferente Fabio).
Inizio e fine stavolta sembrano abbastanza ok, quindi almeno in questo sto facendo progressi.
Sulle note che mi hai fatto, sono utili a capire quando ho usato troppo tell, a discapito dello show. Sto ancora facendo esperimenti su come dosare le due cose (noto con piacere che non mi hai segnalato alcuni infodump :XD: significa che si notavano appena, e di questo sono felice). Sono anche contento che l'uso del dialetto alla fine non sia troppo invasivo, sarà che ho usato un veneto un po' maccheronico, proprio perché in realtà non lo parlo :p101:
Grazie ancora a tutti, presto arriverà anche il mio commento ai vostri lavori :b:

Grande Matteo! Sei assolutamente sulla strada giusta per far passi da gigante, rendersi conto dei propri punti deboli è davvero un'abilità importantissima. Sei già bravo così, quindi non vedo l'ora di leggere tutte ciò che tirerai fuori in futuro! Dai, dai, dai!
 
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view post Posted on 9/10/2021, 15:53

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Ciao Leonardo, grazie, sei molto gentile. Terrò presente il tuo consiglio sul corso.
Ciao Mentiskarakorum, per me sei a un livello già molto alto, poi, certo alla perfettibilità non c'è mai fine (quanto più si è bravi, tanto più si vuol migliorare).
 
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view post Posted on 10/10/2021, 12:44
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Ladies and gentlemen, eccomi coi commenti ai vostri racconti. Di tutti mi è piaciuto qualcosa, quindi vi ringrazio per le letture che mi avete regalato! Se volete iniziare una discussione a seguito delle mie osservazioni, io sono qui per questo. :)

L'orma e la voce

Prime Impressioni. Ciao Alexandra! Piacere di rileggerti. Questo racconto mi ricorda un po' Essi Vivono, di Carpenter.

Aderenza al tema e bonus. Per me tutto ok lato tema. Per i bonus, anche, la scelta di una finestra in senso lato, per me è ottima.

Punti di Miglioramento Ho poco da aggiungere rispetto all'analisi molto completa che ha fatto Leonardo. I punti del racconto che ti segnalo, oltre a quelli già segnalati da Leonardo, vanno un po' nella direzione di migliorare il rapporto tra uomini grigi e protagonisti. Lo scambio di battute tra di loro mi sembra un pochino artificioso, le reazioni dei ragazzi di fronte all'esistenza di questi esseri mostruosi un po' semplicistica, si riassume in una specie di alzata di spalle, quando invece le conseguenze avrebbero dovuto essere molto diverse.

Punti di forza. Adolescenti e alieni, di certo un mix del genere funziona! Potresti esacerbare un po' di più il bisogno di un adolescente di raggiungere l'indipendenza dai genitori, e il conseguente iperpotere regalato dagli alieni, con i sensi di colpa che ne conseguono.

Conclusioni. l'idea di base non è male, ma la realizzazione un po' meno. Anch'io ho faticato a comprendere il senso di alcuni passaggi, e mi sono un po' perso diversi dettagli per far quadrare la storia. Attenzione, questo per me è un passo indietro rispetto ai tuoi lavori più recenti, da questo punto di vista. L'editing che ti ha fatto Leonardo è ottimo, prova a vedere se può tornarti utile per lavorare sulla fruibilità del tuo stile.

Il re del terrore

Prime Impressioni Ciao Shanghai! Però, che racconto particolare! Ottimo incipit, ottimo il rimando a Nostradamus. Arrivo adesso con qualche suggerimento.

Aderenza al tema.Eh sì: l'allarme manda ancora più in tilt il cervello del povero vecchio. Tema rispettato! Lato bonus tutto ok, magari quello della finestra è un po' gratuito, cioè non è funzionale alla trama che si rompa, la finestra. Però, stavolta anche io non sono uno stinco di santo.

Punti di Miglioramento.Per quel che mi riguarda, migliorerei pochissima roba, lato stile. Certo, il tuo racconto non segue la scrittura immersiva per tutta la parte centrale, ma chissenefrega, la scelta dello stile deve essere funzionale al tipo di racconto che si vuole scrivere, quindi, il fatto che la parte centrale lasci il lettore a una certa distanza non è un problema: semplicemente è una scelta! Tu volevi che il lettore leggesse la parte centrale con più distacco, forse proprio perché era tutta una visione! Avendo appurato questo, ti segnalo che alcune parti mi hanno fatto calare l'attenzione, durante la lettura. Te lo dico solo perché magari, se ti fidi di me, puoi capire dove snellire un po'. Il primo è l'infodump della foto: io non sono di Bergamo, quindi tutti i particolari geografici sul posto in cui il tizio e i suoi amici andavano a caccia per me significano poco, li leggo e me li dimentico dopo un minuto, specie se non sono funzionali alla trama. Ci sono anche alcuni passaggi, nei dialoghi, in cui usi un po' troppo i dialogue tags, e i verbi come: risponde, replica, dice. Occhio, prova a toglierli e vedi che comunque si capisce chi parla, visto che è una botta-risposta. Sinceramente, a me non importa se uno li usa o meno, però i caporioni ti etichettano come dilettante, se li usi troppo.
Lato trama, direi che mi è piaciuta, ma mi manca un attimo il finale della scena della visione: non specifichi cosa capita al vecchio in trincea o a suo figlio, quindi deludi un po' le aspettative di chi si era affezionato a quella storia. Io volevo saperne un po' di più, e sono rimasto un po' deluso dalla chiusura e dallo spostamento della scena di nuovo nella testa di Nostradamus.

Punti di forza. la linea di narrazione incentrata su Nostradamus è molto interessante e ben scritta, più che la parte centrale. L'incipit mi ha steso, uno che ti spiega come fare l'inchiostro, e ti racconta che ormai è una delle poche gioie rimastigli. Ottimo, originale e spassoso. Davvero! Anche l'idea di decifrare le profezie di Nostradamus in chiave alternativa mi è piaciuta (se non sbaglio Evangelisti ci ha scritto sopra un paio di romanzi, anche se, ormai, sono un po' introvabili).

Conclusioni Per me l'idea di fondo di questo racconto è ottima, manca un po' di coinvolgimento in più sulla parte centrale, e occhio al cliché "era tutto un'illusione", qui si sente un po': il lettore arriva alla fine e si chiede quale sia la vera trama del racconto, quella su Nostradamus o quella ambientata a Bergamo? Come struttura mi pare un po' la prima parte de La Storia Infinita, in cui c'è Bastian che legge libro e la narrazione si sposta un po' a caso tra lui e trama del romanzo. La parte interessante, però, è la seconda, in cui Bastian entra in contatto con la trama del libro e le due cose si fondono: forse il vero punto debole del tuo racconto sta qui, manca la coesione delle due linee narrative. Comunque, un pezzo molto migliore di quello dell'altra volta. Complimenti per l'idea, il mio consiglio è osare di più, portare questa idea alle sue massime conseguenze, porta le due trame a congiungersi e fai vivere a Nostradamus in prima persona le conseguenze delle sue visioni. Ovvio che in così poco spazio non puoi farlo (e forse Evangelisti ha scritto già qualcosa di simile, non so, non li ho letti quei romanzi), quindi tieniti buona l'idea per quando vuoi scrivere qualcosa di più corposo.

I mezzi della pace

Prime impressioni Sempre un piacere rileggerti, Leonardo. Il tuo racconto è da manuale, stile immersivo molto ben riuscito, ambientazione molto carina e idee buone. Ho qualche piccolo commento che sfocia verso il gusto personale, su cui, se vuoi possiamo discutere. Diciamo che i commenti che ti darò sono per passare dal buono all'ottimo, sempre secondo il mio punto di vista tutt'altro che esperto.

Aderenza al tema. Per me ok. Chiaro che però, la consegna è assolutamente secondaria alla trama. Anzi, non so se me lo sono perso, ma il messaggio che la protagonista doveva consegnare al re manco si sa cos'è, alla fine. Bonus ok per la buca... La finestra? Forse anche questa me la sono persa io.

Punti di miglioramento. Tratteggi un'ambientazione fantasy trita e ritrita. Due regni (abbastanza anonimi) che si combattono in una guerra logorante. La cosa originale sta in questi indumenti magici, ma a questo arrivo dopo. Chiaro che in così poco spazio ha poco senso esplorare l'ambientazione più di così, però non dare mai per scontato che il lettore si affezioni a una fazione piuttosto che un'altra, solo a seconda di quella cui appartengono i protagonisti. Come già ti accennavo, i due regni sono uno la fotocopia dell'altro, quindi perché mai dovrebbe fregarmi se vince uno o l'altro? Chiaro che con questo tema si può giocare parecchio, mi viene in mente "Il castello errante di Howl", in cui mostrare le fazioni della guerra allo stesso modo è uno stratagemma per condannare la guerra in sé. Ecco, sento che il tuo racconto ha questa occasione mancata, caratterizzare un po' di più le fazioni (senza cadere nel tranello di fare d'oro i buoni e di ebano i cattivi) avrebbe magari giovato all'ambientazione.
Lato personaggi, ti rimando l'osservazione che hai fatto per il mio racconto. La tua protagonista è un po' asettica. Sarà che è sgrava (queste calze che danno un superpotere la rendono fortissima), e che brontola contro i suoi simili senza tradire troppa simpatia verso i poveracci se non a parole.. insomma, qua mi viene da chiederti: dov'è il fatal flaw? Il tuo protagonista è un po' un mezzo che serve alla trama per proseguire, ma senza le calze in effetti questa tizia non servirebbe proprio a niente. Perché ha lei le calze? Perché è lei la persona speciale su cui incentri il tuo pdv? Quali sono i suoi fantasmi, le sue debolezze, le sue aspirazioni? Chiaro che tratteggi un soldato che risponde agli ordini, ma ogni soldato ha i suoi crucci e le sue disperazioni. Insomma, per me l'impalcatura di base ci sta, ma manca un po' la ciccia. Ho come l'impressione che tu abbia usato lo stile immersivo per delineare al meglio le azioni e le sensazioni esterne del tuo personaggio, e in questo certamente tutto bene, però, mi manca un po' l'interiorità del tuo personaggio, e forse lo stile immersivo aiuta proprio qui, piuttosto che nel narrare una sequenza di azioni (occhio, che si rischia di arrivare al famigerato "effetto telecronaca").
Lato trama, per me ok, ho solo due momenti in cui ho inarcato un po' il proverbiale sopracciglio: la principessa inghiotte un bottone dopo averlo letteralmente pulito dalla merda usando solo acqua. Il suo destino, in un mondo normale, sarebbe una gastroenterite fulminante. Un espediente migliore, sarebbe nascondere l'oggetto nel retto (Papillon, Le ali della libertà, Pulp Fiction, nella finzione esempi abbondano, e, ho paura, cose simili accadono anche nella realtà).
La fine, quando la protagonista ha "l'illuminazione" e capisce il "complottone", mi ha fatto anche un po' strano. Chiaro, hai seminato gli indizi per dare una parvenza di verosimiglianza a questo risveglio, però, è una forma che si è vista e rivista da tutte le parti, e rischia di cadere nel cliché.

Punti di forza. Se la tua idea è quella di usare il mostrato, direi che ci stai riuscendo bene.. occhio alle microazioni, cerca di togliere tutte quelle azioni scontate che appesantiscono la lettura (l'ho notato solo poche volte, e comunque anche io non sono un campione in quel frangente).
L'idea di strumenti magici che hanno la forma di indumenti, come calze, mutande e bottoni, è originale e divertente. Fossi in te io calcherei ancora di più la mano, e renderei questi indumenti logori e puzzolenti: le mutande della morte magari donano un grande potere, ma sono state usate da talmente tanti uomini nei secoli che gli strisci della merda e le macchie di piscio ormai non si lavano più, e usarle provoca pruriti e infestazioni di pulci. Magari più un oggetto è potente, più fa schifo usarlo, tanto che un personaggio deve letteralmente lottare tra il desiderio di padroneggiare un grande potere e il ribrezzo che ne consegue.
Mi è piaciuto il sacrificio della principessa, che ammazza persino il suo amato pur di salvare il mondo. Accidenti, idea più che buona. Potevi incentrare l'intera storia su questo singolo elemento per esaltarne la drammaticità. Magari, potevi scegliere un pdv in terza con narratore interno alla principessa (così potevi effettivamente incentrare il racconto su un personaggio veramente attivo senza dover svelare il segreto che porta con sé, cosa che occorre fare se si scrive in prima persona, o il narratore diventa inaffidabile). Avrei goduto al leggere le sensazioni della principessa mentre tradisce il suo principe: lui tutto ganzo che arriva a sposarsi con la sua amata, e lei che stringe le chiappe nelle mutande della morte, col cuore che impazzisce dal rimorso.
Ottima la scelta di ambientare tutto il tuo mondo sotto le intemperie. Il fango ha grande valore XD esagera magari ancora un po'.. mi immagino la principessa, abituata a trini e merletti, infangarsi e cagare in una buca. (Ah! Che pdv coi fiocchi sarebbe stato! ;)

Conclusioni Hai le basi per un romanzo fantasy, se riesci a giocare un po' di più coi sentimenti e i grandi conflitti. Al momento questo racconto si legge più che volentieri, con qualche riserva per l'uso esclusivo del mostrato (ma qui sono gusti miei), e per le scorciatoie di trama (la tipa che alla fine capisce tutto e si precipita nel salone del matrimonio). Dal papiro che ti ho scritto già si capisce che l'idea mi è piaciuta, e che mi starebbe a cuore vederla esplorata e approfondita :) Bravo. Spero che il mio sproloquio possa esserti utile.

Edited by MentisKarakorum - 10/10/2021, 18:01
 
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Leonardo Pigneri
view post Posted on 11/10/2021, 11:54




Grazie mille Matteo per l'estensivo Feedback!
Completamente d'accordo con te su tutti i punti. Forse proprio per il fatto di aver cercato di dipingere un mondo fantasy in 25.000 caratteri, non sono soddisfatto io stesso di come sia uscito il racconto nel complesso. Comunque mi piace risponderti in merito a tutte le argomentazioni. Iniziamo dal tema, sul quale forse c'è stata un po' di confusione:
- La consegna che la protagonista deve fare è la principessa stessa, nessuna missiva. La finestra è stata rotta per entrare nella sala del matrimonio.

Per il resto, mi congratulo con te perché hai colto tantissimi punti su cui io stesso mi ero soffermato e interrogato. Mi hai sorpreso per la precisione di certe osservazioni. Vediamole un po'.

- Sui due regni in guerra mi dovevo sicuramente sprecare un po' di più a inserire un paio di dettagli che li differenziasse meglio. Non mi avrebbe neanche occupato tanto spazio. Ottima osservazione.
Il castello errante di Howl, inoltre, è un'opera che apprezzo tantissimo e probabilmente l'impostazione semplicistica della "guerra ingiusta in quanto guerra" potrebbe essere davvero stata influenzata da opere di quel tipo.
Hai azzeccato il punto alla grande. L'obiettivo del racconto non era stabilire che una fazione fosse meglio dell'altra, anzi, di quanto entrambe fossero disposte a compiere atrocità per prevalere sull'altra. Era, quindi, quantomeno dovuto da parte mia distinguere le due fazioni ed evidenziare dove ognuna di esse fosse peggiore dell'altra.

- Sì, la mia protagonista è uno schifo. Ed è forse la cosa di cui ero più conscio durante la stesura. E' perlopiù passiva e tutti i fatti salienti della trama sono portati avanti da altri (tranne la decisione finale di non combattere più, ma che è poca roba). L'ho gestita male anche perché il fatal flaw mi è apparso solo dopo la prima stesura e lo ho seminato in seconda anche piuttosto sbrigativamente (doveva essere la sua completa sfiducia nella nobiltà). Comunque, proprio durante la mia realizzazione di quanto fosse passiva la protagonista, mi era venuto in mente che, in effetti, la principessa sarebbe stata un PdV molto più interessante. Come hai puntualmente evidenziato tu, però, sarebbe stata un casino da gestire con il focus strettissimo del PdV che mi sto sforzando a utilizzare. Per rispondere alla domanda sul perché io abbia utilizzato Jalei come protagonista, la risposta è banale, l'idea del racconto parte da una domanda che mi sono posto analizzando il tema. Come sarebbe un corriere amazon in un mondo Fantasy?
Con l'emergere della storia poi mi sono reso conto (troppo tardi) che in effetti la mia protagonista non si prestava al massimo alla trama. Forse, la scelta migliore sarebbe stata un doppio punto di vista in cui, quello della principessa, emergeva solo in punti in cui non era necessario rivelare il suo piano e poi, ovviamente, alla fine.

- Come te, anche io mi sto ritrovando a dover imparare a bilanciare, di racconto in racconto, i vari aspetti delle storie. Nell'ultimo (quello sull'antica Roma) la trama era di una semplicità disarmante, ma il protagonista era risultato abbastanza delineato. Qui allora mi son detto: spingo di più sulla trama e il gioco è fatto!
Invece no. X)
Inevitabilmente, per focalizzarmi sulla trama, mi è uscito un protagonista debole.
Siamo più o meno sulla stessa barca, anche se penso tu sia più vicino a trovare un buon bilanciamento. Dal prossimo racconto proverò a fare assolutamente di meglio. Questi scambi con te mi stanno motivando tantissimo!

- Sulla questione "rettale" non pensavo ingerire un bottone così piccolo potesse creare problemi intestinali, ma mi sarei dovuto fare qualche domanda dal momento che, come hai evidenziato tu, il sistema "su per il tubo" è così popolare xD

- Sulla realizzazione finale, anche qui, hai colto nel segno. Banale e già vista. Ma, seppur ci abbia pensato durante la stesura, non mi è venuto in mente un modo migliore per far emergere le semine (senza ovviamente occupare altri 5000 caratteri). Se avevi quindi un'idea su come fare diversamente, qui mi piacerebbe avere il tuo input. (Ovviamente è legittimo non ti venga nulla così su due piedi, in quel caso anche il solo feedback mi è stato utile nell'individuare "l'indigesto")

- Per il mostrato, sì, tutti questi racconti sono fondamentalmente esercizi di scrittura nell'adottare la scrittura trasparente (cosa che ho scoperto da pochi mesi). Conto in futuro di sporcarla di più perché il mostrato al 100% serve a poco e potrebbe risultare un po' asettico (se fatto male).

- Ottimi gli spunti sulle vesti, qualcosa del genere c'era nella prima stesura, ma nel tentativo di inserire tutti i punti della trama ho dovuto togliere alcune cose. Sapendo dell'interesse destato, però, probabilmente adesso avrei fatto scelte diverse.

Ok ho finito finalmente e, che dire? Grazie mille per l'ennesimo riscontro formativo che mi hai concesso!

P.S. Ho letto il racconto che hai scritto per l'ultimo contest MC e, beh, mi ha commosso. Davvero d'impatto a mio parere.
 
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Leonardo Pigneri
view post Posted on 11/10/2021, 14:58




Ben ritrovata Shangai! Ecco i miei commenti al tuo brano!
Non so per quale motivo ma nel copia-incollare da word al box del forum è comparsa una miriade di trattini nel testo. Ignorali.


Disclaimer: Il format può essere un pochino confusionario, ma faccio i commenti direttamente sul testo così da poter essere più dettagliato e preciso. Ti avverto che non indolcirò la pillola ma spero che il mio sincero feedback possa tornarti utile (siamo qui per migliorare d’altronde, non per farci i complimenti a vicenda). Tutti i commenti sono fatti a caldo, durante la prima lettura. Sarò più estensivo nelle prime battute del testo poiché gli errori ripetuti per l’interezza del brano li segnalerò solo le prime volte. Ci tengo, inoltre, a precisare che le critiche (se ci saranno) vorranno sempre e comunque essere costruttive e mai offensive. Buona lettura e, se vorrai ulteriori delucidazioni, non esitare a chiedere! :)

LXXII
L’an mil neuf cent nonante neuf sept mois,
Du ciel viendra un grand Roi d’ effrayeur:
Ressusciter le grand Roi d’Angolmois,
Avant aprés Mars regner par bonheur.[Non sono un fan dei versetti in cima al capitolo, se poi neanche li capisco… Però magari hanno un senso messi così. Vediamo]

Il Re del Terrore




Se c’è una cosa che adoro è farmi l’inchiostro da me. Lui potrebbe trasformare persino l’acqua in inchiostro, ma mi piace mantenere la mia indipendenza, almeno su alcune cose.
Fa parte del patto.
E poi mi piace tutto della sua preparazione: dalla rimozione delle gallozze dalle quer-ce[della dalla delle dalle, suona sgraziato, lo senti?] , all’effetto che fanno quando si me-scolano con il solfato ferroso, alla consistenza appiccicaticcia della gomma d’acacia, finan-co alle mani viscide del mercante che cerca di rifilarmela a un prezzo sempre un po’ più alto di quello che si converrebbe.
Il momento che adoro di più, tuttavia, è quello dello sputo: mi ricorda il prezzo che devo al mio sapere, il silenzio che ho dato in pegno.
Adoro farmi l’inchiostro da me perchè è l’unica operazione complessa che mi è rimasta, quello che segue è meccanica trascrizione di un dettato.
E poi, quando mi faccio l’inchiostro da me, dico, sono sicuro che non inizierà a sussurrar-mi le sue profezie. [Chi? L’inchiostro? Rendi più chiaro.]
Lo fa spesso, per dispetto, ne sono certo, nei momenti peggiori, ma mai mentre preparo l’inchiostro.
È la mia pausa dalla sua voce e dal futuro degli altri.
Ecco, ci siamo. [Allora, fino a qui, hai usato un attacco rischioso che ci dà zero senso di luogo o del personaggio, ma che comunque funziona. Brava.]
Raccolgo un signor sputo [Semmai la saliva si raccoglie, sputo lo diventa una volta uscito dalla bocca], un piccolo lago di saliva mi riempie la bocca. Delicatamente [avverbio in -ente, ci dice poco e nulla sulla sua azione. La frase dopo (lascio che il getto scenda verso il calamaio ) dice già tutto.] - è l’unico vero rito in cui abbia mai creduto [questa frase non ci azzecca nulla qui, e sa di tell. Al massimo qui ci potrebbe stare come fraseggio interiore una sorta di mantra che il pg si ripete ogni volta che fa questa operazione. Ma la frase che hai scritto proprio no.]- lascio che il getto scenda verso il calamaio.
- Eccoci qui, Miquèl, ti sssstai godendo un po’ troppo il momento, ho brutte notizie in arri-vo. [chi è? Da dove spunta? È sempre stato nella stanza? Se sì dovevi specificarlo prima. Mi stai perdendo qui.]
- Vedo che oggi non mi lasci nemmeno uno dei pochi attimi di serenità che mi hai conces-so…
La sua voce doppia, stridula e cavernosa al contempo, mi disorienta e mi spaventa sem-pre. È più forte di me: non riesco a farci l’abitudine.
Cerco di non farmi divorare dall’ansia. [bruttina come frase]
- Evitiamo i convenevoli, afferra la piuma e iniziamo.
Afferro la penna d’oca e con la lingua recupero un filo di saliva che mi è rimasto sulla barba.
- L'anno mille novecento novanta nove e ssssssette messsssse,
Inizio a scrivere. Devo andare veloce, non gli sto dietro quando parte così.
- Sette messe?
Chiedo sinceramente dubbioso.
- No! Sssssssssette messsssssse!
È arrabbiato: basta sempre poco per farlo arrabbiare. Ormai riconosco il suo modo di fa-re: quando è infuriato allarga le narici taurine e sbatte le sue ali di grifone con forza. Sen-to contemporaneamente il suo fiato caldo sul collo e un vento gelido alla schiena. Tutto è doppio con lui. Mi sta addosso, ma è al contempo lontano. [Ecco, tutto ciò il mostro lo sta facendo o è solo una reminiscenza del protagonista?]
Ci metto qualche frazione di secondo a ricordarmi che Haagenti ha quel difetto di pronun-cia della esse e giungo alla conclusione che deve trattarsi del settimo mese, di luglio. [Tell, facci vedere il processo mentale]
- Sette mese… Al settimo mese...
- Dal cielo verrà un grande re del terrore
Vergo i versi con rapidità ed eleganza, e se qualche lettera si sbava un po’ non me ne faccio un cruccio, meno facile sarà la loro lettura, la loro interpretazione, meglio sarà riu-scito il nostro patto profetico.
- Resssssussssssciterà il grande Re di Ssssan Goi Mol, poi vai a capo di nuovo e aggiungi: Prima e dopo Marte regnerà con fortuna.
- Rallenta un po’, non ti sto dietro.
- Penssssssavo avessssssi imparato, Miquèl!
Odio quando mi chiama Miquèl accentuando così forzatamente la pronuncia occitana, e lui lo sa che lo odio, mi sa leggere dentro, mi possiede i sogni, figuriamoci i pensieri.
Odio quando mi chiama Miquèl e lui lo sa, [Attenta, se voleva essere un rafforzativo del concetto, messo così non funziona. E' una ripetizione] ma non riesce nemmeno a pronunciarlo quel “Nostradama”.
- Sssssssmettila! Sssssse pensi a quel nome ci entro in contatto anche io e sssssai che lo detessssssto. Andiamo avanti… Nella terra di Bergomum, a capo, una ferita ssssi aprirà tremenda
- Questa volta è davvero bella criptica… No, non guardarmi così, anche le altre, vedrai che li faranno uscire di testa tutte... ma questa sestina in particolare… Non so, mi pare abbia qualcosa in più!
Haagenti ha lo sguardo compiaciuto, è convinto che questa profezia sia il suo capolavoro, lo capisco da come si alliscia le ali.
- Ssssì, sssssono compiaciuto e quindi? È o non è il mio capolavoro?
- Sai bene che non ti contraddirrei [refuso] mai e sono sincero, sì: è il tuo capolavoro.
Mentre lo dico dirigo lo sguardo dentro il calamaio nel quale Haagenti sta intingendo una candida barbula che si è appena strappato dalle ali: sono pronto.


***



“CON LNYSECURITY2000 COGLI OGNI LADRO IN ERRORE:
PER I MALINTENZIONATI È IL RE DEL TERRORE!”


La voce squillante, ma seducente della promoter inonda la sala disordinata insieme alla lu-ce variopinta della televisione.
Giambattista se ne sta, come ogni sera, spaparanzato sulla poltrona. Ai suoi piedi la boc-cia di vino rosso avanzato dalla cena.
Ogni sera [ripetizione] la stessa tiritera: vino e televisione, in una sessione di zapping e sorsi di rosso che lo tengono sveglio fino alle due, qualche volta alle tre.
Il lavoro in fabbrica lo fiacca sì, ma da quando i ladri gli sono entrati in casa, dormire è diventata una vera a propria impresa.
Non che possedesse cose di grande valore, ma quei bastardi si sono rubati tutto il rubabi-le, compresi gli umili gioielli della madre defunta e il Ciao con cui andava al lavoro.
Da allora, il Giambo non si dà pace. Nemmeno un’intera boccia di vino a sera gli restitui-sce la meritata requie.
Ci avessero riprovato, quei bastardi, e si sarebbero trovati con una buona quantità di piombo in pancia. [Cambio di portatore di PdV e anche di persona narrante (1a a 3a) senza apparente motivo. Se la storia ha più PdV, essi devono mantenere la stessa persona narrante, e se (per motivi di trama) cambia anche questa, ti consiglio di motivarla subito così da non perdere l'attenzione del lettore. A parte questo, il problema più grosso qui è che mi sembra il Pdv oscilli tra onnisciente e interno. Non sono sicuro perché potrebbero essere solo insicurezze di stile. Continuo a leggere.]

[perché hai saltato una riga qui? La scena mi sembra la stessa.] Sta per controllare il suo vecchio prima di abbandonarsi al debole sonno quando la bionda tettona della televisione attira la sua attenzione: un antifurto, certo, ci aveva già pensato, ma il LNYSECURITY2000 è un’altra cosa.
Non avrebbe dovuto spaccare il muro e gestire fili, dato che va a batteria. La sua tecno-logia a onde radio lo rende molto più agile da installare e la tettona dice che si può “como-damente” contattare l’assistenza se ci sono problemi.
Ha già sentito parlare di aggeggi del genere, anche se lì in valle non conosce nessuno che li abbia, ma questo ha un prezzo abbordabile persino per un mezzo morto di fame come lui. E comunque è un sacrificio che bisogna fare, non si può mica andare avanti a vivere così.
Il Giambo sente [Parola percettiva, eliminala, ci butta solo fuori dal PdV, falla diventare: “Una strana sensazione lo pervade”] una strana sensazione di piacere pervaderlo: tornerà finalmente a dormire, d’improvviso vede [stessa cosa: vede, sente, osserva ecc..]il buio in fondo al tunnel della sua insonnia.
Corre in camera di suo padre e prende la bic quasi finita con cui aveva provato, invano, a risolvere un cruciverba un paio d’ore prima.
Estrae un vecchio avanzo di giornale da sotto la traballante gamba del tavolo della cucina e vi appunta sopra il numero da contattare per effettuare l’ordine.
Tornato nella stanza del genitore un puzzo fetido di fiato e scoregge lo investe. Bortolo, suo padre, si è di nuovo cagato addosso.
- Girati, Cristo Santo!
Bisbiglia il Giambo a denti stretti mentre cerca di sentire lo stato del pannolone del vec-chio.
- Da me hai proprio preso solo il carattere di merda.
Risponde Bortolo tenendo gli occhi chiusi e cercando, con gran fatica, di premere i lombi contro il materasso, mentre il figlio prova di sollevarlo.


---

Il suono del citofono non si è ancora completamente esaurito che già il Giambo è sulla porta con un sorriso a trentadue denti.
- Lei è il signor Giambattista Locatello?
Chiede il fattorino, stanco.
- Sì!
Risponde il Giambo con prontezza. [Con prontezza è uguale a prontamente. Inoltre “risponde” è un dialogue tag vuoto, è ovvio che ha risposto, non c’è bisogno di specificarlo]
- Mi metta una firma qui...
Aggiunge [Altra parola vuota] il fattorino passando all’uomo il documento di avvenuta con-segna da firmare.
Il Giambo scrive il suo nome con una grafia più storta dei suoi denti e afferra il pacco con l’entusiasmo di un bambino il giorno di Natale.


---



C'era voluto quasi un mese, ma alla fine eccolo lì.
Tra spedizione aerea, tempi di consegna, ritiro e montaggio, che gli ha dato in realtà molti meno problemi di quanto avesse immaginato, è passato parecchio tempo, ma poco importa.
La scatoletta bianca con su scritto LNYSECURITY2000 campeggia ora vicino alla porta.
- Riprovateci adesso a entrare, bastardi!
Esordisce [Altro dialogue tag vuoto. Smetto di segnalarteli] il Giambo mentre un ghigno mette in risalto i suoi incisivi asimmetrici.
Prepara la sbobba frullata per suo padre e si dirige in camera, pronto per imboccarlo.
La stanza è spoglia, ci sono giusto un letto e un comodino su cui sono appoggiate La Gaz-zetta dello sport e la solita Settimana Enigmistica piena di errori.
Sul muro dirimpetto al letto, sotto un crocifisso logoro, una fotografia ritrae Bortolo da giovane in mezzo a una decina di altri ragazzi. Sotto ai loro piedi, tre cinghiali di dimensio-ni enormi. Bortolo sorride sgargiante mentre un ragazzo gli appoggia una corona in testa. Sullo sfondo, l'imponente gola di un fiume: il "goi mol", la gola cocciuta, come la chiama-vano in paese, assurta a santuario dei montanari dopo che il Gino Facchinetti, che secon-do alcuni era uscito di testa da quando la Luisa se ne era andata con i bambini, aveva so-stenuto di aver visto la Madonna farci il bagno.
Una scritta un po' sbiadita occupa la fascia più bassa della fotografia:
"AL BORTOLO, OL RE de singiai de SAN GOI MOL, dala tö banda de mascalsù" seguita da una sfilza di firme illeggibili. [Spiegone. Tutte queste cose lui già le sa, non ha motivo di mettersi a fare queste considerazioni.]
Non ha ancora messo un piede nella camera che un suono acuto e periodico lo fa trasali-re. [Eh? Non ha messo piede nella stanza? L’hai descritta nel dettaglio con tanto di particolari della foto e non è ancora entrato? Cambiala questa parte. La narrazione deve seguire la velocità degli avvenimenti.]
Giambattista si dirige verso l’antifurto e lo disattiva. Devo aver sbagliato qualcosa nell'in-stallazione, pensa tra sè e sè. Trascorso solo qualche istante, dopo essersi sincerato che l’allarme non riparta, torna all’attività quotidiana che più detesta: la cura di suo padre. [prediligi sempre la costruzione ordinata, non esplicitare il trascorrere del tempo né delocalizzare gli avvenimenti con: dopo, prima che, quando…]
Bortolo è un uomo corpulento, differentemente dal figlio, e per il Giambo aiutarlo ad an-dare in bagno e lavarlo richiede una fatica che si risparmierebbe volentieri. [qui il PdV proprio non lo capisco, oscilla tra onnisciente e interno. Un bel casino]
L'anziano soffre di un'importante demenza senile e la morte della moglie ha acuito la gravità della malattia. [tell]
- Dove mi porti questa volta, razza di coglione?
Sbotta il vecchio.
- Stai zitto o d'ora in poi ti lascio ad annegare nella tua stessa merda.
Risponde, secco, il Giambo.
- Ahahahaha! Lo dico sempre io: solo il caratteraccio hai preso da me, era meglio che da me prendevi la stazza e che il carattere lo prendevi da tua mamma…
Controbatte il vecchio articolando faticosamente i suoni.
Non sono ancora arrivati al bagno che l'antifurto riprende a suonare con forza cogliendo i due alla sprovvista e spaventandoli al punto da farli rovinare entrambi sul pavimento. [costruzione impostata sul tell, lo senti che non trasmette nulla? Dovrebbe far spaventare anche il lettore, faccelo sentire che d’improvviso s’innalza questo suono assordante. Sennò sembra davvero tutto una serie di azioni che non contano nulla. Spero di essermi spiegato.]
- Bell’acquisto figliolo, soldi veramente ben spesi!
Dice proprio così, quel vecchio bastardo, soffocando un’infame risata. [Vedi? Qui siamo di nuovo interni al pg. Non c’è coerenza]


---

Il Giambo se ne sta, di nuovo, spaparanzato sulla poltrona. Ai suoi piedi la solita boccia di vino rosso come il sangue che inietta i suoi occhi insonni. [carino questo dettaglio] Fissa, senza guardarla davvero, la televisione che tiene a un volume altissimo, nell’illusione di non sentire più l’allarme che, sicuramente, si rimetterà a suonare all’improvviso e senza motivo.
C’è qualcosa di malefico in quell’aggeggio, tanto che non è riuscito nè a disinstallarlo né a estirparlo dal muro, che ora risulta a tratti spaccato intorno all’antifurto e la batteria sem-bra non esaurirsi mai. Ha chiamato l’assistenza, ma gli hanno detto che, trattandosi di una marca statunitense, ci sono pochi tecnici formati per risolvere il problema sul territorio e che dovrà attendere una decina di giorni.
Ne sono già passati tre.
Tre giorni infiniti.
Eterni.
E poi ci si è messo anche suo padre la cui demenza senile sembra aver preso totalmente il sopravvento già dopo il primo giorno.
- È tempo di cambiare vita, figliolo!
Gli ha detto baldanzoso il secondo giorno di tortura acustica.
- Dobbiamo fargli il culo a strisce a quei bastardi maiali di tedeschi. Hai capito? Io lo so che sono tornati, ma adesso li ricacciamo nella loro stalla, vedrai figliolo!
Così dice al figlio che quasi non lo sente parlare. [di nuovo onnisciente]

---


- Che cazzo fai, sei completamente impazzito?
Giambo guarda incredulo suo padre e gli altri tre anziani, vestiti con le loro vecchie divise da militare, puntare i fucili da caccia verso di lui.
La trincea in cui si sono posizionati deve essere profonda almeno un metro.
- Avete scavato seriamente una buca in giardino? Ma siete matti! Cosa fate con il fucile in mano?
- Levati dalle palle, sporco nazista, o ti riempio di piombo!
- Sporco cosa? Papà, ma non mi riconosci? Sono il Giambattista...
Il Giambo perde colore, il suo respiro si fa sempre più pesante: la situazione è davvero irreale.
Cerca di fare un passo verso il filo spinato con cui il manipolo di matti ha circondato il giardino, ma uno di loro spara un colpo in aria prima di tornare a puntargli il fucile addos-so.
- Non. Fare. Un. Altro. Passo. O ti ammazzo. Mangiakartoffeln di merda! C’è solo una co-sa che mi dà più piacere che far fuori i cinghiali e sai cosa è? Fare fuori gli stupidi nazisti come te!
Aggiunge l'uomo.
- Ma cosa sta dicendo, io non sono…
- Stai zitto! Non pensare di fregarmi… Io lo so che siete tornati. Qui è pieno di gente come te, siete voi e i cinghiali… ma sai, giù al San Goi Mol quanti cinghiali ho seccato? No, non ne hai idea. Eppure è lì che i tuoi amici tedeschi mi hanno lasciato appeso a testa in giù per quasi un giorno intero e hanno ammazzato davanti ai miei occhi il Luigi… Io ci sono cresciuto con il Luigi…
Suo padre parla concitato e furibondo, il suo viso si fa paonazzo mentre scoppia a piange-re di un pianto rabbioso. Giambattista è sempre più spaventato.
Bortolo si asciuga le lacrime e guarda il figlio con sguardo assatanato.
In sottofondo, l’antifurto suona incessante.
- Lo senti? È la sirena del coprifuoco e suona a causa vostra, ma io non mi nascondo più...
E così dicendo carica il fucile.
Il Giambo si nasconde appena in tempo dietro il muretto perimetrante il giardino che il fu-cile esplode un colpo.
Per un solo istante, nessuno sente il suono dell’allarme.
Il Giambo estrae il suo Motorola e digita il 112.
- Pronto, pronto…
Trema.
- Pronto… sì, i carabinieri. Pronto, ecco, chiamo da Garno… sì, sentite, mio padre è im-pazzito… In questo momento? In una buca in giardino, una specie di trincea che si è sca-vato con i suoi amici e hanno dei fucili… come? Sì, trincea. Sì, sì è cacciatore… sì, ha il porto d’armi, sì, sì, ma è totalm… come? No, sì, immagino non senta bene… No, è l’antifurto di casa nostr… cosa dice? No, no, le dico che non ci sono ladri, è mio padre che è impazzito… No, non è da solo, ci sono altri quattro, cioè tre suoi amici… No, non cono-sco la dinamica… Come, prego? No, siamo piuttosto isolati… Via delle fontanelle 18, è pra-ticamente appena fuori il bosco. Non sta bene da tanto, ma non hai mai fatto cose simili prima, no. No, non mi muovo, ma voi fate presto! Ah, certo: Giambattista Locatello… ok, va bene. [Normalmente sarebbe eccessivo come blocco di dialogo, ma lo hai reso bene e contestualizzato anche senza stacchi]
Quando chiude la comunicazione, il Giambo ha il cuore in gola.


---

Dopo quasi un’ora le pattuglie davanti al vecchio cascinale di via delle fontanelle, numero civico 18, Garno, sono due.
- ...Le dico che non ci riusciamo.
L’appuntato parla al suo superiore stando seduto dietro la volante.
- No, non è solo il Locatello, ce ne sono altri tre e sembrano che hanno il diavolo addos-so… Non lo so, il figlio dice che sono amici suoi, ma non sa esattamente cosa è successo, come si sono organizzati… il padre è completamente uscito di testa negli ultimi giorni, di-ce... e hanno portato fuochi d’artificio che usano come bombe… no, intendo dire che ce li sparano addosso! Dicono che lo fanno per vendicare un certo Luigi e che siamo dei man-giakarqualcosa di merda.
Il comandante siede nel suo ufficio esterrefatto.[non stavano in una macchina? Se è una comunicazione radio lo devi specificare, hai appena cambiato il PdV, ti devi sforzare ancora di più per essere chiara]
- Aspetti un momento, lei mi sta dicendo che siete assediati da quattro vecchi rincoglioniti che usano come armi fuochi d’artificio?
Chiede perplesso. [inutile, sia che chiede sia che è perplesso si evince dalla battuta di dialogo]
- Esattamente, e fucili da caccia.
Aggiunge l’appuntato. [uguale]
- … e sono dentro una buca in un giardino, corretto?
Prosegue il comandante. [same]
- Tipo una trincea, sì, corretto!
Risponde l'appuntato. [e ancora]
- E voi non riuscite a gestire la situazione e volete rinforzi, ho capito bene? Ma che cazzo è questa sirena?!
Tuona il comandante. [non lo senti quanto sono brutti? Non sono dettagli visivi o cose concrete. Meglio non avere nulla in mezzo che questi dialogue tag inutili. Mettici azioni o dettagli… Altrimenti mi arrabbio xD]
- L’antifurto di casa Locatello, signore, suona incessantemente da prima che arrivavamo noi e ci sta facendo uscire pazzi, signore. Comunque rispondo affermativamente: ci ser-vono i rinforzi.
Mentre parla, un cartoccio arriva a qualche metro dalla macchina. L’esplosione lo fa trasa-lire. Nel frattempo, un giovane carabiniere sta facendo il giro della casa.
Il suo piano è cogliere gli anziani di sorpresa.
- Ti ho beccato, lurido fascista!
Dice uno dei vecchi sparando contro l’uomo che cade a terra ferito.
Il suono tremendo dell’antifurto cessa per un lunghissimo minuto.
Tutt’intorno regna il silenzio, squarciato dalle urla strazianti del carabiniere. A terra il san-gue si espande lentamente.
Solo quando il suono dell’allarme riprende il Giambo, esausto ed esaurito, si dirige verso l’appuntato che gli dà le spalle e tiene ancora in mano il telefono, lo colpisce sulla testa con un sasso trovato per terra, gli ruba la pistola e, uscendo finalmente dal suo nascondi-glio, la punta contro suo padre.
Appena prima di premere il grilletto direziona l’arma verso la casa da cui proviene quel suono incessante e apre il fuoco.
La finestra, a pochi metri dal quartetto di anziani, va in mille pezzi.
Ma il Giambo è ormai allo scoperto e ha tutti e quattro i fucili puntati addosso.

***

La visione s’interrompe.
Haagenti sta mescolando l’inchiostro e ha tolto la barbula ormai zuppa con una delle sue lunghe unghie rompendo l’incantesimo.
- Ma come? Mi stavo appassionando… Non vorrai davvero interrompere qui! Cosa diavolo succede adesso?
- Ssssssai che non ti è concessssssso vedere tutto. [Allora, qui capisco cosa hai cercato di fare. Questo però non motiva le inconsistenze di PdV, se tutte le scene del Giambo volevi narrarle come se viste dall’esterno, allora dovevi astenerti dal mostrare l’interiorità del personaggio, come con una macchina da presa che si limita a riprende le scene. Devi essere coerente, non puoi fare “a caso”]
- Sì, certo che lo so, ma detesto comunque quando lo fai finire sul più bello.
Lo trovo sleale. Sono i momenti in cui mi rendo conto di non essere altro che un burattino in mano a un demone impazzito.
- ...Beh, allora? Che ne dici?
Mi incalza Haagenti abbozzando un sorrisetto compiaciuto.
- Assurdo! È una storia assurda...
Rispondo ancora sgomento.
- Ogni tanto, nel mondo succedono delle cose che uno non ci crede...
Ormai dovrei essermi abituato alla rivelazione delle profezie: sono sempre storie talmente incredibili da non sembrare vere e invece lo sono, o per meglio dire, lo saranno.
Il demone scoppia in una risata baritonale.
- Proprio quello che volevo sssssentirmi dire… Gli umani hanno quesssta ssssstupida ten-denza a credere che le profezie rivelino arcani impressssscindibili, che dei e demoni si sssssscomodino sssssolo per le “grandi quesssssstioni”...
Mentre lo dice disegna due virgolette immaginarie nell’aria con le sue unghie aguzze.
- Proprio non lo capissssscono che non esssisssste un ssssenssso e che i demoni e gli dei ssssi divertono di più con le loro piccole, insulssse, folli quesssstioni quotidiane. Che il dessstino del mondo sssi compie anche e sssssoprattutto nella pazzia della gente comune, nel vivere di tutti i giorni...
Lo ascolto attentamente.
- È cossssì che li traiamo in inganno: le nosssstre profezie si compiono tutte, non mentia-mo, questo no, ma loro non ssssanno dove cercare e useranno le nosssstre, le tue parole per evitare prima e interpretare poi eventi di portata mondiale che non hanno nulla a che sssspartire con la reale ssssorte del mondo...
Non lo seguo mai fino in fondo quando attacca a filosofeggiare.
- Se posso permettermi un consiglio...
Tento l’approccio con tono gentile.
- Ho il sospetto che gli stiamo dando fin troppi indizi e non vorremo certo che questi nostri successori arrivino a prevedere ed evitare qualcosa, giusto?
- Dimmi cossssa hai in mente...
Mi incalza guardandomi curioso.
- Nulla di che, mio Signore. Pensavo solo che sarebbe meglio togliere informazioni, scrive-re quartine, piuttosto che sestine, così da rendere le profezie ancor più sibilline… usciran-no di testa, vedrà!
Ho sempre paura delle sue reazioni. Mi tormenta con incubi indescrivibili quando faccio o dico qualcosa che non gli va a genio.
- Può esssssere una buona idea… Ma ne abbiamo già sssscritte parecchie…
Aggiunge ancora non del tutto convinto.
- Ci penso io, mio Signore. Ho ancora un po’ d’inchiostro e se non basta me ne farò altro, non sarà un peso.
- Come vuoi, ma non cedere troppo all’essstro.
E così dicendo Haagenti scompare.
Riprendo la penna d’oca, la intingo nell’inchiostro e cancello gli ultimi due versi



Ora mi guardo in giro, come se non sapessi che mi osserva anche senza essere fisica-mente vicino a me e mi abbandono a una licenza poetica che qualche volta mi concedo: anagrammo Re di San Goi Mol e lo trasformo in Re d'Angolmois. Rileggo la quartina:

L’anno millenovecentonovantanove al settimo mese
dal cielo verrà un grande re del Terrore
resusciterà il grande re d’Angolmois
prima e dopo Marte regnerà con fortuna. [Ok, ecco spiegati i versetti iniziali. Va bene allora]


Una risata incontenibile mi scoppia nel petto e si fa strada fino a riempire la stanza.
Ho le lacrime agli occhi tanto rido al solo pensiero di come interpreteranno questa quartina.
È davvero il nostro capolavoro, Haagenti, ripeto tra me e me.

Commento:
Eccoci qua. Mooolto meglio del racconto dell'edizione scorsa. Brava. L'idea inoltre è davvero carina e le scene con Nostradamus le hai rese bene. Mi pare di avertelo detto anche per l'altro racconto ma la cosa che ti riesce meglio è il dialogo. Sai seguire le forme caratteristiche del parlato vero e rendere credibile il tutto.
Detto questo, il testo ha comunque diversi problemi. Lo stile è ancora da migliorare e c'è un'incoerenza di PdV piuttosto grossa. Anche a flusso informativo a volte singhiozzi non dando al lettore informazioni chiave per comprendere la scena.
Vedo che ti piace molto cambiare portatore di PdV ma devi essere anche conscia che ogni cambio deve essere fatto a modo e quindi prendendosi il tempo (ed i caratteri purtroppo) per presentare il luogo e le persone che popolano la nuova scena.

In conclusione, un buon miglioramento direi. Son curioso di vedere i progressi che farai con i prossimi racconti, dove magari mi potrò dilungare di più a parlare dei contenuti veri e propri della storia. :)


Edited by Leonardo Pigneri - 11/10/2021, 18:40
 
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