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Posts written by Legno Di Noce

view post Posted: 17/6/2021, 22:47 Skannatoio Maggio - Giugno 2021 - POLLY RUSSELL - Lo Skannatoio
CITAZIONE
Lupita screams di Legno di noce

Ciao Legno di noce,
di questo racconto ho apprezzato l'ambientazione cyberpunk, più precisa e pulita rispetto agli altri. Molto belle le scene in cui il protagonista scopre le potenzialità delle sue nuove capacità soprattutto per i filamenti con cui legge i ricordi delle altre persone o apre porte: niente di molto originale (ricorda molto Terminator), ma reso bene nell'ambito del racconto. Altre parti come la scena in cui si arrampica sul muro o il finale sul cornicione del palazzo fanno forse un po' troppo supereroe Marvel: le avrei limitate o tolte, per cercare qualcosa di più originale.
Il dialogo iniziale l'ho trovato un po' pesante, come se avessi dovuto inserire un massimo di informazioni per stabilire il contesto. Ci può essere tutto lo spazio per alleggerire questa parte, magari iniziare subito l'azione e distribuire informazioni e indizi lungo tutta la storia.
Sono rimasto un po' perplesso dalla citazione della canzone: il significato mi è rimasto oscuro anche se dovrebbe essere un punto cardine della storia visto che è ripresa sia nel titolo che nel finale.
La scena del confronto con Nicolas non mi è sembrata chiara: ci sono troppi dettagli su scatole, barattoli e altre cose che fanno perdere l'attenzione, così come le scene di perversione che sembrano un po' fuori luogo. Alla fine non mi è chiaro cosa volessi esprimere. Inoltre non ai capisce che cosa è successo alla moglie, altro punto chiave perché è la motivazione che spinge il protagonista.
Il registro generale fa un po' B movie, iperbolico anche se non serve, pieno di esclamazioni e flash sulle azioni del protagonista che ho trovato un po' pesanti.
Tema e bonus sono centrati.
Per concludere, ha molti punti deboli, ma nel complesso si fa leggere bene.

Ciao, Andrea. Sì, sono d'accordo sul fatto che avrei potuto distribuire meglio le informazioni. La debolezza dei dialoghi iniziali è una cosa che ho notato anche io.

Per quanto riguarda quello che cercavo di esprimere è abbastanza semplice: è la storia di un uomo che vuole riappropriarsi del dolore che la moglie ha provato prima di morire.

Nicolas è una espressione di attaccamento al dolore, ma in modo diverso. Il protagonista vuole condividere la sofferenza perché non può tollerare che ne vengano dimenticati i percetti, mentre Nicolas vuole immedesimarsi in quel dolore ma in modo sadico e onanistico. Entrambi, però, si stanno consumando per via di questo attaccamento morboso. I dettagli sulla sua stanza servono a mostrare questo degrado.
Dal mio punto di vista, quindi, non è solo necessaria la crudezza di alcune scene (senza non si capirebbe l'elemento di oscenità che il protagonista trova nel modo in cui è morta Carmen), ma lo è anche l'attenzione per i movimenti del protagonista, che ha lo scopo di mostrare la gioia per le possibilità del proprio corpo, così da allontanarsi progressivamente dal quello di Carmen.
Inoltre è necessità dello stile immersivo mostrare i movimenti del personaggio, non ha molto a che fare col seguire gli stilemi di un B movie, ma con la coerenza col punto di vista.
Per quanto riguarda le esclamazioni, stesso discorso: senza sarebbe stato poco credibile.

Mi rendo conto che cercare di far passare tutto quello che avevo in mente in 20 mila caratteri è stato un po' ingenuo.

In che senso non capisci cosa sia successo alla moglie? Credo venga ripetuto anche troppe volte nel racconto.

Per quanto riguarda il finale ognuno lo ha interpretato in modo diverso, e di questo ne sono contento, era ciò che volevo.
C'è chi lo ha visto come un suicidio, e chi, come te, lo vede come se il protagonista fosse diventato una specie di giustiziere alla marvel (questa interpretazione, a mio avviso, è molto superficiale, ma sono punti di vista) oppure lo si può vedere come un momento in cui il protagonista riesce a liberarsi dal suo difetto fatale e abbracciare simbolicamente la città e le possibilità che gli si aprono, o ancora come un tentativo di allontanare un trauma non superato con una promessa di libertà apparente, ma che alla fine non dimostra affatto che lui abbia superato il difetto fatale.

I B movie generalmente non si prestano a questo tipo di temi, né a finali ambigui, come è ambiguo anche il significato della canzone. Ma ovviamente me la sono andata a cercare nel scegliere di mostrare l'arco di trasformazione del personaggio tramite il movimento del corpo, ed è normale che si confonda con un semplice terminator tamarro.

Ti ringrazio per la critica. La prossima volta farò qualcosa con meno azione.
view post Posted: 16/6/2021, 23:39 Skannatoio Maggio - Giugno 2021 - POLLY RUSSELL - Lo Skannatoio
CITAZIONE (Polly Russell @ 17/6/2021, 00:26)
Ehehe, sì, "sto morendo di paura" is the new "ho il cuore in gola" :lol:
No, certo che non mi aspetto questo ,a hai mille modi per farmi percepire uno stato d'ansia. può avere l'affanno, il respiro corto, può sentire oppressione al petto o le tempie che pulsano. può avere dolore allo stomaco o un rigurgito acido che gli lambisce la gola.
gli possono tremare le mani, i muscoli delle cosce. può avvertire fitte distinte all'addome.
Lo stesso quando parla o pensa a sua moglie. con il primo passaggio ci hai preso in pieno, quando dici " lei urlava il mio nome e io non c'ero" il dolore è palpabile. poi però ripeti la stessa frase e perde del tutto l'effetto traumatico che aveva. e allora puoi fargli immaginare. magari vedere attraverso gli occhi di qualcuno e lì può vomitare, o seccarglisi le labbra. può avere la gola riarsa o dolore agli occhi per il bisogno di piangere...
insomma se pensi a un momento di dolore hai mille sensazioni fisiche che lo contraddistinguono. penso a quel dolore terribile alla gola quando cerchi di resitere al pianto, per esempio.



ma non solo fisico. puoi avere i pensieri annebbiati dal dolore. puoi non ragionare crrettamente, sei nel suo pov, puoi renderlo meno lucido.
guarda io ci ho messo un bel po' e tanta fatica a notare queste cose, e ancora la metà me la perdo per strada. soprattutto se consideri che prima usavo un narratore totalmente esterno, quindi tipo una telecamera che guarda una scena, senza avere la minima possibilità di entrare nella psiche del personaggio. Devo dire che mi piace parecchio come narratore, certo creare empatia è complicatino :rolleyes:
il bello della scrittura immersiva però è che tu sei il personaggio. Per esempio potresti caratterizzarlo anche solo da quello che nota in una scena. se nota i colori (che come dice il buon Nesler, lo fanno solo le donne) o se nota oggetti lussuosi al posto di quelli semplici. Il solo descrivere un ambiente ti da informazioni sul portatore di pov.



per dire: potrei pensare che il tuo protagonista abbia una particolare attenzione per Emily, visto che nota il suo tocco, il sudore sulla rasatura, la pelle fredda dell'arto sintetico... ma qui sto andando a cercare il pelo nell'uovo eh.

Perfetto, ora ho capito meglio cosa intendi. Grazie ancora.

La ripetizione è un errore dovuto alla ristesura. Avevo spostato e modificato quel fraseggio interiore, e non mi ero accorto di aver lasciato l'originale: avevo familiarizzato troppo col testo.
Ecco perché tutti vogliono i beta lettori, ha!
view post Posted: 16/6/2021, 22:59 Skannatoio Maggio - Giugno 2021 - POLLY RUSSELL - Lo Skannatoio
CITAZIONE
CITAZIONE
I vetri della finestra si spaccano. Emily cade per terra su un fianco. Uno schizzo umido mi arriva sul braccio: è sangue.
Un cecchino!
Mi butto sotto il lettino.
Come hanno fatto a trovarci così presto? Non sapevano che ero vivo.
«Emily! Emily!»
Un rivolo di sangue le cola dalla tempia destra. Non aveva protesi craniche. Probabilmente è morta.
Un altro rumore di vetri rotti. Un cilindro argentato rotola sul pavimento rilasciando fumo bianco. Un lacrimogeno. Stanno per entrare. Mi vogliono vivo.

prendo solo questo esempio, ma più avanti ce ne sarebbero altri. Il tuo show è ottimo, vivido e adrenalinico, però non mi permette di empatizzare con il personaggio e se ho capito bene cosa e dove hai studiato, ti piace la scrittura immersiva. Bene, nella scrittura immersiva io DEVO sentire quello che sente il portatore di pov, mentre qui, sembra che lui ci stia facendo una telecronaca. Il “Cristo, quanto fa male” di una riga dopo è ottimo, ma è solo una sensazione fisica, dammi anche quelle emotive. Sarà arrabbiato, disperato e impaurito anche. Fammelo sentire.

Ciao, Polly. Grazie mille per i complimenti e per la prima posizione :)
Speravo di riuscire a far capire le emozioni del personaggio lasciandole implicite. Una delle regole della narrativa immersiva è di evitare di nominare le emozioni del personaggio, quindi ho cercato di rendere la paura tramite i periodi corti e i pensieri.
Forse avrei potuto aggiungere qualche espressione legata al corpo, come "mi manca il respiro", così da evitare frasi come "sto morendo di paura". Pensi sarebbe bastato?
view post Posted: 11/6/2021, 19:06 Skannatoio Maggio - Giugno 2021 - POLLY RUSSELL - Lo Skannatoio
CITAZIONE
Lupita screams di Legno di noce

Ciao Legno
Avendo leggiucchiato qui e lì i commenti degli altri prima di leggere il tuo racconto mi aspettavo chissà quale oscenità. Invece sono rimasto favorevolmente colpito: il racconto funziona. Riesci a raccontare tutto quello che dovevi raccontare nel limite di caratteri senza troppi problemi, anzi riuscendo ad aggiungere qui e lì qualche tocco di colore. La storia funziona, non ci sono infodump, il pov è perfetto, i personaggi sono buoni (Emily non mi convince al 100%, ma capisco che lo spazio era esiguo e già sei riuscito ad approfondire tutti gli altri).
Ho visto che gli altri non hanno apprezzato lo stile “telecronaca” che hai usato. Non sono d’accordo con loro: lo hai usato bene. Il racconto scorre senza troppi intoppi fino alla fine.

Passiamo a quello che non mi è piaciuto.
Come ho detto lo stile telecronaca lo hai usato bene, ma non benissimo. Tutto quanto è portato allo stesso livello: paesaggio, azioni, pensieri, ricordi, ricordi degli altri rubati con le nano macchine e ricordi della tortura che Ethan non poteva avere.
A un certo punto all’azione si mescola l’immagine delle caviglie di Carmen che vengono segate via, in modo del tutto casuale e non contestualizzato.

E passiamo alle nano macchine. Anzi direi alle magiche nano macchine. Per gli appassionati del genere come me, quelle nano macchine erano troppo potenti, facevano troppo, troppo bene e troppo infretta, rompendo la sospensione di incredulità praticamente ogni volta che si attivavano. Ricorda troppo un episodio dei Gargoyles.

Finisco parlando del finale. Ci sono sinceramente rimasto male: dopo che hai montato la rabbia e l’odio di Ethan per tutto il tempo alla fine l’unica cosa che fa è staccare la corrente al quartiere? Serio? Mi aspettavo che lo nuclearizzasse. Manco si sporca le mani ad ammazzare il pervertito che ha ucciso Carmen.

Sì, il finale è molto tagliato. Volevo far capire che avesse usato un EMP, impulso elettromagnetico, così come aveva fatto con i ragno. Gli EMP disabilitano in modo permanente o quasi le apparecchiature elettroniche.
Però sì, se avessi allungato lo scontro con Nicolas sarebbe venuto molto meglio. Si risolve tutto troppo in fretta.






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view post Posted: 10/6/2021, 17:15 Skannatoio Maggio - Giugno 2021 - POLLY RUSSELL - Lo Skannatoio
CITAZIONE (Nazareno Marzetti @ 10/6/2021, 17:31)
CITAZIONE (Legno Di Noce @ 10/6/2021, 13:29) 
Nazareno Marzetti

L’enigma del lupo

Ciao carissimo

Grazie per il dettagliato commento. Temo però che l'unica risposta che posso darti è "mi sono trovato stretto con i caratteri".

Vale per ogni singolo punto del commento: personaggi troppo piatti? Sì, li ho svuotati per poterci stare. Ambiente di cartapesta? eh... prima era un bel po' più dettagliato.

Scontro finale col fratello? Sì, era una soluzione facile a un problema difficile.

La mia idea iniziale era talmente complessa che ho sbagliato a pensare di poterla condensare in un racconto di 20k. Poi ho deciso che tra partecipare con un racconto purtroppo mortificato e non partecipare affatto meglio partecipare.


Non capisco invece quando mi dici che le mosse sono troppo chiamate. I due cybord agivano e l'altro reagiva.

Ho avuto anche io gli stesi problemi, è normale. Ho cercato di caratterizzare il protagonista mostrando il rapporto con il proprio corpo e quello della moglie, ma mancando troppo fraseggio interiore è risultato un po' telecronaca e un po' terminator tamarro.

Per quanto riguarda i robot mi riferisco al fatto che i dialoghi sono troppo diretti e non obliqui. A parer mio un dialogo per essere interessante deve avere un sottotesto.
Un personaggio vuole qualcosa e l'altro gli si oppone, ci sono dei desideri in contrasto, ma spesso restano non detti, rimangono nell'interiorità, ma si possono dedurre dal contesto.
Poi c'è l'indicibile, che sarebbero i desideri inconsci che muovono i personaggi, ma di cui non sono consapevoli.
Altrimenti si ottiene l'effetto che i personaggi non abbiano profondità.

Faccio un esempio con un dialogo inventato su due piedi.
Una cosa è se due personaggi dicono:
"Voglio fermarti perché sono un narcisista e ho bisogno che tu mi faccia sentire ammirato. Sarai la mia donna."
"Scordatelo, non voglio essere il tuo cagnolino."

Un'altra è se invece dicono:
"Sono venuto qui per te. Guarda, ho preso due biglietti per un viaggio alle Fiji, in una suite da diecimila dollari. Questo è quanto vali per me. Quanti uomini possono darti tanto?"
"Sono lusingata. Davvero, Tom, è un gesto molto generoso. Ma non posso accettare. Credo che siamo due personalità molto diverse e corriamo il rischio di danneggiarci l'un l'altra."

Nel primo caso è tutto spalmato: lui è un narcisista e vuole la sua preda.
Nel secondo puoi capire che lui non abbia buone intenzioni per via del modo patetico, con strategia di Love Bombing, con cui cerca di possedere l'altra; manco fosse una escort.
Mentre il dialogo della donna mostra che lei ha visto il suo bluff, e sta declinando in modo educato per paura di provocare in lui una reazione violenta, sebbene lo consideri una bestia.

Naturalmente servirebbe prima creare il background dei due personaggi per permettere di capire meglio chi è la piovra e chi la psicoanalista che cerca di divincolarsi dalle ventose. Servirebbero scene precedenti e dei movimenti del corpo che permettano di capire meglio chi vuole davvero cosa e perché dice altro.


Se ti interessa approfondire ti consiglio il libro di McKee "Dialoghi".
view post Posted: 10/6/2021, 14:58 Skannatoio Maggio - Giugno 2021 - POLLY RUSSELL - Lo Skannatoio
CITAZIONE
Grazie del tuo commento e per essere stato così severo. In realtà, ho scelto un narratore in terza persona esterno, con possibilità di sentire le emozioni del pdv. La classica telecamera appoggiata alla spalla, col filo collegato al cervello per leggere la mente :) che si potesse caratterizzare meglio il fraseggio interiore ci sta, ma è certamente una cosa che ho cercato di fare nella parte scritta in prima persona. Dato che ritengo proprio questa la limitazione più grande, su cui sto cercando di lavorare, ti chiederei se anche nella parte scritta in prima persona hai percepito questa distanza/mancata caratterizzazione. Grazie mille

Credo che il problema sia il fatto che alle descrizioni segue sempre a posteriori il fraseggio del personaggio, dovresti cercare di fondere le due cose, è una cosa sulla quale sto lavorando molto anche io. Si sente anche quando usi la prima.

Per quando riguarda la telecamera, io la considero un mito. Nel senso che è inverosimile credere che il lettore immagini la scena da una certa inquadratura solo perché sto usando la terza o la prima.
Quando leggo narrativa immersiva in prima, la mia mente immagina le cose a tratti come se vedessi tramite gli occhi del protagonista e a tratti svolazzando in giro con una cinepresa libera. Non so da cosa dipenda, ma non credo ci sia modo per uno scrittore di controllare questo modo di visualizzare le scene nella mente del lettore.

Cmq ho notato che leggendo narrativa immersiva quando sono in forze (quindi la mattina o il pomeriggio, non la sera tardi quando mi metto a letto) riesco ad aggiornare la simulazione mentale delle scene in modo più preciso e sostenuto, e ne traggo molto più piacere.
Credo sia uno stile di scrittura che si adatta poco alla lettura notturna. D'altronde basta perdersi un rigo per non capire più che minchia sta succedendo.
view post Posted: 10/6/2021, 12:29 Skannatoio Maggio - Giugno 2021 - POLLY RUSSELL - Lo Skannatoio
Amen.
La classifica e i miei commenti sono dettati dal puro gusto personale, come i vostri, senza alcuna pretesa di obiettività.

Ora vado a riposarmi sennò mi viene una tendinite.


Nazareno Marzetti

L’enigma del lupo


Tema centrato. L’idea del lupo, un virus da computer che invade la psiche è carina. Mi sarebbe però piaciuto vedere qualcosa di più su questa entità e anche sull’idea dello Stato pontificio che ottiene potere.

Le descrizioni non mi sono piaciute. Oltre ad essere stereotipate sono di un minimalismo indifendibile. Sembra che il personaggio si muova in un mondo di cartapesta. Io ad Ancona non ci sono mai stato e per tutto il tempo sono riuscito a visualizzare pochissimo.
Ora: questa cosa la puoi fare se sei Milan Kundera, quindi riesci a creare un contesto in cui è la psicologia stessa dei tuoi personaggi e l’indagine dell’esistenza che vuoi fare a richiedere che ci sia una penna leggera. Ma nel tuo caso, nel caso di un personaggio così piatto, come un guscio vuoto che si muove su dei binari al servizio del signor “colpo di scena”, non c’è motivo di essere così avaro di dettagli. Arrivi addirittura a descrivere un bosco semplicemente come “un fitto bosco”.

La penuria di dettagli si estende appunto anche alla vita interiore del protagonista. Non c’è nessun conflitto interno interessante che mi spinga ad andare avanti nel racconto, è un desiderio di riscatto troppo generico, che non si declina in un conflitto più unico nel modo in cui il pdv se lo rappresenta. Mi spiego meglio: se l’unica cosa a tenere in piedi una narrazione è il mistero, almeno per me, non funziona. Ho bisogno che l’autore mi dimostri, in poche pagine, di avere un occhio interessante sull’essere umano, altrimenti è come bere una zuppa allungata con l’acqua del rubinetto.
Ovviamente con caratterizzato non intendo complesso, si può caratterizzare bene un personaggio anche se è una persona semplice.

“Voleva solo un paio di soldati cibernetici” Questo è una minuzia, ma contribuisce a rendere vacuo il protagonista. La cibernetica è la materia che studia i sistemi. Soldato cibernetico non significa nulla. L’uso del termine con l’accezione che ne dai tu è una deformazione nata nella cultura pop. Se il tuo personaggio è uno studente di protesi bioniche è poco credibile che usi termini così volgari e imprecisi per descrivere qualcosa per la quale dovrebbe avere infinitamente più competenza. Non è nulla di grave, ma si poteva evitare.

L’idea di rendere il protagonista quadrupede è carina, peccato che l’esecuzione non mi abbia convinto. Mi sono sentito troppo esterno al suo corpo, mancava qualsivoglia feedback tattile o propriocettivo che rendesse interessante l’esperienza. Sarò strano io, ma per me le sensazioni diverse dalla vista sono fondamentali.

“Due passi e si trovò immerso nei BOSCHI che separavano il polo universitario torrette dal quartiere posatora.
Non avendo controllo sul busto, corse a quattro zampe, completamente nudo, finché i suoni delle sirene non furono inghiottiti dai sottili rumori del BOSCO. Solo a quel punto si rialzò. La testa prese a pulsare e per un attimo temette di perdere l’equilibrio. Iniziò a camminare attraverso il BOSCO. Un BOSCO fitto e abbandonato a se stesso”
Avevo capito che stava camminando in un bosco già la prima volta che lo avevi scritto.

Ci sono anche problemi nella descrizione delle reazioni dei personaggi secondari e nei dialoghi:
“Ammirando gli arti robotici” Come fa il protagonista a dire che Giulia li sta ammirando? È il suo pdv o di Giulia?
Ma soprattutto: anche ammesso che in quella società sia normale farsi trapianti bionici, com’è possibile che abbia una reazione così pacata nel vedere il suo amico così trasformato? Per installare le protesi non è necessaria l’amputazione degli arti? E non batte ciglio? Ma poi, chi è Giulia? Non mi sembra venga introdotta prima del loro incontro, il personaggio dice semplicemente “da qui posso raggiungere la casa di Giulia”, perché non aggiungere un fraseggio interiore che ci avrebbe permesso di capire chi era e perché voleva raggiungerla? Capisco che il narratore esterno possa scegliere a piacimento quando sottrarre informazioni che dovremmo avere essendo dentro il punto di vista del pdv, ma non capisco perché farlo in questo momento.
Forse mi sono perso qualcosa io.

“Un braccio scattò, ma Rodolfo riuscì a bloccarlo a metà del suo tragitto verso il collo della ragazza. «Ti do un paio di giorni, poi sparerò a vista, chiaro?»”
Non soltanto qui non vediamo la reazione della ragazza a una “close to death experience”, ma non capisco come sia possibile che lei si senta così serena nel farlo dormire a casa propria dopo una cosa del genere. Che rapporto c’è tra loro due? Siamo sicuri che sia solo un’amica e non una compagna d’armi, bombarola anarchica brigatista?
Bastava poco, anche una linea di dialogo che facesse capire la ragione del loro legame, una promessa, un debito… qualcosa.
“entrambi avevano perso interesse nel combattimento e si limitavano a mantenere le prese” un altro cambio di pdv non necessario.

I dialoghi mancano di sottotesto, ovvero il non detto e l’indicibile, è tutto troppo didascalico. Hanno solo il ruolo di spiegare cose, e non di essere uno scalpello per far emergere il conflitto del protagonista in modo interessante o le psicologie degli interlocutori.
Il personaggio di Giulia sembra messo lì solo per allungare il brodo. La sensazione generale è che sia l’npc di un brutto videogioco di ruolo.
L’incontro con Venazio non è migliore: parla come se fossero dentro lo scontro di un battle shonen, spiegando ogni mossa che ha intenzione di fare. Mancava solo che uno dei due urlasse “Rasengan!” prima di colpire.
È tutto troppo finto. Se fosse stato un racconto per preadolescenti sarebbe andato bene, ma vista la violenza delle scene iniziali direi che non era quello l’intento.
Stesso discorso vale per le scene d’azione, mancano di mordente e di interiorità del pdv. Non fanno risuonare il suo modo personale di viverle, sono meri riempitivi.

Non capisco poi perché tu abbia scelto come antagonista finale Venazio. Voglio dire: che c’entra tutta questa roba sull’andare o non andare in guerra col conflitto interno del protagonista? Il racconto non parlava di quello fino a un secondo prima. L’ho riletto altre due volte e non sono riuscito a trovare un filo conduttore che unisse, nelle tematiche, il lupo, il riscatto e la scelta dell’antagonista. Non riesco a cogliere il collante che tiene insieme la vicenda. Tutta la roba sul lupo e il movimento a quattro zampe è buttata lì a caso solo perché fa figo, non viene usata perché quell’istinto selvaggio seduce il protagonista o perché il tema è il libero arbitrio o che altro.
Boh, non ci ho capito molto. Magari proverò a rileggerlo ancora.



David Galligani

Una giornata di merda


La scena di sesso è convincente, specie come hai reso la paura della prestazione con una bella donna. Mi sono sentito in ansia anch’io!
Bello anche il modo in cui hai reso i movimenti disinvolti e meccanici del diavolo, gli conferisce un guizzo interessante.

Manca completamente l’elemento cyberpunk.

Anche qui ci sono troppi pochi stimoli tattili, di temperatura e di movimento. I pugni di Daniel sembrano di polistirolo. Ripeto, nessuno è obbligato a mettere questi dettagli, ma per me sono importanti. Nella scena di sesso li hai già resi meglio.

Ho trovato un po’ troppe espressioni ambigue: “un po’ come esortazione e un po’ come esclamazione”, “un po’ in un istintivo gesto di protezione o d’imbarazzo”, “si sfilò gli abiti quasi con rabbia”. Invece di rendere più preciso quello che prova il protagonista non fanno che appannarlo. Ma poi perché dovrebbe essere “quasi arrabbiato”? Dopo quello che gli è successo dovrebbe essere incazzato nero, senza quasi.

L’idea di un tipo che perde l’anima e smette di provare emozioni mi ha ricordato un episodio dei Simpson in cui succede la stessa cosa a Bart. Personalmente faccio fatica a provare interesse o empatia per cose di questo tipo. Anche perché nell’episodio dei Simpson era fatto meglio: il protagonista nel tuo racconto non ha nessuno strumento per impedire la perdita delle emozioni, e quindi non è colpa sua se uccide la vecchia senza più i freni inibitori dell’empatia. Se avesse rinunciato alla sua anima di proposito avrebbe avuto senso, ma non ha avuto scelta: le emozioni le ha perse per via di una pura aggressione, non le ha scambiate. È solo una vittima, e quindi manca tutta l’ambiguità che è fondamentale nella letteratura.
Inoltre, manca qualsivoglia caratterizzazione che renda unico il modo in cui il protagonista vive questo dramma. Nel senso che avresti potuto sostituirlo con qualunque altra psicologia e non sarebbe cambiato nulla. L’intera poetica del racconto sarebbe rimasta integra.
Sa tutto molto di già visto (il finale dove cade in ginocchio ed esclama “cosa ho fatto!” ormai è praticamente un meme come l’esclamazione “Si può fare!”) e il conflitto tra bene e male è stilizzato al punto da far invidia a una lezione di catechismo. Peccato perché la religione cristiana è molto complessa, e mi sarebbe piaciuto veder messo in scena un personaggio avente un modo originale di rapportarsi a un dilemma del genere.

L’idea di usare la sua passione per la musica jazz e rock per mostrare la perdita di emozioni funziona, anche se un po’ vaga. Ma per il resto del racconto il modo in cui descrivi la perdita di emozioni nel protagonista manca di autorialità. Usi troppe frasi fatte “La bellezza aveva lasciato la sua vita”, “aveva un buco al posto del cuore”, “Un vuoto al posto dell’anima”, “ormai privo di sogni ed emozioni”. Se scegli di usare il narratore esterno, hai nelle tue mani uno strumento formidabile per descrivere gli stati interiori del personaggio, che però, a parer mio, hai sprecato. Forse ti piaceranno le poesie di Alda Merini. ;)

“Si sentí alquanto ridicolo. E ipocrita” come fa a sentirsi ridicolo e ipocrita se non può più provare emozioni? Una sensazione di fastidio con quella situazione avrebbe senso se il protagonista potesse ancora soffrire e provare imbarazzo, ma non può più.

I dialoghi non sono brillanti, ma neanche terribili, non fanno emergere nulla di particolare della psicologia del protagonista o dei suoi conflitti interiori, ma almeno sono credibili, infinitamente migliori di quelli da cartone animato degli anni novanta del racconto sul “lupo virus”. Forse avrei solo evitato la frase “Io sono Satana”, non so, il fatto che il diavolo in persona si presenti in quel modo, così di botto, fa un po’ sorridere.

Bella la scena dello strangolamento della vecchia, molto Dostoevskij, in particolare mi è piaciuta la precisazione sul tempo necessario ad uccidere una persona strangolandola.




Alexandra Fisher

Lezione di demonologia

Credo che qualcosa sia andato storto con i corsivi. Ci sono parti di narrato scritte in corsivo che seguono i pensieri diretti. Hai anche usato il corsivo per fare descrizioni “c’era e non c’era più”. Ti consiglio di usare il corsivo per indicare una cosa sola per tutto il racconto. Se lo si usa per i pensieri diretti, meglio usarlo per quelli e basta.

Mi è piaciuto il discorso sullo scambio fatto dalla professoressa.
“Andò in bagno e poi passò in salotto: sul tavolo c’era la bottiglia piena di un liquido trasparente nel quale nuotava una piccola scultura di metallo nero a forma di lupo dalle fauci spalancate.” Avrei preferito che l’avessi descritta la prima volta che l’ha vista.

Ho dovuto rileggere il tuo racconto svariare volte per capire cosa stava succedendo.
Non capisco il punto di tutto il dialogo tra la protagonista e la collega. Se non serve a creare conflitto o a far emergere il tema del tuo racconto o a dare informazioni, perché ce lo hai messo? Non potevi semplicemente fa sì che la protagonista avesse già il numero? A che serve tutto quello scambio di battute e convenevoli per farselo ridare?
Se l’intera idea del tuo racconto si basa sull’usare la “caccia al tesoro” come elemento di intrattenimento, allora dovresti elaborare una ricerca che sia avvincente e che metta in luce i tratti di personalità della protagonista. Un dialogo basato su scambi di cortesie con la dirimpettaia per ricevere un numero e chiamare la nonna non è il massimo.

Non riesco a capire cosa mi sfugga in quel dialogo. La protagonista vede una donna misteriosa che le ruba la borsa, poi vede Martha a casa sua e le chiede il numero della nonna, che è la stessa persona che possiede Shatzi, quindi la vecchia della sera prima. Però Ute la conosce già, ma la cerca comunque e scopre che lavora all’università. Non capisco. Lo sto rileggendo ma è come se mi mancassero dei pezzi.
Ma poi Ute non aveva perso la borsa? Perché ci rovista dentro? Se aveva una borsa di riserva avresti dovuto dirlo prima.

Non sono riuscito a empatizzare con la protagonista per via del modo in cui hai gestito le sue reazioni nei confronti della perdita della borsa. Non so, mi sono sembrate un po’ caricaturali. Inoltre il non sapere cosa ci fosse dentro non ha aiutato.


Mentiskarakorum

Non è sempre bello ciò che piace

Manca molto il fraseggio interiore del protagonista. Certe descrizioni non sono filtrate, come se venissero impresse sulla pagina da uno sguardo neutro.

Fred scaraventò la bottiglia in fondo alla stanza: esplosione di vetri. «Eddai, sono uno onesto, io.»
Mark grugnì. «E io sono Paperino.»
Molto cliché questo scambio di battute, ma in generale l’intero scambio con l’hacker è un po’ banale.

Mark è un po’ uno stereotipo su due gambe, manca solo che tu gli metta come coprotagonista un androide precisino ed è fatta. Il fatto che sia uno stupido non è molto credibile visto il lavoro che fa. Forse lo hai fatto per renderlo più vulnerabile, ma sembra forzato. Il fatto che non capisca nulla neanche degli avatar virtuali è ancora più difficile da credere.

Mi sono sempre piaciute le realtà virtuali. La tua mi ha ricordato un po’ Summer wars di Hasano e Ready player one, quindi nulla di nuovo, ma funziona.

Mi è piaciuto come hai reso l’analisi della scritta NIZIN, arguto.

L’idea di passare dalla terza alla prima persona funziona solo in un senso, quando si mette il jack, nella parte finale del racconto mi ha fatto storcere il naso. Ci ho messo un po’ a capire che non era un ricordo e che la scena si stava svolgendo dopo, visto il passaggio dal presente al passato e il cambio di pdv: troppa roba tutta insieme.

Il colpo di scena che alla fine il cattivo è il compagno del poliziotto era pure molto prevedibile. È il finale della Tela del ragno e di tanti altri thriller.

Abbiamo avuto un’idea abbastanza simile, almeno nei lineamenti di trama. Non che ci sia da stupirsi: il numero di storie di vittime di qualche gruppo criminale che devono trovare/vendicare la moglie o la figlia è immenso.
Anche se non ho trovato spunti originali nella tua storia e una poetica interessante, mi ha comunque divertito e intrattenuto molto. Se fossi riuscito collegare il concetto di snuff movie con la vita interiore del personaggio sarebbe stato ancora meglio.


Truemet

Dispositivo cerebrale mobile

Ci sono diversi punti in cui violi i principi di narrativa immersiva non mostrando cosa vede il protagonista. Ad esempio quando vede per la prima volta il braccio bionico, e limiti a dirci che lo riconosce, oppure quando ricorda dell’incidente, che però a noi lettori è precluso. Ci sono tanti altri punti in cui violi questi principi, a volte mostrando i pensieri che precedono le percezioni sensoriali, ma non ho la pazienza di elencarteli tutti.

L’intera idea del tuo racconto è incentrata sul DCM, ma al punto tale che il 90% delle cose che accadono sono scuse per far vedere ai lettori come funziona la tecnologia del mondo che hai pensato. È troppo poco per tenere accesa la mia attenzione e i personaggi sono troppo piatti.
Punti tutto sulla sparatoria finale e il colpo di scena, ma il resto del racconto l’ho trovato un po’ debole.

Non ho ben capito perché lui uccida Jessica. Serve per farci capire che in realtà è un sociopatico? Ma poi, se volevano sostituirlo con un clone, perché non l’hanno ucciso? Perché si risveglia in un vicolo? Dice di aver avuto un incidente, ma non mi è chiara la dinamica.

Per il resto il tuo racconto è scritto meglio di molti altri.


Andrea Furlan

I lupi stanno arrivando

Il tuo racconto è a mani basse il migliore. Il personaggio cattura l’interesse, è un ubriacone disperato come quello del racconto di Mentis, ma caratterizzato molto meglio.

“Mi rialzo zoppicando, il ginocchio che cede ad ogni passo. Cammino lentamente, distratto” che il suo incedere fosse lento era chiaro dalla frase precedente, l’avverbio è superfluo.

“Dietro alla Moschea poi c’era il parco giochi, il bac à sable, dove portavamo sempre Ana e Xavier da piccoli”
frasi come questa suonano un po’ come se stesse parlando ai lettori più che a se stesso, magari alterandone un po’ la struttura frasale sarebbe sembrata più verosimile.

“Lacrime si mescolano alla pioggia” “Ricordi dolorosi di una vita finita” Un po’ cliché queste espressioni, so che puoi fare di meglio.

La risoluzione l’ho trovata un po’ troppo rapida, mi sarebbe piaciuto vedere delle fasi più graduali, in particolare al tuo posto avrei approfondito di più il rapporto con l’IA: gli scambi di battute tra i due sono troppo incentrati sul bisogno di scoprire cosa sta succedendo, mi sarebbe piaciuto vederli usati per caratterizzare meglio entrambi i personaggi. Anche considerando che è un’IA rudimentale, forse senza particolare personalità, sarebbe stato interessante vedere un tentativo maggiore da parte di Jesus di umanizzarla.
Lo stile è efficace, ricalca appieno la psiche esausta del personaggio, forse a volte sfoci un po’ troppo nella retorica, facendoci uscire da cosa è credibile lui possa pensare nel qui ed ora, ma tutto sommato funziona bene.

1) I lupi sono arrivati
2) Non è sempre bello ciò che piace
3) Dispositivo cerebrale mobile
4) Una giornata di merda
5) L'enigma del lupo
6) Lezioni di demonologia
view post Posted: 9/6/2021, 09:45 Skannatoio Maggio - Giugno 2021 - POLLY RUSSELL - Lo Skannatoio
CITAZIONE (Nazareno Marzetti @ 9/6/2021, 09:42)
CITAZIONE (Legno Di Noce @ 8/6/2021, 23:49) 
Ciao Mentis, mi dispiace che il mio racconto stia piacendo così poco.

Se ti spaventi per il commento di Mentis, quando leggi il mio scapperai a gambe levate :lol:

Non provocarmi :)
view post Posted: 9/6/2021, 08:28 Skannatoio Maggio - Giugno 2021 - POLLY RUSSELL - Lo Skannatoio
CITAZIONE
Insomma, quando mi veniva detto che l'unico modo "giusto" per scrivere un libro è ispirarsi alle tecniche di mostrato, sono andato io stesso in libreria a controllare quanti romanzi usassero SOLO il mostrato. Risposta? Sto ancora cercando.
Certamente io non sono nessuno per salire su una cattedra e dire che la soluzione "giusta" sta in un connubio di raccontato e mostrato, per approfittare dei benefici di entrambe le tecniche (il tell ti permette di esprimere con più facilità l'interiorità del tuo personaggio, e la scrittura in mostrato può aiutare a rendere il testo privo di fronzoli e molto scorrevole).
Insomma, a mio parere è troppo comodo dire "scrivi così perché così è giusto", secondo me ogni tecnica ha i suoi pregi, ma occorre (e qui sta il difficile) scegliere la tecnica giusta a seconda di quello che si vuole scrivere, non il contrario. Si può usare un narratore onnisciente, si possono usare verbi sensoriali, si possono usare i dialogue tags, basta che ogni scelta sia consapevole.
Perdona la wall of text (ammetto di avere un po' il dente avvelenato, su certe questioni) :) so già che con questa mega sparata mi tirerò addosso le ire degli adepti, però come dice il buon Mark Twain "è più facile ingannare la gente, che spiegare a qualcuno che è stato ingannato".

Non penso che tu debba sentirti a disagio nel criticare alcuni dogmi. Considera che la tesi secondo cui la narrativa immersiva è sempre superiore al raccontato non ha alcun riconoscimento accademico.
Non ce l'ha nei dibattiti tra letterati, tra filosofi e neanche tra i neuroscienziati.
Le tesi strutturaliste di Dara Marks e di Campbell hanno svariate obiezioni, ad esempio da parte di poststrutturalisti come Paul.B.Armstrong.
Così come ha obiezioni il concetto di catarsi. L'idea secondo cui il ruolo di un romanzo sia quello di farmi imitare le azioni del protagonista non solo è criticabile nella sua effettiva possibilità di realizzazione (non ci sono studi longitudinali, paragonabili a quelli fatti per le psicoterapie, che comparano gli effetti a lungo termine di un tipo di romanzo rispetto a un altro dimostrando l'efficacia di queste tecniche), ma anche nella sua morale: è giusto cercare di cambiare il comportamento di qualcuno nella direzione della morale mia e del mio personaggio? Alcuni filosofi e psicoanalisti non la troverebbero affatto una cosa positiva. Così come non la troverebbero tale critici letterari che guardano con sospetto la letteratura quando viene fatta come mezzo per un fine sociale (vedi il saggio "Contro l'impegno" di Walter Siti).

Personalmente adotto questo stile perché mi piace l'idea di far coincidere il mondo narrativo con il filtro sensoriale e psicologico del mio personaggio, ma questo non vuol dire che disprezzi i libri scritti in raccontato, come quelli di un Kundera o di un Roth.
Continuerò a usare il mostrato, ma devo trovare un modo per snellirlo un po', specialmente nei racconti, che si prestano a un ritmo più veloce.
view post Posted: 8/6/2021, 22:49 Skannatoio Maggio - Giugno 2021 - POLLY RUSSELL - Lo Skannatoio
CITAZIONE (MentisKarakorum @ 8/6/2021, 21:02)
Lupita Screams

Prime Impressioni. Ciao Signor Di Noce, piacere di rileggerti. Ho faticato un poco a leggere il tuo racconto, tutto spiegato tra poco.

Aderenza al Tema. Mi sembra che ci stia tutto.

Punti di Miglioramento. Riguardo al narratore, hai scelto una prima immersiva. Purtroppo leggendo il tuo pezzo ho sofferto un po’ l’effetto “telecronaca” tipico del mostrato puro. Sinceramente, io stesso sto faticando per cercare un compromesso tra la tecnica del tell e dello show don’t tell in modo tale da recuperare i punti di forza di entrambi i metodi, quindi non so al momento consigliarti su cosa migliorare e, sinceramente, non so nemmeno se ci sia qualcosa da migliorare. La tecnica che hai usato è declinata bene, usi le regole a menadito e dimostri di aver approfondito i manualoni di chi sappiamo noi. Però, parlo per gusto personale, i racconti scritti in questo modo non sono i miei preferiti.
Sarà anche che hai farcito il racconto di scene d’azione (cosa a cui sono allergico: cerco sempre di ridurle all’osso e se proprio voglio azione mi metto su un film con Schwarzy, senza scomodarmi a leggere un libro), quindi il lettore è proprio costretto a figurarsi tutti i minimi dettagli dei movimenti e delle sparatorie, con l’effetto che tutto è un po’ pesantino da digerire. Sempre opinione personale, non prendertela, veramente.
Lato narrazione, il tuo protagonista sembra uscito da Terminator Genesis, quindi niente di nuovo. Forse è un po’ troppo figo per permettere di affezionarsi veramente a lui: è praticamente invulnerabile e sgravissimo, tanto che appena lo minacciano di morte lui letteralmente alza le spalle e dice: “chissene, provaci pure, tanto non ci riuscirai”, quindi come faccio a empatizzarci? Bisogna sempre mettere il proprio personaggio davanti a delle sfide, a degli ostacoli, e più queste cose sono difficili da superare, più il lettore si sentirà coinvolto dalla storia.

Punti Forti. Anche io sono un fan dei cattivoni che godono a fare a pezzi le proprie vittime (ah! Abbiamo avuto un’idea molto simile per i nostri racconti), quindi tutti i dettagli grandguignoleschi che hai mostrato me li sono goduti. Non male anche come hai scelto di inserire il lupo. Mi sono piaciuti anche i ragni-manette, peccato che il protagonista sia così figo da farli a pezzi subito :)

Conclusioni. Inzomma… a parte i dettagli macabri, il tuo racconto non mi ha coinvolto granché. Al di là del personaggio coi superpoteri, il consiglio che ti do è quello di trovare il modo di rendere la voce narrante ancora più personale e di limitare l’effetto “telecronaca”, anche al costo di scendere un po’ nel tell.
Gusto personale, decidi tu. Alla prossima!

Ciao Mentis, mi dispiace che il mio racconto stia piacendo così poco.
Anche io ho notato che uno dei grandi limiti del mostrato è rendere la complessità della vita interiore dei personaggi. Certi stati d'animo, resi col fraseggio interiore verosimile, non convincono.

La mia idea era quella di incentrare il racconto sul ricordo del dolore, ovvero la possibilità del protagonista di rivivere su di sé il dolore della persona amata, quindi pensavo fosse una cosa abbastanza originale. Ho cercato di fare un arco di trasformazione compresso anche se è stata dura.

La scelta di rendere il protagonista così forte era dovuta all'idea di usare la gioia per il movimento del proprio corpo come un modo per allontanarsi dal bisogno di ancorarsi al corpo della moglie.

Mi rendo conto che è una cosa un po' complessa per un racconto di 20.000 battute.

Posso chiederti cosa ne pensi dei romanzi di Veporteppa? Trovi l'effetto telecronaca anche in quelli?
view post Posted: 29/5/2021, 13:29 Skannatoio Maggio - Giugno 2021 - POLLY RUSSELL - Lo Skannatoio
Lupita screams




Stacco lo spinotto dalla presa sul polso; una scossa mi pizzica la pelle. Erano mesi che non mi collegavo a una macchina, non mi mancava.
Mi sollevo dal lettino e poggio i piedi sul pavimento gelido della sala operatoria.
Emily spegne la lampada scialitica e la ripiega. Restiamo al buio, con solo la luce del monitor sulla sua scrivania e le spie rosse dei macchinari.
Prende un panno dalla sedia di fronte a me e si asciuga il sudore dalla testa rasata.
«Dovevi scollegarti così presto dallo scanner? Sarebbe meglio continuare a monitorarti per un po’.»
La zittisco con un gesto seccato della mano. «Quali sono i risultati?»
«Posso fare ancora altre scansioni, vedere se hai cambiamenti che potrebbero essere sfuggiti a un primo esame e poi—»
«I risultati.» Stringo il bordo del lettino; i polpastrelli sfregano contro l’imbottitura logora. Non ho tempo.
Emily si gratta la nuca e scuote la testa. «Hai nel corpo le nano-macchine; sono già moltiplicate e in simbiosi con ogni apparato, e il tumore è sparito.»
Allora Carmen lo ha fatto davvero…
Emily mi poggia una mano sulla spalla; la pelle della sua protesi è fredda. «Ethan, se tua moglie ti ha dato la sua ricerca è perché voleva proteggerti. Vi avrebbero uccisi entrambi comunque.»
L’hanno torturata, non solo uccisa.
Tiro un lungo sospiro. «Perché hanno eliminato solo lei?»
«Forse il team di ricerca di Carmen l’ha tradita e ha venduto le sue conoscenze al miglior offerente, un cartello della droga. Lei ha cercato di portare via il prototipo dal laboratorio per evitarne l’impiego militare, e ha deciso di darlo a te. Vedilo come un ultimo gesto d’amore.»
Lo stomaco mi si chiude. Non c’entra nulla l’altruismo. Lei è morta da sola, urlando il mio nome. E io non ero lì. Non ho bisogno di prove per saperlo.
Emily si siede e tira fuori dalla tasca dei jeans un pacchetto di Winston. «Cosa ti ha fatto pensare di avere le nano-macchine nel corpo?»
Chiudo gli occhi e mi massaggio la fronte. «Ieri sera un sicario mi ha pugnalato sul collo. Qui, sotto l’orecchio.» Punto l’indice dove ci sarebbe dovuta essere la ferita. «Avevo lavorato in fabbrica fino a tardi e mi stava aspettando sulla strada del ritorno. Ricordo di aver perso moltissimo sangue mentre barcollavo in cerca di aiuto. Sono svenuto e mi sono risvegliato senza un graffio. All’inizio pensavo di essermi immaginato tutto, di essere stato drogato. Poi ho pensato a Carmen e alla ricerca di cui mi parlava, a come nelle ultime settimane dopo la sua morte il tumore non mi togliesse più le forze.»
«Pugnalato, dici. Perché non lo hai detto subito?»
«Ero sotto shock. Volevo sapere cosa mi stava succedendo. E poi sei stata tu a chiamarmi.»
«Le ho promesso di tenerti d’occhio.» Emily sostiene il mio sguardo. «Comunque, se hanno usato un coltello è per far passare l’omicidio per una collusione con la criminalità dei bassi fondi.»
«Sentire la lama entrare nella carne e tirare allargando lo squarcio è stato diverso da come lo immaginavo.»
Emily fissa il pavimento e si accarezza il dorso della mano con le dita. La punta della sigaretta oscilla nel buio.
«Il passato è passato. Concentriamoci sulle nostre nuove vite. Lasceremo la città, te l’ho detto. Non pensarci.»
Non pensarci. E Carmen? Che dolore ha provato lei? Mentre la smembravano viva? No. Una cosa simile non può essere dimenticata. Non deve.
Emily lancia un’occhiata al monitor. «Quando pensi che Carmen può averti dato le nano-macchine?»
«Non lo so. Non so nulla di come funzionano queste cose. L’ultima volta che l’ho vista eravamo nello zoo vicino al lago. Era caduta e le si era staccata un’unghia. Le ho detto di cercare un bagno per pulire la ferita, e lei mi ha detto che non aveva tempo, che aveva un impegno lavorativo. E poi ha aggiunto una cosa strana…»
Emily si sporge in avanti. «Cosa?»
«Eravamo davanti al recinto dei lupi, li guardava trasognata. E ha detto che—»
I vetri della finestra si spaccano. Emily cade per terra su un fianco. Uno schizzo umido mi arriva sul braccio: è sangue.
Un cecchino!
Mi butto sotto il lettino.
Come hanno fatto a trovarci così presto? Non sapevano che ero vivo.
«Emily! Emily!»
Un rivolo di sangue le cola dalla tempia destra. Non aveva protesi craniche. Probabilmente è morta.
Un altro rumore di vetri rotti. Un cilindro argentato rotola sul pavimento rilasciando fumo bianco. Un lacrimogeno. Stanno per entrare. Mi vogliono vivo.
Striscio verso la porta. Ogni respiro mi brucia i bronchi. Cristo, quanto fa male.
Mi sollevo quanto basta per arrivare alla maniglia. Le mie dita tremano.
L’anta si apre di colpo e mi sbatte contro il naso. Cado di schiena. Il sangue caldo mi cola sulle labbra.
La luce di una torcia si ferma sul mio viso, è sulla canna di un fucile tenuto da un uomo con una maschera antigas e un elmetto con una visiera nera.
Gli occhi non mi bruciano più, riesco a vederlo attraverso il fumo.
Spingo sui gomiti per alzarmi. L’uomo mi ributta a terra con un calcio sul viso. Tossisco e sputo un grumo di bava.
Un picchiettare veloce e metallico si avvicina da oltre la porta. Due ragni meccanici passano sotto le gambe del sicario e si arrampicano sul mio corpo. Uno dei droni si avvinghia al mio polso sinistro. Do un calcio al secondo. Una scarica elettrica mi attraversa il corpo, mi si serra la mandibola. È come se mi stessero infilando degli spilli in ogni articolazione.
Il secondo ragno arriva al mio polso destro e lo avvolge tra le zampe. La scarica finisce.
Devo impedirgli di unirsi. Allargo le braccia con tutta la forza che ho; il campo magnetico tra i due droni le riavvicina. Le mie spalle scricchiolano. I miei polsi sbattono uno contro l’altro. Sono bloccato.
L’uomo si porta un dito sul casco. «Bersaglio sotto custodia. Abbandonare le posizioni di tiro.»
Mi afferra per le braccia, mi solleva e mi sbatte contro il muro.
Sto per essere rapito e ucciso? Sì, mi uccideranno sicuramente. Prenderanno anche la ricerca di Carmen.
«Porto il bersaglio all’ingresso.»
Il mio corpo verrà trovato in una discarica. Un ammasso di pezzi umani carbonizzati. Uno dei tanti masticati e sputati dalla città.
Stringo i pugni. Non possiamo essere dimenticati così.
Le mie dita entrano nella carne dei palmi, gocce di sangue scivolano fino alle mie nocche. Siete dei maiali.
«Andiamo.» L’uomo mi strattona via dalla parete e mi spinge verso la porta.
No!
Mi giro di colpo e do una gomitata sul casco dell’uomo. La scarica elettrica dei droni attraversa di nuovo il mio corpo.
Non importa.
Tendo un braccio e tiro con l’altro. La mano scivola sotto le zampe del ragno, le nocche si piegano una sull’altra. È libera.
L’uomo è a terra, a più di tre metri da me, accanto al corpo di Emily. Come ha fatto ad arrivare fin lì?
Un’energia simile a un’onda mi attraversa il corpo. L’altro ragno apre le zampe e cade per terra. Si è disattivato da solo?
Mi avvicino all’uscita. No, potrebbe sapere qualcosa. Devo chiedergli come hanno fatto a trovarmi o non mi lasceranno mai in pace. Ma potrebbero esserci altri cecchini.
Trascino l’uomo sotto il lettino e mi accovaccio su di lui. Gli tengo ferme le braccia con le ginocchia. Afferro il bordo del casco dietro la nuca. Come cazzo si toglie questo affare?
«Hey!» Busso sul casco. «Chi ti ha mandato? Come mi avete trovato?! Rispondi!»
Sul lato destro il casco è infossato come se fosse stato colpito da una mazza.
Mi tocco il gomito. Sono stato io…
Apro le mani. Il sangue sui palmi si ritrae verso le ferite, striscia come se fosse vivo. I tagli si richiudono.
Sono state le nano-macchine di Carmen, mi hanno dato questa forza. Lei e il suo team erano riusciti a fare questo?
Stringo le dita sulla crepa nel casco e tiro. La metà superiore si scoperchia mostrando gli occhi chiusi dell’uomo.
Gli sollevo una palpebra col pollice. Merda, è svenuto. Dovrò trascinarlo via per interrogarlo dopo. Ma ci saranno altri ad aspettarlo fuori. Anzi, staranno già salendo la palazzina e—
Le mie dita vibrano, è come se qualcosa scorresse al loro interno. Le mie unghie si fondono con i polpastrelli, si allungano in un’escrescenza composta da filamenti color mercurio.
È un sogno.
L’escrescenza striscia sul viso dell’uomo, si avvicina al suo occhio ed entra sotto la palpebra.
La testa mi gira. Strizzo gli occhi.
Sono in piedi. Fa caldo e sto sudando. Ho in mano un fucile. Sfondo una porta con un calcio e punto la canna contro il viso di un uomo. Quell’uomo sono io.
I filamenti escono dall’occhio del mercenario. Mi sposto dal suo corpo.
Che cazzo è stato? Una connessione neurale? È impossibile. Non si può simulare la coscienza senza un supercomputer.
Riprendo fiato.
Carmen, mi hai dato questo, a un povero stronzo che lavora in fabbrica. Non è razionale. Non è da te. Non puoi essere morta per questo.
E mentre ti dilaniavano, cosa hai provato? Hai urlato il mio nome. E io non ero lì.
Passi veloci vengono dalle scale.
Emily, perché mi hai dovuto dire della tortura? Perché non mi hai detto che era morta e basta? Mi asciugo le lacrime col dorso della mano.
Volevi che stessi male, vero? Mi hai detto di non pensare al passato ma in realtà volevi che ricordassi il suo dolore. Il dolore della tua amica che è stata massacrata. Ora posso. Posso rivivere gli ultimi minuti della tua vita, Carmen. Mi riprenderò quel dolore. Mi appartiene.
Corro verso la porta, afferro la mia giacca dall’appendiabiti e la indosso al volo. Dove sono le scarpe? Non importa.
Emily ha detto che quando ti uccidono tengono la testa per cercare informazioni. Quella di Carmen devono averla ancora.
Esco nel corridoio. Un altro uomo viene dalla direzione opposta con lo stesso fucile e divisa scura del primo.
Scatto verso di lui. Il suo bicipite si tende, l’avambraccio si flette, l’indice si piega sul grilletto. Sta per premerlo, ancora un istante…
Sposto il peso del corpo a sinistra. Lo sparo rimbomba nel corridoio; rumori di vetri rotti alle mie spalle.
L’uomo indietreggia e ripunta il fucile su di me.
Sei lento.
Mi lancio in una scivolata. Il proiettile mi passa sopra la testa. Colpisco la sua gamba con la pianta del piede e la sua tibia si spezza. L’uomo cade per terra con un grido. Lo afferro per il casco e gli sbatto la testa sul pavimento; le mattonelle si crepano. La vibrazione del colpo mi sale fino alle spalle.
Il mio cuore balla nel petto. Non ho mai corso così veloce in vita mia. È stato bellissimo.
Va bene, devo calmarmi. Lui saprà qualcosa.
Spacco la visiera con un pugno e infilo i filamenti nell’occhio dell’uomo.
Sono seduto davanti a un tavolo di plastica, poggiato contro la parete di legno rosso di un corridoio, con appese chitarre, giacche borchiate e foto di cantanti rock. È un locale a tema anni ottanta.
Afferro il mezzo hamburger davanti a me; le mie dita tozze fanno scrocchiare la mollica tostata. Do un morso. Il sapore di carne alla griglia e cipolle fritte mi riempie la bocca. Un odore di tabasco si solleva dai nachos a fianco.
Un uomo sulla sessantina si siede davanti a me. Si gratta una delle guance cadenti come quelle di un bulldog e mi fissa con un’espressione stanca sotto la montatura sottile degli occhiali. «Tu e Ronald andrete a prelevare il soggetto. Caricatelo sul furgone e fermatevi qui. Vi aspetto nel locale. Cercate di arrivare per le dieci di sera e lo scarichiamo nel laboratorio.»
«D’accordo, Nicolas.»
«Il capo lo vuole vivo. È fondamentale.» L’uomo spinge con l’indice gli occhiali sul naso unto. «Chiaro?»
«Chiaro.»
C’è una canzone che viene dal fondo della sala, esce da un jukebox con luci gialle che ne seguono i margini ad arco.

The river's got your forehead darling
It spies your city scene
That city shines when you're away
It can't hear Lupita scream


La conosco: Lupita screams, è una canzone dei Gun Club. Quando la mettevo in macchina, Carmen diceva sempre che voleva uscire dal finestrino sul tettuccio e urlare mentre sfrecciavamo nel deserto, ma alla fine non lo faceva mai.
Mi alzo ed esco dal locale. Salgo su una moto nera da strada. L’insegna appare nel mio campo visivo. Blocco il ricordo in quell’istante. L’azzurro dei cavi al neon forma la scritta Barry’s New Paradise.
Le luci dell’insegna sfumano nel buio del corridoio. Sono di nuovo me stesso. Il soldato è ancora privo di sensi.
Cammino verso la scala antiincendio. Infilo la mano nella tasca della giacca e prendo il telefono. Sono le otto e mezza. Il navigatore dice che il locale non è lontano. Quell’uomo, Nicolas, deve sapere dov’è Carmen.
Spingo la sbarra rossa della porta. Lo schiaffo di aria umida mi sposta i capelli dalla fronte e mi gonfia il colletto della giacca. L’odore acido di qualche prodotto chimico mi riempie il naso e mi pizzica la gola.
La grata della scala vibra sotto i miei passi. Stringo le mani sulla ringhiera e mi sporgo. Nel vicolo sotto, i Los Zetas spaccano bottiglie e sparano a salve. Stanno di nuovo festeggiando, forse è un altro matrimonio di qualche pezzo grosso.
Alcuni sono accalcati davanti all’ingresso di un locale notturno, escono allegri dopo essersi fatti qualche pista nel seminterrato.
Inizio a scendere. Getti di fumo bianco escono dalle giunture dei condotti che si diramano tra i tetti dei palazzi, innervano i bassifondi fino a convergere nelle fabbriche monolitiche ai margini della città.
La vecchia zona industriale dove vive Emily è proprio un incubo. L’odore di quel fumo rende l’aria irrespirabile. Chissà quale merda industriale stanno scaricando su questi reietti. Anche se la conoscevo poco mi dispiace per quella povera ragazza.
Ma io sto bene. Grazie a Carmen non posso più essere ferito.
Sirene in lontananza. Forse mi conviene scendere da un altro palazzo.
Mi fermo sul pianerottolo intermedio e poggio le mani sul muro di mattoni costeggiato dalla scala. Sale per almeno cinque metri prima di finire nel cornicione del tetto.
Metto un piede sul muro. Non scivola. Aderisce alla parete bagnata come una calamita. Stacco il piede. Posso salirci. Lo sento. Lo so.
Faccio due passi indietro per avere più slancio.
Prendo un respiro.
Scatto.
All’impatto la mia pianta fa uno schiocco contro il cemento. Sollevo l’altro piede e facendo leva col primo. Gli addominali e i muscoli del collo si contraggono. Corro sul muro. Il sangue passa dal viso alla nuca. Ancora un po’!
Inarco il busto in avanti e afferro il cornicione. Mi tiro su.
Ci sono riuscito. Ansimo. È stato facile. Mi siedo e riprendo fiato. «È stato facile…»
La distribuzione del sangue torna normale e il mio viso si riscalda, diventa pesante.
Mi alzo e mi avvicino al cornicione. Oltre il ponte sul fiume, i grattaceli del centro sembrano figure geometriche in un caleidoscopio, illuminano le nubi in cielo di un giallo cadaverico.
È strano. I palazzi sono diversi. È come se la città fosse meno ostile, come se potessi muovermi tra le sue strade e tetti senza la paura del dolore. Potrei venire colpito dritto nella trachea da un palo scheggiato e riuscirei a rialzarmi comunque.
La metro è dall’altro lato della strada.
Salgo su un trio orizzontale di tubature arrugginite che collegano questo palazzo a quello di fronte. L’acciaio ruvido mi riscalda i piedi.
Fino a ieri avrei avuto paura di tagliarmi camminando scalzo in questo modo, ora mi sembra naturale come respirare.
La lama di un machete cala sulla caviglia amputando il piede, un brandello di carne resta attaccato alla gamba.
Scrollo la testa per scacciare l’immagine.
Carmen.
Ti prego, se davvero le hanno fatto quelle cose fa che l’abbiano drogata.
Stringo i pugni e corro. Il mio battito accelera. Mi sposto sulla tubatura a sinistra. Sulla strada, venti metri più giù, la luce rossa di una sirena segue un movimento circolare illuminando i graffiti sui muri diroccati.
Continuo a correre. Il vento freddo scosta la giacca lascandomi a petto nudo. Non perdo l’equilibrio, non ho vertigini. Sorrido.
Il machete cala di nuovo sul piede; la lama si spezza in mille schegge con un suono cristallino.
È incredibile. Vorrei condividere queste sensazioni con qualcuno.

***

Sono in anticipo di venti minuti, ma non importa. L’uomo che cerco dovrebbe essere già qui.
L’insegna al neon è identica al ricordo del sicario, ma le luci sono spente. Davanti non c’è nessuno.
Il mio indice e medio si fondono in un’escrescenza. La infilo nel citofono, nel punto da cui si diramano i cavi che seguono i margini della porta. Si apre.
Tre scalini mi portano in un atrio piccolo come uno sgabuzzino. Gli appendiabiti sono vuoti. Un portello di vetro copre il riquadro elettrico.
Scosto l’arcobaleno di tende a fili con perline che mi separa dal corridoio. Il locale è deserto e le luci sono spente, ne resta solo una in fondo, viene da quella che dovrebbe essere la cucina.
È vuota. Una pentola d’acqua bolle sull’alluminio incrostato dei fornelli. C’è un’altra porta dall’altra parte della sala. Dei lamenti provengono da lì. Stanno torturando qualcuno? Questo posto non è un semplice locale.
Mi accosto allo stipite e sporgo la testa.
Nella penombra della piccola stanza vibra la luce bianca di un televisore. Viene da dietro lo schienale di una poltrona. Una mano è poggiata sul bracciolo, forse è l’uomo che cerco.
Urto con il piede una scatoletta per hamburger rovesciata sulla moquette verdastra. Dalla carta umidiccia sale un puzzo di rancido. Altre sono ammassate lungo la parete, fanno la coda fino a un tavolino ricoperto di mozziconi e lattine di birra.
Avanzo di qualche altro passo. Sulla parete opposta, la luce si riflette su dei barattoli di vetro, fanno capolino da una credenza senza ante. Contengono un liquido scuro. Sarà qualche mistura chimica per produrre droga.
L’uomo solleva il braccio e si gratta la guancia cadente. Si sporge in avanti e ansima. È lui. È il maiale che ha dato l’ordine di rapirmi.
Il labbro inferiore gli trema. Ha i pantaloni calati e agita la mano destra come un martello pneumatico. Il porco si sta masturbando.
Ai suoi piedi c’è uno di quei barattoli di vetro. Il coperchio è rovesciato sulla moquette.
Un urlo viene dallo schermo. Trasmette il video di un uomo steso e legato su un lettino da obitorio che viene pugnalato sul torace.
Il muscolo del petto è esposto come in un animale macellato.
No, non lo stanno pugnalando.
Dove termina il rosso del muscolo, la pelle dell’uomo si solleva seguendo il movimento disinvolto del coltello.
Lo stanno scuoiando vivo. Cristo, ma—
Nicolas ansima più forte e infila la mano nel barattolo, tira fuori qualcosa di chiaro e molliccio. È un seno.
Porto la mano alla bocca. Un reflusso acido mi si riversa sulla lingua. Le orecchie mi fischiano. Carmen, Carmen aiutami. Aiutatemi. Qualcuno.
Sbatto la schiena contro qualcosa di duro. Un suono di vetri rotti sul pavimento. Il vomito schizza tra le fessure delle mie dita.
«Chi è?!» Nicolas si alza e si volta. Il pene è eretto sopra lo scroto raggrinzito. Negli occhi ha la paura di un bambino. «Tu.»
Lascia cadere il seno. Il pezzo di carne si affloscia sulla moquette con il capezzolo scuro rivolto al soffitto.
Abbasso la mano gocciolante. Devo calmarmi.
Chiudo gli occhi. Inspiro e espiro a fondo.
Nicolas è ancora immobile.
Faccio un passo avanti. «Dimmi dove tenete Carmen.»
Lui barcolla all’indietro. «Se mi tocchi ti uccideranno. Non fare cose stupide.»
«Non mi importa di morire. Ti ho chiesto dov’è.»
«Va bene. Stai calmo.»
Nicolas afferra i jeans per la cintura. La pancia trasborda dal maglione a quadri. Solleva i pantaloni e chiude la zip. Porta su gli occhiali con l’indice. Ha il volto rilassato, mi sorride.
«Ethan, ragazzo mio, quello che ti è successo è stato terribile. Ti capisco, sai? Credi che non possa solo perché siamo nemici? Trovarsi in mezzo a questo massacro senza averne colpe. Mi ricordi me stesso quando ero solo un tassista e il cartello della mia zona mi chiese di fare loro un favore. Sai quanti tassisti vengono uccisi dai narcotrafficanti? Se rifiuti vieni fatto a pezzi, se accetti ti metti contro un cartello rivale e quindi devi guardarti le spalle per il resto della vita. Come un agnellino che bruca senza mai poter abbassare le orecchie.» Si siede sul bracciolo della poltrona. «Lo hai provato anche tu negli ultimi giorni, vero? Sono felice che per te sia stato così poco tempo. E quello che hai nel corpo, oh… una cosa troppo grande per una persona onesta e semplice come te, ragazzo mio. Tu sei stanco, Ethan, lo vedo. E lo sono anch’io»
«Se non mi dici dov’è Carmen, presto sarai molto più che stanco.»
«Il corpo di Carmen. Posso chiederti cosa vuoi farci, ragazzo?»
«Voglio sapere cosa le avete fatto. Voglio portarla via. Ho visto come ti diverti.» Indico il televisore. «Cancella i file di quelle torture.»
«L’ultima volta che hai visto tua moglie è stato allo zoo. Eravate felici. Non ti basta quel ricordo? Pensi che vedere il video ti farà stare meglio? Non siamo così diversi, dopotutto.»
Un brivido mi attraversa la schiena. Il porco mi spiava, e ora sta cercando di fottermi con questi giochetti retorici. Non voglio vedere il video, voglio viverlo.
«Sai, ci ho ripensato. Posso trovare questo laboratorio da solo. Mi basta scavare nel tuo cervello e poi ammazzarti.»
«Non sei un assassino, Ethan. Gli uomini che ho mandato sono ancora vivi, vero?»
Basta. Mi avvicino verso di lui.
«Il laboratorio si trova lì dietro, in cucina.» Indica alle mie spalle. «Serve questo telecomando per entrarci. Tieni.»
Mi lancia qualcosa; l’afferro al volo. È un cerchio di plastica grigia con un tasto al centro.
Gli faccio un cenno con la testa. «Vieni, stammi davanti.»
Nicolas obbedisce.
I cocci di vetro del barattolo scricchiolano sotto i nostri piedi. Non provo nessun dolore. È come se fossi fatto di marmo.
Il mio alluce urta qualcosa. È una mano.
Cristo. Quanta gente hanno ucciso queste bestie?
Mi inginocchio. La mano è piccola e ha le dita affusolate. L’unghia sull’indice manca.
È Carmen. L’hanno davvero fatta a pezzi.
Il mio battito accelera, mi sento bruciare. Dio, amore. Cristo, perché?
Nicolas sgrana gli occhi. «Che succede? Ethan?» Fa un passo indietro. «Ethan!»
Stringo le mani sul suo collo. Cadiamo a terra.
Sono sopra di lui. Spingo il ginocchio sulla sua pancia con tutto il peso.
Un verso acuto gli esce dalla bocca, come il rantolo di un malato terminale.
Ti odio. Voglio sentire tutto il tuo dolore!
Stringo più forte. La cartilagine scricchiola sotto i miei pollici. Un rivolo di saliva gli cola dall’angolo della bocca. I suoi occhi si girano sotto le palpebre.

***

Il lupo nella gabbia solleva la testa e mi fissa con le iridi gialle. Si lecca il muso sporco di sangue del topo che ha catturato.
Carmen è accanto a me, mi tiene la mano.
Il lupo fa dondolare la testa e inizia a camminare avanti e indietro, come uno psicotico in un manicomio.
Carmen lo guarda come se fosse in trance.
Sorride. «Visto? Non sono le prede che gli mancano, non sono gli stimoli forti della caccia, ma quelli nuovi. Impazziscono perché ripercorrono la stessa routine negli stessi tre metri quadri, per tutta la vita.»
Un altro lupo colpisce il topo con una zampa come se fosse ancora vivo.
«Riassaporano gli ultimi attimi di vita della preda, ci si aggrappano perché non hanno nulla per cui andare avanti.»
Mi guarda. Qualche capello biondo le finisce sugli occhi chiari. «Io non voglio che tu sia così. Ti darò la vita che meriti.»

***

Lascio la presa.
Nicolas respira ancora.
Mi ero dimenticato quelle parole.
Prendo la mano di Carmen, la porto alla bocca e bacio il dorso. Ora so cosa devo fare, amore. Cancellerò questo posto. Devo lasciare quel dolore.
Vado verso l’ingresso. Asciugo le lacrime e pulisco il naso contro la manica della giacca.
Spacco col gomito il portello del quadro elettrico ed estendo le mie dita al suo interno. Carico l’energia nel braccio. Come con il drone, l’impulso elettromagnetico fa spegnere la lampadina sul soffitto.
Esco fuori. L’intero quartiere è al buio. È finita.

***

Mi metto sul margine del tetto del grattacielo. Il bordo del cornicione preme contro la pianta dei piedi.
Il quartiere è costeggiato dalle luci della città come uno stagno nero.
Mi sporgo in avanti; i muscoli dei polpacci si contraggono, i tendini tirano sui talloni. Mi spingo fino al limite del baricentro.
Allargo le braccia. Il vento è così forte che sembra sostenere il mio corpo.
È proprio vero. «That city shines when you’re away. It can’t hear Lupita screams.»
Chiudo gli occhi e sorrido.

Edited by Legno Di Noce - 29/5/2021, 15:16
view post Posted: 30/4/2021, 01:02 Salve a tutti. - Le Presentazioni dei Nuovi Arrivati nel Forum
Salve a tutti. Sono nuovo del forum e ho partecipato all'ultimo skannatoio di marzo-aprile.

Sono uno studente di psicologia e mi interesso di narrativa di vario tipo. Dalla literary fiction, passando per l'horror fino ad arrivare al fantasy.
Mi piace leggere, romanzi e saggi, sono appassionato di videogiochi e adoro partire per folli viaggi estivi in luoghi sperduti.

Sono un aspirante scrittore senza ancora nessuna pubblicazione. Scrivo in mostrato ma non disdegno affatto leggere testi scritti interamente in raccontato e con un narratore esterno (Milan Kundera è uno dei miei scrittori preferiti e credo lo si possa definire senza esagerare "l'anticristo dello show don't tell")

Spero di ricevere qualche sberla (anche con le nocche) che mi aiuti a migliorarmi nella scrittura :)
view post Posted: 30/4/2021, 00:34 Skannatoio Marzo - Aprile 2021 - Lo Skannatoio
CITAZIONE (White Pretorian 2.0 @ 30/4/2021, 00:39)
La midriasi bianca
Ciao Legno e piacere di leggerti. Dunque, di questo racconto posso dire di avere sicuramente apprezzato la scena dell’occhio che compare sulla mano, che mi ha vagamente ricordato Evil Dead, e la devastazione finale, molto evocativa. Per il resto rilevo problemi a livello di stile e di trama. Il primo è lento, infarcito di aggettivi, avverbi e interposizioni di narrato. Facci caso: nei punti in cui eccedi in questi difetti, il testo è più lento e la tensione che vorresti trasmettere ne risulta smorzata, cosa tra le più deleterie per un racconto breve, che basa molto della sua forza in questi dettagli. Per quanto riguarda il secondo, invece, ammetto di non aver ben capito cosa sia successo e, soprattutto, non sono riuscito a inquadrare una serie di elementi: che fine fanno i ricercatori che sono andati sul vulcano? Da dove salta fuori la foresta? Cosa rappresentano l’occhio e l’uovo? Chi sta parlando nella voce del protagonista? Che rapporto lega il protagonista e Toboga? Sono tutta una serie di elementi (e ce ne sarebbero altri) che non approfondisci e che lasci monchi, dando al lettore quella sgradevole sensazione di essersi dimenticato di leggere qualcosa. Fa attenzione e ricorda sempre: non tutto quello che è chiaro nella tua mente lo è anche nel testo.
SPECIFICA RISPETTATA
Alla prossima!!

Ciao White Pretorian. Ti ringrazio per il feedback, tuo e della giuria.

Ammetto di aver lasciato criptiche molte parti dell'ambientazione di proposito. Magari avrei potuto inserire più dialoghi in cui i protagonisti si interrogavano sul significato di ciò che accadeva intorno a loro, senza tuttavia tradirmi in spiegazioni didascaliche o monismi interpretativi.

Per quanto riguarda l'eccesso di aggettivi e avverbi non mi è chiaro se tu ti riferisca a ogni scena del racconto o solo a quelle più concitate. Se mi facessi qualche esempio di questo e delle interposizioni di narrato te ne sarei grato.

In ogni caso mi ha divertito molto questa competizione e spero di partecipare anche alla prossima. Grazie ancora.
view post Posted: 15/4/2021, 19:53 Skannatoio Marzo - Aprile 2021 - Lo Skannatoio
Ecco qua. Scusate il ritardo.
Spero di non essere risultato pedante nei toni, ho fatto molti esempi per essere utile. Se non siete d'accordo su qualcosa fatemi sapere.

La strada dalle mattonelle blu.

Il punto di forza è l’incipit, almeno nella misura in cui mette subito in campo la posta in gioco permettendo di volerne sapere di più.
L’aderenza al tema è anch’essa rispettata.
Mi piace anche il lessico asciutto perfettamente in linea con l’atmosfera e il setting del racconto, che evita inutili retoriche impressioniste e altre metafore stucchevoli.

Credo che il tuo punto più debole sia tutto lo stile nella sua chiarezza.
La prosa risulta un po’ confusa. Ci sono troppi riferimenti a persone e troppi nomi buttati in sole dieci righe “Mara, la direttrice, Rinaldo, Leonora, Piero, Mariagrazia, Casimiro e Luana”.
La scelta di riportare una linea di dialogo (quando Mara ricorda il dialogo della direttrice) senza usare i trattini o il corsivo stona con il resto del racconto.
Qui invece: “Lei guardò le mattonelle blu e le associò ai lunghi pomeriggi silenziosi di prima.” non è chiaro quale sia il nesso tra le mattonelle blu e i pomeriggi silenziosi.
“Rinaldo e Leonora avevano giocato insieme a lei con gli animaletti di legno intagliati e dipinti da quest’ultima” periodi come questo sono un po’ legnosi. Avresti potuto riordinarlo in questo modo per evitare di ripetere “da quest’ultima”:
Esempio “Mara guardò le mattonelle blu e le associò ai lunghi pomeriggi silenziosi di prima, quando giocava insieme a Rinaldo e Leonora con gli animaletti di legno che si divertiva a intagliare e dipingere, e non erano ancora comparsi gli automi a rimpiazzare le specie rare di animali sempre più indebolite dalle continue mutazioni dell’ambiente.” Anche in questo modo, però, il periodo risulta un po’ pesante, per via dell’eccesso di informazioni lanciate tutte insieme.
“Il lavoro di programmatrice informatica l’aveva aiutata a capire il motivo di quei sacrifici programmati ogni anno” avresti potuto sostituire “programmati” con “pianificati” per evitare la ripetizione con la radice di “programmatrice”.
“Associò il blu dell’ultima mattonella all’insegna dell’archivio della biblioteca” Il fatto che il blu le ricordi anche la biblioteca oltre che i pomeriggi confonde ulteriormente, inoltre ti sconsiglio di ricorrere a due rievocazioni così ravvicinate tra loro e prodotte dal medesimo stimolo.
La dinamica della morte dei quattro compagni non è chiara. Non si capisce dove si trovi Mara. Prima viene detto che cammina su una strada, poi si trova in uno stadio… Oppure è fuori dallo stadio e guarda da lontano? Ma in quel caso le sarebbe impossibile vedere così nel dettaglio dentro i finestrini. Forse mi sono perso qualcosa io, non riesco a capire. Sta guardando da uno schermo? Ma in quel caso perché i poliziotti le dicono di andare via se è una cosa pubblica?
In generale dovresti lavorare sulle descrizioni, che a volte sono valide, mentre altre volte non permettono di visualizzare la scena.
Ci sono tante altre cose che si possono migliorare, ma ci metterei troppo ad elencartele tutte. Ti consiglio di leggere qualche manuale di scrittura, ti aiuterebbe a disfarti di una certa legnosità nella prosa.

Poi le reazioni dei personaggi sono un po’ bizzarre, come quando Mara vede morire i suoi amici e pochi minuti dopo, quando parla con la sorella, sembra essere solo un po’ malinconica, come se fosse andata male ad un esame.
Dovresti lavorare anche sui dialoghi, sono molto didascalici: in particolare la sorella parla in un modo che ricorda molto una soap opera, con discorsi a cuore aperto e sogni e speranze confessate in un tono che suona un po’ finto. Ci sono anche troppi riferimenti a cose che non conosciamo e che creano confusione “gruppi artistici, pittori amici della direttrice ecc.”
Inoltre se tu lavorassi sulle azioni che i personaggi compiono prima di parlare non avresti bisogno di ripetere “disse” e “replicò” in continuazione, e questo ti aiuterebbe a snellire la prosa.
Ad esempio:
Mara replicò: − Un giro, per decidere chi fra i due mi tocca scegliere, come da accordi con la Direttrice. A proposito, dov’è?
Mara si grattò la nuca: - Un giro, per decidere chi fra i due mi tocca scegliere, come da accordi con la Direttrice. A proposito, dov’è?
Ogni tanto lo hai fatto. Tipo “Mara chinò la testa.”, ma ti consiglio di farlo più spesso, non avere paura di mettere beat prima di un dialogo, sono sempre meglio dei dialogue tag e rendono più viva la scena.


Montecristo.

Ho poche critiche da farti. Sei molto bravo e si vede che sei uno scrittore che sa quel che fa.
Tra le poche note negative una è che il tuo racconto in certi punti presenta personaggi un po’ clichè. Non tanto nel loro ruolo, ma nei tratti di personalità. In particolare la figura del generale o direttore di un centro di detenzione o di un campo di concentramento che si diverte a fare giochi psicologici con i detenuti è un po’ sterotipata. È una figura presente in tante storie, ad esempio ce n’è uno simile in L’uccello che girava le viti del mondo di Murakami, nel film Quella sporca ultima meta, o ancora in 1984 col personaggio di O’Brian. Ma mentre alcuni di questi “cattivi” esprimono una certa autorialità, il tuo generale si perde in un sadismo generico che si confonde con molti film, romanzi e telefilm già visti. Manca il tuo tocco, almeno a parer mio. È un errore che faccio anche io quando mi trovo a scrivere personaggi per i racconti, alcuni li pesco da immagini già viste in molti film per fare prima e non gli do la giusta cura per renderli miei.
Altra nota. La guardia la tiene ferma con un piede sul ventre. “Che diavolo pensavi di fare? Sporca tedesca!” La stella di David è ricamata sulla stoffa della giacca al braccio destro, al petto brillano diverse piastrine militari. È strano che in un contesto del genere l’attenzione del reverendo vada sull’uniforme del soldato. Sembra un po’ forzato, ma nulla di grave.
Ti segnalo anche la frase “silenzio surreale” che è un po’ clichè, e forse un uso eccessivo dei puntini di sospensione, ma quello è un gusto personale.

In fondo al mar

Sei bravo, e anche tanto. Sinceramente non ho trovato difetti, se non magari il modo che il tuo pdv ha di rivolgersi con quel tono confidenziale un po’ stereotipato al lettore “Come diavolo ci sono finito qui?” oppure tutti quegli “ok”.
La scena di panico collettivo l’ho trovata un po’ sbrigativa, avrei preferito vedere più dettagli, specie sull’emozione del pdv in quel momento. Alla fine dura sì e no un rigo: sembra la bozza di una scena di panico più che una scena di panico vera e propria.


1478

Per me il problema non sta tanto nella prima persona al passato, ma nel modo in cui più volte oscilli tra mostrato e raccontato, e questo risulta in uno stile un po’ ambiguo. Uno dei problemi maggiori che ho trovato sono i dialoghi: “Caterina, figlia mia. So bene cosa ti costa sopportare tutto questo. Conosco la mia bambina, hai un animo nobile e pacifico, non ti piace tutto questo parlar di uccisioni e sangue. Il tuo babbo lo sa, ma è accecato dal potere, tu porta pazienza: appena saremo liberi da questa situazione potrai farti internare nel monastero” I personaggi parlano in modo troppo didascalico, come se non ci fosse un sotto testo, come se fossero su un palco davanti a una platea o in uno soap opera su rai 1.
Si riesce a percepire bene l’ansia della protagonista, seppure il modo enfatico che ha di descrivere qualunque cosa alimenta la sensazione plasticosa che viene dalla lettura complessiva del racconto, ovvero quella sensazione di essere davanti allo sceneggiato di un drammaturgo, più idoneo al teatro che al romanzo o al racconto.
Il tema direi che è centrato. Mi è piaciuta anche l’idea di creare un’ucronia nella Firenze del quattrocento.
Ora: scrivere dialoghi irrealistici ed enfatici non è necessariamente un errore, e il tuo stile punta molto sulla teatralità più che sul realismo. È vero che i dialoghi devono sempre essere espressivi e mai reali, però bisogna trovare il giusto bilanciamento, tu punto molti di più sulla prima che sulla seconda. Esistono romanzi scritti così che funzionano, ma serve aver letto molto e aver un buon orecchio, altrimenti si corre il rischio di risultare un po’ kitsch. È una scelta coraggiosa ma che comporta molti rischi. Visti i tempi in cui viviamo sconsiglierei di provare a scrivere un romanzo o un racconto così oggi.


Mordimi

Mi è piaciuta la gestione di certi dettagli crudi nelle scene, anche se ho trovato diversi inciampi stilistici.
Hai la strana tendenza a rimuovere i soggetti delle azioni, i pronomi e gli articoli:
“Si portò l’indice alla bocca. Shame smise di parlare. Con la mano sfilò la Glock dalla fondina.” Chi sfila la Glock?
“Una mano viscida cercò di braccarlo. Afferrò il braccio e lo trascinò a sé. Il corpo volò oltre la porta.” Chi afferrò il braccio? Il corpo di chi?
All’inizio pensavo che lo zombie avesse afferrato Dick, ma poi scopro che il soggetto di “afferrò il braccio” è Dick.
“Dick tenne d’occhio entrambe le porte. Tolse il bastone dal petto. Fece tre respiri profondi e morsicò il collo del Dormiente con forza. Gli occhi spenti si accesero, riportando alla luce iride e pupille. Shame mollò la presa.”
Gli occhi spenti di chi? Di Dick o del non morto? Non essendoci un personaggio punto di vista chiaro ed essendo anche Dick a quanto pare una sorta di vampiro è difficile dirlo.

Anche il world building risulta molto confuso. Troppi nomi tra dormienti, non morti, già morti ecc. Ti consiglio di progettare le scene prima di scriverle. Prova a stilare un riassunto schematico di quello che ti serve per far arrivare il flusso di informazioni al lettore, scegliendo in quali momenti inserire scene di azione e in quali i dialoghi. Progetta la scena in modo da dire quello che serve senza spiegoni. Se scrivi tutto di getto come ti viene, è normale che tu non riesca a tenere le redini del flusso informativo.
Sembra che tu abbia in mente il cinema quando scrivi. È come se tu avessi un film in testa che funzionerebbe con una videocamera, ma non con la narrativa scritta. Iniziare un racconto o romanzo con tre o più personaggi sconosciuti al lettore, dei quali ognuno richiede una specifica caratterizzazione e gestione della sua posizione nella scena, e farli muovere tutti insieme in una sequenza d’azione è un po’ difficile.

Essendo così esterni al punto di vista è difficile sentirsi coinvolti nella scena finale, Anche se in generale i paletti tematici sono rispettati.



La voce delle foglie.


Sei abile nel creare atmosfera western. Per un attimo mi è sembrato di essere dentro un romanzo di Cormac McCarthy.

Il racconto mi sembra un po’ troppo fuori tema, sia per l’aspetto dell’ucronia che per la scena di panico. Sulla scelta del protagonista diciamo ni.

Per quanto riguarda lo stile, l’incipit mi è parso confuso per via dei troppi nomi: abbiamo il vecchio, Jack, Donnie e Billy. Ho dovuto rileggere ogni rigo per assicurarmi di chi fosse chi e se il vecchio fosse il morto (viso che lo guarda con indifferenza e ricambia).
“Quindi scaricò a terra la cassa (non senza accertarsi prima che il coperchio fosse ben inchiodato).”
Questa parentesi non ha molto senso usata così. Avresti potuto semplicemente scrivere “Si accertò che il coperchio della cassa fosse ben inchiodato e la scaricò a terra.” Perché mettere tra parentesi un gesto che è parte di una normale sequenza di azioni della scena? Non è un riferimento a qualcosa di esterno o una postilla di qualche tipo.
C’è un uso eccessivo di frasi clichè come “eco senza fine”, “urlo lacerante” ecc. Limandole la qualità della prosa aumenterebbe. Usare un gergo desueto può starci visto il contesto, ma cerca di non eccedere in espressioni enfatiche e banali. Se vuoi un esempio di una prosa che rende bene quello che voglio dire prova a leggere Meridiano di sangue di McCarthy.
“Quella stessa maledizione aveva portato Billy nella sua testa, e l'aveva resa l’unica anima presente e invisibile allo stesso tempo.” A mio avviso questo spieghino è eccessivo anche in uno stile raccontato. Avrei preferito che avessi lasciato capire al lettore le ragioni del legame tra il protagonista e la voce nella sua testa.
Fai anche un uso eccessivo di verbi percettivi come “vide” o “sentì”, sono troppi anche per uno stile raccontato. Se succede qualcosa, prova a descriverla e basta: se la scena è pensata bene capiremo da soli che è lo sguardo del pdv a osservarla.

Per quanto riguarda il world building ho trovato tutta la digressione sugli elfi un qualcosa che sarebbe stato bene in un romanzo, ma non in questo racconto. Non aiuta in alcun modo né il proseguo della storia né a comprendere il contesto che porta il protagonista a parlare con gli spiriti. È un qualcosa di troppo vago e lontano per interessare davvero al lettore.

Classifica:

1) In fondo al mar

2)Montecristo.

3)La voce delle foglie.

4)1478

5) mordimi

6)La strada delle mattonelle blu
view post Posted: 15/4/2021, 00:31 Skannatoio Marzo - Aprile 2021 - Lo Skannatoio
Si può consegnare anche giovedì giusto? Ho dovuto preparare un esame e sono stato impegnato, ma per domani dovrei aver finiti di scrivere tutti i commenti.
18 replies since 29/3/2021