| COMMENTO: L’importante non è quello che fai, ma quello che racconti!
Ceranu, ecco le mie osservazioni per te!
Il tuo racconto mi ha colto alla sprovvista! L’intera lunga premessa del povero Michele importunato dalla signora Concetta non lascia presagire davvero nulla di ciò che accadrà al culmine del racconto, una svolta che arriva come un tornate non segnalato nel buio della notte! Inoltre la vicenda nel suo complesso mi ricorda alcuni racconti latini (e non dico greci, perché nemmeno io ho studiato il greco… e in una situazione del genere farei la fine del povero Michele!), sembra quasi un riadattamento moderno di un genere antico. Non so se sia un’idea completamente nuova o appartenga a un filone che non conosco, ma mi piace davvero molto! È difficile ricreare in un mondo contemporaneo la sensazione antica di magia (cioè non scientifica e non ridicola), ma tu ci sei riuscito. Scusa se scrivo solo apprezzamenti, ma mi risulta proprio difficile criticare negativamente il tuo racconto. Anche lo stile è azzeccatissimo: il ritmo e i discorsi da “cinepanettone” della prima parte rendono a pieno l’idea di piccola realtà di provincia e, con i sorrisi che strappano, rendono leggero e fruibile il cammino verso la scena culminante. E il cambio di registro che operi in quel passaggio dona realmente un colore diverso alla scena. Non potendo darti macro consigli per aggiustare un racconto già ben orchestrato così com’è, mi limito a fornirti alcune osservazioni particolari.
“La donna era uscita in giardino, le mani al volto sconvolto dalle lacrime; lei claudicò fino a quella che doveva essere una belva sanguinaria” Non c’è bisogno di esplicitare il “lei” dopo il punto e virgola, il soggetto rimane Concetta
“«Scotta!» provò ad avvisarlo lei, ma ormai era tardi; il maresciallo portò la tisana alle labbra e imprecò ustionandosi la lingua” Toglierei “portò la tisana alle labbra”: dal contesto già si capisce cosa è successo. In questo modo il ritmo non inciampa: “«Scotta!» provò ad avvisarlo lei, ma ormai era tardi; il maresciallo imprecò ustionandosi la lingua”
“La pelle liscia aveva preso il posto del groviglio di rughe, i capelli grigi erano stati sostituiti da sottili fili dorati e gli occhi annebbiati dalla cataratta splendevano come il cielo di una giornata estiva” Nei primi due elementi c’è un tentativo di chiasmo, che però è rotto dall’aggiunta del terzo elemento che segue il moto del secondo. Meglio tenere il ritmo “DA- A-“ in tutti e tre gli elementi, seguendo l’andamento della trasformazione: “Il groviglio di rughe aveva lasciato il posto a una pelle liscia, i capelli grigi…” In questo modo, inoltre, si evita che il lettore - leggendo “la pelle liscia” come primo elemento del periodo - già intuisca tutto il resto, perdendosi il gusto del processo di sostituzione.
Un appunto particolare sulla scena del capanno: mi sembra poco credibile che, come reazione, un ufficiale delle forze dell’ordine si faccia partire un colpo di pistola contro un gatto. Immagino che in quel momento avrebbe dovuto avere la sicura sulla pistola. Penso che anche il personaggio, una volta subìto l’attacco della creatura, possa intuire (come è successo a me in quanto lettore) che l’aggressore non è altro che un gatto. Certo, scrollarselo di dosso non è come ucciderlo ai fini di ciò che vien dopo (Concetta disperata per il suo gatto ammazzato), ma forse basterebbe che Michele lo colpisca col calcio della pistola e lo faccia scappare zoppicando (cosa che potrebbe far comunque dispiacere a Concetta).
Infine, ci sono parecchi refusi, principalmente accenti mancanti sui predicati al passato remoto (immagino opera di un insidioso correttore). Nulla di che, ma in alcuni casi mi hanno fatto tornare indietro a rileggere la frase, interrompendo il ritmo del racconto. Per tua comodità, ti elenco quello che ho notato; così, se dovessi utilizzare il racconto altrove, puoi già correggerli:
«E che cazzo, “Gelato al coccolato”, no!» - cioccolato
si alzò di scatto, piroetto sul tallone - piroettò
ragazzo di nemmeno trentanni - trent’anni
Michele sollevo la mano destra - sollevò
si voltò e torno in ufficio - tornò
«Ma vedi sto cretino!» - ‘sto
Ma quello ti manda a Napoli e li non puoi fare quello che fai qui.» - lì
Vedi se sta stronza deve mettersi a giocare proprio oggi - ‘sta
il polso che penzolava al lato del braccioli - bracciolo
Michele si alzò «Concé» la richiamo - richiamò
La vecchie allungò le mani - vecchia
Sorrise, le si avvicino - avvicinò
non è il nome che si da a un gatto - dà
Michele chiuse gli occhi, li strizzo e li riaprì - strizzò
con un movimento delicato, ma deciso, l'avvicino al suo membro - avvicinò
assecondò i movimenti di di Maristella - doppio “di”
Per in ogni caso di esserti stato utile! Se vuoi commentare il mio racconto, l’ho riportato in USAM. Ciao!
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